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giovedì 11 maggio 2017

Gli USA forniranno armi pesanti ai curdi siriani

Alla vigilia della visita di Erdogan negli Stati Uniti, quando incontrerà il nuovo presidente Trump, la Casa Bianca ha autorizzato una fornitura di armi pesanti per i curdi siriani. Lo scopo è quello di conquistare e sottrarre allo Stato islamico la città di Raqqa, un obiettivo considerato essenziale dal Pentagono, per sconfiggere le forze del califfato. Quindi la strategia dei militari americani, malgrado il cambio al vertice dello stato, non cambia: quello che accadeva con Obama, continua ora con Trump, i curdi sono ancora individuati come un elemento strategico essenziale per il combattimento sul terreno, per contrastare lo Stato islamico; d’altra parte l’alternativa era soltanto quella di schierare le truppe americane direttamente nel teatro dei combattimenti. Per quanto riguarda i rapporti con la Turchia, questa decisione rischia di incrinare i rapporti tra i due stati, dato che la fornitura delle armi pesanti è destinata alle milizie curdo-siriane, che Ankara considera come terroristi, alla stregua dello stesso Stato islamico. La questione è nota, la Turchia teme la nascita di uno stato curdo sui suoi confini e non ha esitato ad usare le armi, spesso in accordo con Assad ed i russi, proprio contro i combattenti che la Casa Bianca ha deciso di rifornire e che sono sempre stati legati da uno stretto rapporto con gli Stati Uniti. Nel passaggio di potere tra Obama e Trump, si è verificata una sorta di allentamento dell’interesse americano per la questione siriana, che ha coinvolto anche l’appoggio ai curdi; ciò ha determinato una maggiore libertà di azione da parte si Siria, Russia e Turchia, nei confronti dei combattenti curdi con iniziative di contrasto alle milizie curdo siriane, che si sono intensificate e sembravano favorite dalle dichiarazioni che il nuovo presidente americano aveva fatto in campagna elettorale e che lasciavano presagire un progressivo distacco degli USA dalla politica internazionale; così non è stato: le intenzioni di Trump si sono scontrate con gli interessi nazionali ed il necessario presidio da parte degli Stati Uniti degli scenari diplomatici più delicati. Quella con i curdi è un’alleanza che va avanti dalla presidenza Bush, quando i curdi irakeni risultarono decisivi per la sconfitta di Saddam Hussein. L’impressione è che la fiducia americana continui, anche grazie ai risultati militari ottenuti dalle milizie curde, che si sono confermate affidabili e di sicuro affidamento dal punto di vista militare. La scelta di Trump esprime la necessità di creare un precedente nei confronti della Turchia, che è anche la continuazione della politica del suo predecessore e che allontana le speranze di Erdogan di portare dalla sua parte gli Stati Uniti nella questione curda, quella che il presidente turco ritiene la più importante per il suo paese ed il suo governo. Le dichiarazioni ufficiali americane, circa la questione, sono apparse scontate e di circostanza e non paiono sufficienti neppure a giustificare il fatto che la Casa Bianca non avrebbe fatto alcuna comunicazione ufficiale ad Ankara della volontà di rifornire i curdi, i quali potrebbero, verosimilmente, usare questi armamenti, oltre che contro il califfato, anche per difendersi dagli attacchi dell’esercito turco. Con questa decisione Trump mette la conquista di Raqqa, la roccaforte dello Stato islamico, davanti ai rapporti con la Turchia, sia per sconfiggere il califfato nei luoghi dove esercita ancora la propria sovranità, ed ascriversi questo merito, sia per compensare la politica russa, molto attiva in Siria. Con le azioni nel conflitto siriano Mosca ha assunto di nuovo un ruolo da grande potenza, uscendo da un isolamento internazionale per ritornare protagonista ed ha progressivamente guadagnato la scena della guerra siriana con un impegno tale da giustificare di nuovo la tanto ambita rilevanza internazionale. Nonostante che la direzione di Trump sembrasse avvallare queste aspirazioni russe, l’organizzazione del governo americano è strutturata in modo da non essere comunque univoca ed allineata con la sua figura istituzionale più importante, ma è capace di recepire una vasta gamma di interessi, capaci di rappresentare e mettere in pratica i relativi punti di vista. Così, sia una parte consistente della diplomazia in accordo con i militari, hanno preferito sacrificare, almeno per il momento, i rapporti degli Usa con la Turchia, per la sconfitta dello Stato islamico, attraverso l’appoggio dei combattenti curdi. Ciò costituisce un precedente che non potrà essere facilmente sconfessato in caso di richiesta dei curdi siriani alla Casa Bianca ed al Pentagono per sostenere le aspirazione del popolo curdo. Proprio quello che la Turchia si ostina a combattere.

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