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martedì 27 febbraio 2018
Le scarse prospettive del voto italiano
Le elezioni politiche italiane sono sempre più vicine, ma questa scadenza non scalda gli animi: nell’elettorato italiano vi è una presa di distanza, che sconfina nella rassegnazione. Gli stessi dibattiti avvengono quasi con distacco, fornendo una percezione di risultato già atteso. I sondaggi confermano una probabile difficoltà a raggiungere un governo di indirizzo, dovuta, sia al nuovo sistema elettorale, che ad un equilibrio politico, che non darà la vittoria ad alcuno schieramento. Ancora preponderante dovrebbe essere la presenza del dato riguardante l’astensionismo, che davanti al valore degli ultimi governi ed al basso livello dei candidati, assume una valenza riconducibile più ad una disaffezione dovuta alla scarsa qualità dell’offerta politica, che ad un disinteresse generale. La questione non è secondaria, anche se falsamente ignorata dai protagonisti politici, perchè implica una delegittimazione sempre più marcata della classe dirigente e quindi, dei nuovi (o vecchi) eletti nel parlamento. Questo segnale è stato ignorato volutamente dai partiti, che, infatti, hanno condotto una campagna elettorale fatta di programmi irrealizzabili e quindi lontani dalle esigenze della popolazione. Quella che si sta per concludere è stata una campagna elettorale condotta in tono minore perchè, alla fine, riguardava i direttori presenti nei partiti e la loro lotta per assicurarsi dei posti di comando già decisi in riunioni sempre più ristrette e da qui imposti alla collettività. Il distacco tra che sarà eletto, di qualsiasi parte politica, e la cittadinanza appare enorme come non è mai stato in precedenza, la disquisizioni teoriche alle quali si è assistito sono state le più lontane da problemi reali come il lavoro e la sicurezza, trattati soltanto attraverso slogan ripetuti all’infinito. Il risultato finale sarà una coalizione che metterà insieme parti non conciliabili e che potrà portare avanti soltanto l’ordinaria ammnistrazione. D’altra parte questo è già presente negli schieramenti presenti: nel centrodestra le posizioni dei moderati appaiono molto distanti da chi si vuole ispirare a condotte politiche estreme, mentre nel centrosinistra quello che emerge è una sorta di movimento che tutela banche e finanza, una contraddizione che afferma quanto più distante sia la parte sociale che si dice di volere difendere. Anche chi non si è schierato in coalizioni, come il Movimento cinque stelle, non pare affidabile per la manifesta inesperienza ed inaffidabilità che ha dimostrato. Da questo scenario qualsiasi esecutivo che potrà essere formato non sembra potere reggere in autonomia il peso delle sfide all’interno dell’Unione Europea e, per guardare in una visione più ampia, nella globalizzazione sempre più polarizzata. Il destino italiano appare quello di essere subalterno alla Germania ed alla Francia in Europa, senza la possibilità di giocare alla pari con questi due paesi un ruolo principale. In un contesto generale come quello dell’Unione un governo debole, perchè senza un indirizzo unitario ben definito, è un rischio perchè esiste la concreta possibilità che l’Italia si veda imporre, e quindi subire, decisioni sfavorevoli anche provenienti da paesi con un peso specifico ben minore di quello italiano (la questione dell’immigrazione ne è l’esempio naturale). A poco sembrano anche servire ipotesi come quelle di creare un governo di unità nazionale, che abbia come scopo la revisione di una legge elettorale, certo sbagliata, ma che è appena stata rifatta: la possibilità che le stesse persone che l’hanno approvata ne elaborino una migliore e che consenta una maggiore governabilità, non può che essere vista con estrema diffidenza. Il futuro, allora, non potrà che essere un susseguirsi di provvedimenti con poca incidenza sulla necessaria programmazione di lungo periodo, perchè sempre frutto di mediazione eccessiva ma necessaria per mantenere in vita un esecutivo debole ancora prima di nascere.
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