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martedì 31 gennaio 2017
Obama interviene contro la decisione di Trump sul divieto di ingresso negli USA
Obama interrompe la tradizione che prevede l’astensione dalle critiche da parte del presidente uscente al proprio successore. Barack Obama, presidente degli Stati Uniti per due mandati, ha criticato apertamente il presidente in carica, Trump, per il divieto di ingresso negli Stati Uniti per gli appartenenti a sette paesi di religione musulmana, indicati come possibile provenienza di terroristi. Ad aggravare la situazione ci sono state anche le dichiarazioni di Trump di volere favorire, in futuro, l’ingresso negli Stati Uniti ad appartenenti alla religione cristiana. Questo provvedimento ha causato disagi notevoli negli aeroporti a cittadini provenienti da quei paesi, nonostante non fossero terroristi e collaborassero già con l’amministrazione americana, come insegnati nelle università, interpreti dell’esercito ed altre professioni ad alto valore aggiunto. Le proteste che si sono verificate nelle strade americane hanno fin da subito, sancito la grande opposizione al provvedimento da parte di una grossa percentuale della società statunitense, che acuisce la profonda spaccatura politica presente nel paese, causata da un sistema elettorale iniquo, che ha permesso a Trump di ricoprire la massima carica dello stato, malgrado avesse ottenuto quasi tre milioni di voti in meno della avversaria alla Casa Bianca, Hillary Clinton. La presa di posizione di Obama non è, tuttavia, una sorpresa, dato che lo stesso ex presidente aveva affermato pubblicamente di volere intervenire nel dibattito politico se si fosse verificata una lesione per i diritti fondamentali, da sempre presenti nella democrazia americana. In realtà la dichiarazione di Obama ha una duplice valenza, perchè oltre a sottolineare la violazione dei principi e dei diritti fondamentali americani, ha anche un significato politicamente molto più rilevante, dato che si schiera, non solo idealmente, al fianco dei contestatori, ma li esorta a continuare la protesta ed anche a crescere di numero, ponendosi come leader ideale della contestazione al provvedimento di Trump. Risulta impossibile non cogliere in questa intenzione quasi un progetto teso a colmare il vuoto del partito democratico, ancora alle prese con la sconfitta della Clinton, dalla quale non pare essersi ripreso. La spontaneità delle proteste, che sono l’ideale continuazione delle manifestazioni contro Trump, già iniziate durante la campagna elettorale, non sembra avere ancora, infatti un progetto politico strutturale, capace di contrastare l’azione del neo presidente, aldilà delle proteste di piazza. Esiste, è vero, una sorta di rete di sindaci di città statunitensi, molto importanti, che hanno già annunciato di volere trasgredire gli ordini della Casa Bianca in materia di rifugiati, ma questo sentimento sembra essere nato senza il dovuto coordinamento, che sarà necessario per contrastare l’azione dell’amministrazione centrale. Certamente Obama non può prendere le redini della protesta, ma può rappresentare una sorta di tutore, per indirizzare le manifestazioni verso la tutela dei diritti. Si tratta di una argomento molto delicato e sentito, sia nell’opinione pubblica americana, che da una parte del partito repubblicano e che sta provocando diverse proteste negli ambienti diplomatici, portando la presidenza Trump verso una sorta di isolamento internazionale. Oltre alla valenza dell’intervento di Obama, il fattore più rilevante politicamente è la presenza di uno scontro in atto tra Trump e parte consistente della società americana, che sembra destinato ad acuirsi sempre di più e diventare profondamente radicato nel paese, con la conseguenza, facilmente prevedibile, di creare forti tensioni sociali e di alterare gli equilibri interni del paese. Gli Stati Uniti, sembrano andare incontro, a situazioni di pericolosità sociale mai provate al proprio interno, ben oltre le tensioni provenienti, ad esempio, dalla comunità nera. In questa fase, più che le idee, seppure estreme, del presidente Trump, sembra più pericolosa la sua totale inesperienza politica, la sua irruenza ed il carattere di un personaggio completamente inadatto a ricoprire un ruolo di tale importanza. Trump si muove senza alcuna cautela e senza alcun filtro, circondato da un apparato completamente assertivo e non in grado di contraddirlo: un prodotto politico della peggiore degenerazione dell’America profonda, senza alcuna visuale che non sia il brevissimo periodo, accompagnato da gesti e provvedimenti di facile presa ed a uso e consumo di un elettorato che non può rappresentare il sentimento americano. Certamente la Clinton partiva da premesse fortemente negative, ma non avrebbe portato gli USA a questa situazione già pericolosa dopo appena pochi giorni di mandato.
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