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venerdì 3 febbraio 2017

Gli USA assicurano il loro impegno in difesa di Corea del Sud e Giappone

Il messaggio del nuovo Segretario alla difesa degli Stati Uniti, James Mattis, agli alleati asiatici è stato quello della volontà di mantenere l’impegno americano nell’asia orientale. Le dichiarazioni di Trump, sia in campagna elettorale, che dopo l’elezione a presidente, lasciavano presagire un disimpegno in questa regione, che pareva non essere più ritenuta centrale nella politica estera americana. Nella Corea del Sud e nel Giappone la preoccupazione per il nuovo atteggiamento di quello che è stato sempre il maggiore alleato dei due paesi, aveva procurato allarme nei rispettivi governi, in un momento storico dove in questa zona del mondo sale l’impegno cinese per ampliare la propria zona di influenza e dove vi è la presenza del dittatore nordcoreano, Kim Jong-Un, che ha più volte minacciato i paesi vicini e gli stessi Stati Uniti di usare contro di essi l’arma atomica. Il Segretario Mattis, generale in pensione, in visita in Corea del Sud ha subito minacciato la Corea del Nord di rappresaglie se cercheranno di attaccare i paesi alleati. Questa dichiarazione rappresenta la migliore assicurazione per i governi di Seul e Tokyo sulla continuazione della completa collaborazione con gli Stati Uniti e, nel frattempo, sembra ristabilire la situzione presente con Obama. Ma ciò può rappresentare anche un sostanziale passo indietro di Trump dai suoi propositi di impiegare meno risorse nell’impegno militare all’estero, per obbligare i paesi alleati ad un maggiore impegno finanziario. In realtà questo proposito non sembrava attuabile, perchè andava in senso contrario agli interessi dei militari americani, dell’industria bellica e degli stessi interessi geopolitici degli Stati Uniti. La conferma dell’appoggio agli alleati asiatici dimostra che la politica estera americana, almeno in questa zona del mondo, non potrà essere variata nel passaggio dall’amministrazione Obama a quella di Trump, perchè non esistono ragioni ideologiche sufficientemente valide a cambiare gli interessi americani nella regione e variare gli equilibri esistenti, sopratutto quando sono in gioco gli interessi commerciali che interessano questa zona del pianeta. Nelle basi americane della Corea del Sud sono presenti circa ventottomila soldati, mentre in quelle giapponesi gli effettivi statunitensi sono quarantasettemila. Un possibile disimpegno degli USA avrebbe costretto i due paesi ad una riorganizzazione dei rispettivi sistemi di difesa, che potevano prevedere anche il ricorso alla creazione di un arsenale atomico. Per gli interessi americani è importante evitare una nuova proliferazione nucleare, anche da parte di alleati, perchè costituirebbe un fattore di difficile gestione, sopratutto per la presenza della Cina, che sta investendo notevoli somme per il proprio riarmo. Se deve esserci una sorta di bilanciamento degli arsenali atomici, nella regione, è meglio che questo riguardi Washington e Pechino, senza coinvolgere altre nazioni, perchè ciò costituirebbe per la Cina una provocazione, che potrebbe innescare  nuove e pericolose tensioni. Dato che la situazione in essere viene confermata dalle dichiarazioni del Segretario della difesa americano, non ci si attende reazioni da Pechino, che vede mantenuto lo schema di alleanze già presenti; non così dovrebbe essere per la Corea del Nord, chiamata in causa direttamente da Mattis; Pyongyang ha dimostrato di non gradire quelle che ritiene minacce ed ingerenze alla propria politica di armamento nucleare, per cui sarà possibile che i nordcoreani minaccino qualche dimostrazione bellica nei prossimi giorni. Il fattore politicamente più rilevante appare come le intenzioni di Trump, almeno sul piano internazionale, non possano essere attuate, perchè, malgrado le sue dichiarazioni,  i suoi propositi non possono essere slegati, non solo da fattori che sono completamente al di fuori del controllo del governo degli USA, ma anche di ordine interno, come gli interessi peculiari di parte di soggetti, anche esterni alle istituzioni. Questo non vuole dire che Trump in politica estera debba essere sottovalutato, ma che anche per lui ci sono dei limiti, che probabilmente no aveva considerato.; ciò non è un fattore completamente positivo perchè evidenzia il dilettantismo nell’ambito internazionale del nuovo presidente, una scarsa pratica che può sempre provocare errori gravi e con conseguenze pericolose.

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