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giovedì 21 dicembre 2017
Bruxelles potrebbe ritirare alla Polonia il diritto di voto
La decisione di mettere in pratica il dispositivo previsto dall’articolo sette del trattato dell’unione europea, rappresenta una novità ed è destinato a creare un precedente di rilievo nei rapporti tra gli stati europei e gli organismi centrali dell’unione. La Commissione europea ha deciso di procedere su questa strada, dopo diversi avvertimenti alla Polonia, ben tre raccomandazioni, venticinque lettere e diversi incontri tra le due parti, che sono sempre stati disattesi. I fatti dicono che Varsavia ha attuato più di trenta provvedimenti legislativi che hanno compromesso l’indipendenza del sistema giudiziario polacco, tra cui gli organi più rilevanti, come Corte costituzionale, Corte suprema, Consiglio della magistratura fino ad arrivare ai tribunali ordinari. Inoltre il governo polacco sta esercitando una pressione sugli organi di stampe del paese, con il chiaro intento di soffocare ogni forma di dissidio e quindi con l’obiettivo di comprimere la libertà di stampa, da sempre ritenuto un elemento necessario per fare parte dell’organizzazione di Bruxelles. Il risultato finale per la Polonia dovrebbe essere la perdita dei diritti di voto all’interno dell’Unione. Tuttavia non si tratta di un iter così automatico, nonostante che le violazioni siano chiare e palesi; il meccanismo di attivazione dell’articolo sette prevede, infatti, due fasi, una preventiva ed una sanzionatoria; per l’approvazione della prima è richiesto un quorum dei quattro quinti tra i membri del Consiglio circa l’accertamento della grave violazione dell’articolo due del trattato: ed in questo momento pare che l’orientamento dei membri del consiglio sia quello di attivare la procedura preventiva dell’articolo sette . Una volta superata questa prima parte, occorre la proposta di attivazione della fase sanzionatoria da parte di un terzo degli stati membri o della Commissione europea, con la approvazione del Parlamento europeo, infine la votazione avviene in seno al Consiglio dove, per essere approvata, deve raggiungere l’unanimità dei voti. Questa eventualità non dovrebbe, però verificarsi perchè l’Ungheria ha già annunciato che il suo voto sarà contrario. Budapest ha un governo che è anch’esso sotto osservazione, per violazioni analoghe a quelle di Varsavia e potrebbe essere sottoposto allo stesso procedimento, inoltre Polonia ed Ungheria sono allineate su diverse materie, come il rifiuto della distribuzione dei migranti, che le pone in aperto contrasto con Bruxelles. Per la verità quello che si sta delineando è uno scontro tra la parte fondante dell’Unione ed il gruppo di Visegrad, che, oltre a Polonia ed Ungheria, comprende anche Slovacchia e Repubblica Ceca, tutti paesi appartenenti all’ex blocco sovietico e che usufruiscono di ingenti contributi da Bruxelles, tenendo un atteggiamento ostile sulla divisione delle emergenze ed ora anche non rispettando più il trattato di adesione nei suoi principi fondamentali. La volontà di Parigi e Berlino, seppure priva di un governo nazionale, di sanzionare la violazione del trattato è chiara ed è seguita anche da Italia e Spagna : quello che si prefigura è uno scontro di mentalità che, fino ad ora, era rimasto confinato alla mancanza di ufficialità e che da ora diventa un precedente ufficiale e che può fare partire in futuro un iter sanzionatorio ancora più pesante, per non ammettere violazioni così pesanti delle regole comuni. Se verrà intrapresa questa strada si assisterà, presumibilmente, ad uno scontro tra i fautori della sovranità nazionale e quindi si potrà favorire una aggregazione dei movimenti conto l’unione, e chi propende per una Unione Europea sempre più legata da vincoli comuni, che passano per forze dalla cessione di quote di sovranità nazionale sempre maggiori nel tempo. Ciò potrà essere l’occasione per rendere efficace l’adesione all’europa su principi di mutuo sviluppo e non di pura ed esclusiva convenienza; ma ciò dovrà essere condiviso dalla cittadinanza, che non dovrà più percepire l’unione come una istituzione calata dall’alto, ma come un organismo capace di migliorare la vita dei popoli europei attraverso il miglioramento della condizione e della qualità della vita.
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