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martedì 4 aprile 2017

Trump preme sulla Cina per il problema della Corea del Nord

La minaccia alla Corea del Nord ed il severo monito alla Cina, costituiscono una novità nell’azione politica, in materia di esteri, da parte del Presidente statunitense Donald Trump. Quello che traspare è un aumento della preoccupazione americana circa il raggiungimento della capacità di Pyongyang di raggiungere una tecnologia avanzata per quanto riguarda i razzi vettori capaci di trasportare gli ordigni atomici. Questo timore, unito alla paura della capacità nordcoreana di avere quasi raggiunto una alta capacità dello sviluppo della tecnologia nucleare militare, compresa quella di miniaturizzare gli ordigni, per consentirne una più agevole collocazione sui missili balistici ed una, conseguente, maggiore facilità di trasporto, iniziano a preoccupare in maniera tangibile la Casa Bianca. La presidenza di Obama era contraddistinta, su questo argomento, da una condotta che mirava a scoraggiare Pyongyang a perseguire la politica degli armamenti nucleari, attraverso l’uso delle sanzioni: ciò era dovuto, almeno in parte, anche alla convinzione che la Corea del Nord, pur non essendo da sottovalutare, fosse ancora lontana dal raggiungimento di un livello tale della propria capacità nucleare applicata al settore militare, tale da impensierire in maniera concreta gli Stati Uniti ed i suoi alleati regionali. Allo stesso modo la Cina ha tenuto una condotta verso la Corea del Nord, che, seppure di condanna, è sembrata preferire ancora un atteggiamento non troppo severo. Ma gli esperimenti nucleari recenti di Pyongyang, con razzi caduti anche nelle acque territoriali del Giappone hanno alzato il livello di attenzione della nuova amministrazione americana; inoltre fonti di intelligence prevedono come imminente un nuovo test nucleare da parte dei militari di Kim Jong-un. Di fronte a questo scenario Trump sembra volere muoversi in due direzioni contemporanee: la prima non esclude, e forse prevede, un intervento militare diretto contro la Corea del Nord, che continua a minacciare gli Stati Uniti in modo esplicito attraverso provocazioni dirette, la seconda consiste in esercitare pressioni sulla Cina, in quanto unico alleato dei nord coreani, affinchè il regime di Pyongyang muti il proprio atteggiamento. La prima opzione non è mai stata presa in considerazione seriamente come adesso e costituisce un pericolo potenziale molto elevato perchè contempla un intervento militare americano diretto, e non con modalità di sostegno ad eserciti alleati, dove il rischio di un conflitto atomico è concreto, in un’area del mondo che potrebbe vedere la guerra allargarsi a Corea del Sud, Giappone e, sopratutto, Cina. Per Pechino l’idea di dovere affrontare un conflitto armato, anche in maniera indiretta, è la più sgradita possibile: infatti, malgrado i grandi sforzi finanziari per potenziare le proprie forze armate, la Cina è impegnata a costruire una immagine internazionale basata sul prestigio del dialogo e come punto di riferimento della produzione e del commercio interpretato in ottica globale. Andando sulla questione coreana, in maniera più specifica, una guerra tra Washington e Corea del Nord, non potrebbe che risolversi a favore degli Stati Uniti e le conseguenza prodotte sarebbero l’aumento del flusso dei profughi nordcoreani verso la Cina e l’unificazione delle due Coree in un unico stato, con capitale Seul e sotto l’influsso statunitense. Trump è conscio di questi sviluppi entrambi pericolosi per gli equilibri regionali e contro gli interessi cinesi, quindi a deciso di esercitare una consistente pressione su Pechino, concedendo, però, in cambio di una collaborazione contro il regime nordcoreano, anche una apertura, forse consistente, sulla questione dei dazi che la Casa Bianca vuole imporre alle merci cinesi per ridurre il deficit della bilancia commerciale americana a favore di quella cinese. Si tratta di un approccio delle questioni internazionali che presenta elementi di novità, collegando strettamente temi di sicurezza a fattori economici; la strategia potrebbe rivelarsi vincente perchè rappresenta una via di uscita onorevole e conveniente per Pechino, ma, che, tuttavia, presenta un lato debole piuttosto consistente. Infatti la Cina sarebbe soggetta ai ricatti di Pyongyang, che potrebbe minacciare Pechino di scatenare una guerra con gli USA, per ottenere dai cinesi vantaggi tali da consolidare la dittatura di Kim Jong-un; a quel punto la situazione sarebbe veramente difficile sia per Washington che per Pechino. Al momento Trump si è rivelato abile a trovare una via di dialogo con la Cina, che, in effetti, è l’unico attore internazionale in grado di esercitare pressioni su Pyonyang e che deve risolvere il dilemma, durato troppo a lungo, di sostenere un paese così pericoloso situato direttamente sui propri confini. Sarà interessante vedere quale sarà la determinazione cinese per risolvere il problema ed attraverso quali mezzi e provvedimenti.

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