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venerdì 16 dicembre 2016
L'ingerenza tedesca contro la Grecia, sintomo di fallimento dell'Europa
Il primo ministro greco, in ragione del miglioramento dei dati economici del paese, ha deciso di dare un bonus in denaro a favore delle pensioni più basse, quelle entro i 750 euro al mese, e di bloccare l’innalzamento programmato di due punti dell’imposta sul valore aggiunto. La misura ha però suscitato l’opposizione, particolarmente dura, del ministro delle finanze tedesco, che ha individuato una eccessiva pericolosità per il sistema la decisione, presa in totale autonomia, dal premier di Atene, di prelevare denaro pubblico per sostenere una spesa non prevista e non concordata con le istituzioni finanziarie. Berlino, cioè, ha di nuovo espressamente e pubblicamente, esercitato un veto su di una decisione di uno stato sovrano. Poco conta che la decisione di Tsipras sia stata presa senza consultare gli enti che hanno messo sotto tutela il paese greco, anche perchè quelle stesse istituzioni, ed anche la Germania, nonché l’Unione Europea, poco o niente hanno fatto per sostenere la Grecia nella difficile ed obbligata missione dell’accoglienza e della gestione dei profughi. Aldilà delle necessarie considerazioni sulla vicenda, appare innegabile, che le dichiarazioni di un membro del governo tedesco, quindi ufficiali e non personali, su di una materia che riguarda l’autonomia decisionale di un governo straniero siano una invasione di campo che non dovrebbe esistere e che, invece, si ripropone di nuovo in un contesto continentale molto compromesso per Bruxelles, che è investita dalle critiche anti europee e populiste. La dichiarazione del ministro delle finanze tedesco, oltre che essere un affronto al diritto internazionale è inopportuna sul piano politico, perchè può danneggiare ulteriormente il livello, già basso, di considerazione di cui gode l’Unione Europea. Nel vecchio continente il 2017 sarà un anno di elezioni particolarmente importanti e decisive per il futuro assetto dell’Unione: sicuramente si voterà proprio in Germania ed in Francia, con la possibilità che anche l’Italia si rechi al voto per decidere un nuovo esecutivo ed una nuova maggioranza. La minaccia concreta dell’affermazione di movimenti anti sistema è concreta in tutti questi paesi, anche perchè, spesso, le alternative non ci sono, grazie a politiche di sacrificio finanziario, imposte ai cittadini per colpe non loro, da partiti che si definivano in favore dei lavoratori, ed, invece, danno la percezione di difendere i grandi interessi bancari e riducono i diritti acquisiti, relativi al lavoro, tramite politiche eccessivamente liberiste. Dal punto di vista dei regolamenti dei rapporti tra stati e tra stati ed Unione Europea, quello che si sta riproponendo costituisce una urgenza da risolvere in tempi rapidi, anche se non è nell’agenda dei lavori del parlamento europeo; occorre, cioè, conciliare l’autonomia e la sovranità di uno stato nei confronti di eventuali invasioni, come accade in questo caso. Ciò è necessario sopratutto se l’Unione manterrà l’attuale assetto, sia se si dovesse arrivare ad una forma di unione politica; in questo secondo caso è comunque fondamentale il rispetto dei popoli locali ed è necessario trovare, attraverso una normativa certa, una forma di relazione tra potere centrale e periferico, che non umili le istanze territorialmente circoscritte. Purtroppo questo caso è solo l’ultimo di una serie già troppo lunga e segnala la pericolosa mancanza di considerazione della parità dei popoli, con la loro storia e le loro peculiarità, sottomesse al mero valore dell’aspetto finanziario, assunto come unico parametro di validità e considerazione. Si capisce che questa impostazione sia un fattore endogeno che contribuisce, oltre a quelli esogeni, a creare ulteriori gradi di diseguaglianza, l’aspetto che dovrebbe essere maggiormente combattuto dalle istituzioni comunitarie. Bruxelles, tacendo sulla questione, la approva tacitamente e questo atteggiamento contribuisce alla diminuzione della fiducia nei suoi confronti, aprendo la strada a facili critiche, che non potranno che sfociare in un avverso gradimento dentro le cabine elettorali. La percezione di una Europa che continua a contraddire i propri principi, risulta quindi sempre più forte e ciò è rafforzato dalla violazione delle più elementari norme che dovrebbero seguire il buon senso, oltre che quanto previsto dalle normative europee e dello stesso diritto internazionale: in sostanza Bruxelles si allontana sempre più dal sentire comune, perchè permette la sopraffazione del più forte ai danni del più debole, su diversi piani, e questa considerazione è l’anticamera della fine del sogno europeo.
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