La crisi politica tedesca avrà inevitabili ripercussioni in Europa, qualsiasi sarà la soluzione che si concretizzerà a Berlino, tranne, forse, una riedizione della grande coalizione, per la quale sono, però, essenziali i socialisti, al momento indisponibili. La questione centrale resta sempre il futuro di Angela Merkel, ma ormai la cancelliera da sola non sembra assicurare quella stabilità a cui il paese tedesco è abituato da anni. La stasi post elettorale presenta una situazione molto incerta, su cui esiste sempre la minaccia di nuove elezioni. Per Bruxelles gli scenari che si aprono sono, fondamentalmente, tre. Nel primo caso il partito del rigore ha la meglio e per l’Unione significa rivedere le politiche di espansione finanziaria e tornare nel tunnel della recessione; politicamente ciò significherebbe un incremento nel gradimento dei partiti e movimenti contro l’Europa, capace di mettere fortemente a rischio il progetto europeo per una crisi totale di fiducia nei ceti sociali a causa delle politiche che, verosimilmente, Bruxelles sarebbe costretta ad imporre agli stati nazionali. La seconda opzione possibile è contraria alla prima, ma anche meno probabile; in questo caso avrebbero la meglio le forze anche in Germania contrarie al rigore e ciò potrebbe favorire una fase continentale segnata da una espansione economica, con riflessi possibili sull’inflazione, che potrebbe avere valori in aumento. Questo scenario è fortemente avversato dai settori della finanza, del credito e dell’industria della Germania e potrebbe essere sopportato soltanto con la Merkel come garante. Il terzo scenario ricalca il recente passato politico tedesco: contempla, cioè, la possibilità di ricreare la grande coalizione. In questo momento appare l’ipotesi meno probabile perchè i socialisti, fin dalla campagna elettorale, hanno rifiutato questa possibilità; tuttavia se si vuole evitare nuove elezioni, con risultati per ora totalmente imprevisti, questa opzione potrebbe consentire di evitare una pericolosa deriva politica a destra e, sopratutto, portare avanti una, seppur timida, politica finanziaria in campo europeo, in grado di continuare il trend di crescita attuale. Evitare nuove elezioni potrebbe anche cancellare la possibilità di una sconfitta della Merkel, che ne determinerebbe l’uscita dalla scena politica. Certo esiste anche la possbilità che il responso delle urne, con nuove elezioni, ribalti il risultato precedente del partito socialista e ne decreti la vittoria , ma correre un azzardo del genere sarebbe da irresponsabili. Per quanto sgradita possa essere stata la Merkel, con la sua imposizione, talvolta ottusa, della rigidità di bilancio, che ha contratto le economie europee (esclusa quella tedesca), è anche vero che senza la sua mediazione non si sarebbe potuta ottenere l’attuale politica monetaria, che ha invertito, sebbene di non molto, la tendenza della recessione. Per l’Europa è importante non cambiare questa direzione di sviluppo, non solo per evidenti motivazioni di crescita, ma anche a temi politici, che a quelli economici sono intimamente connessi. Le sfide che l’Unione ha davanti richiedono una unità di intenti, che non deve subire alterazioni e, quindi, i fragili equilibri su cui si basano i legami tra i maggiori stati non devono essere compromessi. Le intenzioni della creazione di una difesa comune europea, un bilancio comune della zona euro, una politica migratoria complessiva, la collaborazione contro il terrorismo ed uno sviluppo sostenibile (nel quale rientra la lotta all’inquinamento), sono diventati i temi ormai essenziali per rispondere alle sfide mondiali e della globalizzazione, verso le quali l’Europa è ancora in ritardo. Il problema attuale è che se lo stato principale, la Germania, risulta bloccata da un esito elettorale incerto, la situazione si riflette inevitabilmente sulle istituzioni europee ed anche sugli altri ventisei paesi. Questo esempio pratico ci dice chiaramente che gli stati nazionali dovrebbero diminuire la loro importanza nell’Unione, attraverso la cessione di quote consistenti di sovranità, in favore, però di una Europa che sia effettivamente al servizio dei popoli e della collettività e non, come il sentire comune ci trasmette, soltanto delle grandi istituzioni finanziarie. Alla fine, nonostante tutto, almeno in questa fase, la presenza della Merkel rappresenta ancora una grande garanzia e non è soltanto il meno peggio (anche se ci sarebbe bisogno di molto meglio).
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