Politica Internazionale

Politica Internazionale

Cerca nel blog

mercoledì 15 marzo 2017

La Cina non vuole una guerra commerciale contro gli USA

Il premier cinese Li Keqiang, numero due di Pechino, ha affermato, durante una conferenza stampa, di non volere una guerra commerciale con gli Stati Uniti; tuttavia, ha avvertito Washington delle pesanti conseguenze per l’economia americana, se questa contesa dovesse avere avvio. Il premier cinese è partito dalla considerazione, che gli investimenti della Cina negli USA hanno portato alla creazione di un milione di posti di lavoro e questo è anche uno degli effetti della globalizzazione che Trump vuole combattere, istituendo una chiusura dei mercati americani, con l’innalzamento di ulteriori barriere doganali ed il protezionismo a favore delle aziende statunitensi. Secondo il premier cinese, queste azioni porterebbero ad un peggioramento delle condizioni commerciali , non solo tra i due paesi, ma anche nel sistema globale più complesso, che va oltre il rapporto tra Cina e Stati Uniti. La percezione è che la Cina voglia fare pressione sulla volontà di Trump attraverso la propria disponibilità di liquidità e la capacità di erogarla anche all’estero. In sostanza Pechino potrebbe interrompere, diminuire se non cancellare gli investimenti negli Stati Uniti, provocando grossi problemi alla Casa Bianca. Certamente questa evoluzione non conviene a nessuno dei due attori, che vedrebbero compromesso il flusso commerciale in entrambi i sensi, con oggettive ricadute sulle rispettive economie. Dal punto di vista politico l’atteggiamento iniziale di Trump sembra già essere cambiato: se in campagna elettorale e nelle prime fasi del suo insediamento alla carica di presidente,  la Cina era il bersaglio principale, ora l’approccio sembra essere segnato da maggiore cautela. Intanto Trump, dopo l’apprezzamento a Taiwan è tornato alla teoria, gradita da Pechino, di una sola Cina; più preoccupante potrebbe essere l’intenzione di posizionare lo scudo anti missile in Corea del Sud, non gradito alla Cina perchè potrebbe essere minacciata da queste installazioni militari, ma la posizione americana resta quella esclusivamente difensiva di Seul di fronte alle minacce nordcoreane. Questo fattore, per ora sta causando un progressivo peggioramento delle relazioni tra Corea del Sud e Cina, ma per quanto riguarda gli Stati Uniti la posizione sembra essere ritornata quella di Obama, comunque conflittuale con Pechino, con differenze di vedute profonde specialmente sulle isole contese da Pechino. La variabile che rischia di alterare lo scenario è il comportamento di del dittatore nordcoreano, che esaspera la tensione rischiando volutamente di provocare indirettamente un confronto tra i due paesi.  Se il lato politico è dunque più stabile di come appare il confronto si sposta ancora sulle diatribe commerciali: siamo di fronte ad una situazione a parti invertite, dove la Cina gioca nel ruolo di difensore della globalizzazione, mentre gli USA ricoprono un ruolo più propenso al protezionismo. Questo scenario si riflette anche nei rapporti con l’Europa, snobbata ed auspicata divisa da Trump, dove Pechino propende per una Unione Europea come attore forte sul piano internazionale e molto integrata al suo interno. Si comprende che il vecchio continente unito è il mercato più ricco e quindi funzionale alla globalizzazione, fattore imprescindibile nel nostro tempo secondo la Cina, dove investire e commercializzare i prodotti. Dal lato commerciale siamo quindi di fronte a due posizioni contrapposte, in grado di innescare una guerra commerciale che la Cina teme molto, ma su cui anche gli Stati Uniti non paiono tranquilli.    Pechino ha voluto rassicurare la scena internazionale tramite la crescita del suo prodotto interno lordo, prevista ancora intorno al 6,5% e quantificata in circa 10 miliardi di euro, una posizione che è parsa molto responsabile, sopratutto alle dichiarazioni di Trump, tipica di una grande potenza economica, che deve garantire le ricadute positive sull’economia globale dei suoi tassi di produzione. Al netto dei problemi di corruzione e del rispetto dei diritti umani, dove, malgrado Trump, gli USA sono ancora molto più avanti, la Cina si presenta, a chi condivide la globalizzazione, senz’altro più affidabile, mentre chi è contrario non può certo riconoscersi nella nuova amministrazione americana. La previsione è che i due paesi troveranno un punto di incontro conveniente per entrambi, anche se non immediatamente, perchè non possono sostenere, nessuno dei due, una guerra commerciale, che comporterebbe più costi che vantaggi.    

Nessun commento:

Posta un commento