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venerdì 20 ottobre 2017
Otto paesi europei chiedono ad Israele il risarcimento per la confisca di aiuti in Cisgiordania
Belgio, Danimarca, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Spagna e Svezia hanno presentato una richiesta di risarcimento ad Israele perchè Tel Aviv ha confiscato ed effettuato demolizioni ai danni di un consorzio di aiuti umanitari in Cisgiordania. Si tratta di una richiesta che non ha precedenti ed il cui valore politico oltrepassa senz’altro quello economico. Ha provocare la richiesta congiunte è stata la distruzione e requisizione di prefabbricati e pannelli solari, effettuata da parte delle forze di sicurezza israeliane; questi materiali dovevano essere impiegati per scuole arabe, situate in una parte di territorio abitata da popolazioni di origine beduina. In quest’area, occupata per il 60% dagli israeliani, la popolazione araba non è collegata alla rete elettrica per volontà di Tel Aviv e l’uso dei pannelli solari può compensare, almeno in parte, l’isolamento elettrico. Si ritiene che il provvedimento di distruzione e confisca di Israele, rientri nella volontà del governo di Tel Aviv di favorire nuovi insediamenti di colonie nella zona, con il duplice scopo di aumentare la presenza israeliana e di interrompere la continuità territoriale delle comunità arabe presenti nelle zone situate immediatamente vicine a Gerusalemme ed a Betlemme. La condizione non stanziale di parte della popolazione araba che sono in questa zona, favorisce i piani di occupazione israeliana. Per gli otto paesi europei il comportamento dello stato israeliano appare in aperta violazione del diritto internazionale perchè sottopone la popolazione palestinese alla privazione degli aiuti umanitari. Il provvedimento di Israele risulta ancora più odioso, se si pensa che gran parte del materiale era destinato a scuole. Tel Aviv, come già in altre occasioni, rifiuta ogni risarcimento relativo a demolizioni e confische di materiale proveniente dalla cooperazione europea, che opera senza l’autorizzazione dell’amministrazione israeliana di questi territori, e, nello stesso tempo, non concede permessi di edificabilità ai palestinesi. Anche se questi provvedimenti di confisca e demolizione costituiscono un caso marginale della questione israelo palestinese, rappresentano in modo efficace, la sistematicità del ricorso al sopruso da parte di Israele, per perseguire la strategia di espansione del governo. Il valore politico di questa richiesta di risarcimento appare enorme, perchè condanna anche l’attività di Tel Aviv contro le organizzazioni umanitarie, contro quanto dispone il diritto internazionale, dal quale troppe volte il governo di Israele si è ritenuto al di sopra. La questione espone anche come il destino degli aiuti internazionali ai palestinesi sia condizionato dall’azione di Tel Aviv: a titolo esemplificativo basti ricordare che il valore delle installazioni demolite finanziate dall’Unione Europea a favore dei palestinesi nel 2016, ammontava a 557.000 euro. Se in questo momento la questione non appare centrale nello scenario internazionale, la richiesta degli otto paesi europei serve a ricordare le gravi condizioni di disagio e di incertezza in cui si svolge la vita della popolazione palestinese e che costituisce una emergenza umanitaria, ormai presente da troppo tempo sulla scena internazionale. Il governo di destra di Tel Aviv ha scelto una soluzione del problema a totale vantaggio della parte di Israele più estremista, che coincide con l’oltranzismo religioso e nazionalista, ponendosi sempre con maggiore frequenza al di fuori del diritto internazionale, senza, peraltro ricevere richiami sostanziali. Tel Aviv ha più volte rimandato una soluzione concordata ed anche l’ipotesi dei due stati, sebbene caldeggiata da più parti, è rimasta sulla carta, con il solo scopo di guadagnare tempo per permettere una espansione sempre maggiore all’interno del territorio palestinese. Tra gli effetti collaterali, di questa tattica, ci sono anche la demolizione e la confisca dei beni, che costituiscono, oltre che una umiliazione, il costante affossamento dei tentativi di migliorare la vita dei palestinesi. La condanna degli otto paesi europei può costituire un punto di partenza per sensibilizzare il resto dell’opinione pubblica internazionale ad esercitare una pressione sul paese israeliano per fermare l’espansione ed arrivare ad un punto fermo in grado di definire la questione, disinnescando una situazione costantemente di alto potenziale di pericolo.
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