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Politica Internazionale
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venerdì 9 febbraio 2018
L'evoluzione internazionale del conflitto siriano
L’evoluzione della guerra siriana presenta delle varibili moto pericolose in grado di sviluppare confronti militari tra stati diversi, che cercano ancora di portare i propri interessi aldilà di una pacificazione che non arriva. Con la sconfitta dello Stato islamico la situazione siriana sembrava avere un allentamento delle operazioni militari, ma la presenza nell’area di eserciti di nazioni diverse rischia di aprire una nuova fase che va oltre il confronto interno alle fazioni del paese, per diventare una sorta di confronto tra posizioni opposte all’interno dello scenario internazionale. Da un lato la presenza russa serve a mantenere Assad al potere: senza l’esercito di Mosca, Damasco avrebbe probabilmente subito una sconfitta. La Russia, fino dalle fasi iniziali della guerra civile è stata interessata a mantenere sotto la sua influenza la Siria e ciò ha provocato la sua entrata diretta nel conflitto, giustificata nominalmente dalla volontà di sconfiggere il terrorismo islamico di matrice sunnita. Per Teheran era altrettanto importante mantenere Assad al governo, di cui è sempre stato un alleato, grazie alla vicinanza religiosa e come argine contro i sunniti, anche in ragione della volontà di limitare l’espansionismo saudita. Gli Stati Uniti, hanno a lungo provato di delegare ad altri la soluzione della crisi siriana, sperando in un intervento inglese o europeo, che non è mai arrivato. Obama ha mantenuto un profilo basso limitandosi ad appoggiare la parte più debole della ribellione, le milizie laiche e democratiche che non hanno mai raggiunto un grado di autonomia sufficiente. La volontà di Trump, inizialmente sarebbe stata quella di delegare a Putin la soluzione della questione, preferendo dedicarsi alla realtà interna, tuttavia le pressioni del Pentagono hanno obbligato la Casa Bianca ad impegnarsi nella questione in modo più diretto, anche per proteggere i tradizionali alleati curdi. Oltre a queste tre potenze sta emergendo in maniera sempre maggiore il coinvolgimento della Turchia. Ankara sta adottando un atteggiamento ondivago: all’inizio del conflitto il suo interesse maggiore era quello di determinare la caduta di Assad, un interesse coincidente con quello delle monarchie del Golfo e per il quale, probabilmente si è voluto usare lo Stato islamico come strumento di contrasto, andando, di fatto, a determinare la crescita del terrorismo sunnita. Erdogan è da tempo alla ricerca di un ruolo importante per la Turchia e la sua ambizione, inizialmente, era quella di fare rivivere l’Impero ottomano in versione moderna; le modifiche fatte alla società turca in senso religioso e quelle costituzionali hanno provocato un progressivo isolamento del paese ed una situazione interna sempre più difficile, culminata con il presunto tentativo di colpo di stato. Erdogan ha dimostrato una ossessione per il cosidetto pericolo curdo, che deve essere interpretato come occasione dell’annullamento del dissenso interno al paese e come fattore di distrazione dai problemi nazionali, per indirizzarli verso un nemico esterno. Tuttavia i curdi hanno dimostrato di essere essenziali per la strategia americana nella lotta allo Stato islamico, garantendo il presidio militare del territorio. In questa nuova fase della guerra siriana gli americani stanno difendendo militarmente i curdi e le forze democratiche ostili ad Assad, che occupano un territorio che comprende dei preziosi pozzi petroliferi, ragione che aggiunge un particolare interesse alla contesa. Gli sviluppi attuali dicono che è in corso un avvicinamento tra Russia ed Iran, già formalmente alleate, con la Turchia, che considera la sopravvivenza al potere di Assad oramai un dato acquisito in funzione anti curda. Questo fattore rischia di portare ad un confronto armato tra due paesi che sono entrambi all’interno dell’Alleanza Atlantica, generando una nuova fattispecie in grado di creare un precedente anche giuridico al suo interno. La situazione continua di possbile incidente militare, per la contiguità delle forze armate dei diversi paesi nelle zone della Siria, implica il potenziale accadimento di un incidente in grado di dare corso ad confronto diplomatico, che potrebbe avere conseguenze ancora più pericolose di un confronto militare limitato. Inoltre la presenza di milizie armate che agiscono per conto di paesi stranieri costituisce un ulteriore fattore in grado di fare ripartire il conflitto siriano su grande scala e questa volta con attori internazionali stranieri sempre più vicini.
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