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Politica Internazionale
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mercoledì 20 settembre 2017
La sovranità nazionale come strumento delle relazioni internazionali
Il discorso che Trump ha tenuto alle Nazioni Unite diventa il manifesto del cambiamento politico internazionale in atto: quello che riporta la sovranità e gli interessi del singolo paese come elemento più rilevante dell’azione politica di un governo o di un movimento che vuole raggiungere questo obiettivo. Si tratta di un cambiamento notevole sulla scena diplomatica, nell’ambito della tendenza che sembrava essersi affermata, che voleva prediligere una direzione di collaborazione tra le nazioni in un quadro normativo che implicava la cessione di parte della sovranità statale in nome degli interessi comuni. Lo slogan elettorale di Trump è stato “America first”, un concentrato di nazionalismo economico e politico, che doveva sottrarre gli Stati Uniti alla collaborazione esterna e ad un progressivo disimpegno dalla scena internazionale. Se dal punto di vista degli interessi militari ed anche economici, i gruppi di pressione hanno costretto il presidente degli Stati Uniti a numerosi passi indietro, il campo della politica delle organizzazioni internazionali, sembra essere stato lasciato completamente a volere dell’inquilino della Casa Bianca. Il discorso tenuto al Palazzo di vetro è stato la contraddizione di anni di cautela politica internazionale, che tutte le amministrazioni precedenti, sebbene con sfumature diverse avevano sempre praticato. Ciò potrebbe anche non avere molta rilevanza, se non rappresentasse il segnale eloquente di una tendenza che si sta affermando in tutto l’occidente. I casi europei sono stati diversi, sia tra chi si è affermato nelle elezioni, come i casi ungherese e polacco, sia chi è uscito sconfitto dalle competizioni elettorali, come nel caso di Marine Le Pen e del suo movimento, in Francia. Negli altri paesi europei sono presenti diversi movimenti che si richiamano ad una maggiore conservazione della sovranità nazionale rispetto a quella che è ritenuta una invadenza dell’Unione Europea. Anche in altre parti del mondo questo fenomeno è in costante ascesa, basti pensare alla Russia ed all’evoluzione della Turchia. Un dato comune è che l’affermazione della sovranità nazionale come elemento distintivo di un governo, procede di pari passo con una compressione dei diritti e del diritto di critica, tanto da identificare questi esecutivi come di destra ed anche, spesso influenzati da componenti religiose di tipo tradizionalista. Questa avversione alle organizzazioni sovranazionali ha delle giustificazioni di partenza, che difficilmente possono essere contraddette. Trump ha criticato la scarsa attività delle Nazioni Unite, ma non ne ha proposto una modifica che è sempre più necessaria e che toglierebbe influenza agli Stati Uniti; in Europa l’attività di Bruxelles è stata percepita, non certo a torto, come uno strumento che ha favorito le grandi istituzioni finanziarie attraverso una rigidità di bilancio, che ha peggiorato la vita dei cittadini. Le stesse ragioni, del resto, hanno portato all’elezione di Trump, perchè la Clinton è stata identificata come la rappresentante delle classi ricche, quelle che hanno guadagnato maggiormente dalla globalizzazione. Il controsenso è che spesso, ad essere eletti sono stati proprio componenti di quella parte di società che detengono la maggior parte delle ricchezze di un paese, soltanto grazie ad avere intercettato lo scontento di chi ha subito l’aumento della diseguaglianza. Certamente la mancanza di proposte dalla sinistra ha influito, come ha influito la generale crisi di identità e di programmi dei movimenti democratici. Trump alle Nazioni Unite ha proposto un modello che vede un insieme di stati totalmente detentori della propria sovranità, che operano per l’esclusivo benessere del proprio paese, secondo il presidente degli Stati Uniti, queste caratteristiche sarebbero sufficienti a mantenere un livello di pace e collaborazione tra gli stati. Ma questa visione non tiene conto degli interessi contrastanti tra le entità statali e la necessità di appianarle. Così, in un rapporto ancora più stretto, l’Unione Europea trova grosse difficoltà per lo squilibrio di potere effettivo che esiste tra gli stati. La soluzione è quella prospettata da Trump e da tutti quelli che reclamano una maggiore sovranità degli stati o, al contrario, una maggiore collaborazione tra le nazioni? Sicuramente un quadro normativo che stabilisca diritti e doveri degli stati all’interno di una collaborazione comune, sembra preferibile, anche a costo di rinunciare a parti di sovranità nazionale; ma per superare le diffidenze e gli istinti dei nazionalismi, occorrono risultati tangibili nella prevenzione di conflitti e nella soluzione di quelli già esistenti, impossibili da conseguire senza strutture effettive di controllo ed indirizzo.
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