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mercoledì 14 febbraio 2018
L'integrazione militare europea che non piace agli Stati Uniti
Un nuovo motivo di scontro si delinea tra gli Stati Uniti e l’Europa: quello del mercato degli armamenti nell’ambito del rafforzamento dell’Alleanza Atlantica. Uno dei punti del programma politico di Trump è quello di diminuire l’impegno militare a favore di altri stati, anche degli alleati. Per il presidente degli USA un minore impegno comporta un risparmio finanziario da destinare alla crescita americana; partendo da questo punto Trump ha più volte sollecitato, sopratutto gli stati europei, ad una maggiore partecipazione, anche economica, ai programmi relativi alla difesa. I modi con cui queste sollecitazioni sono arrivate non sono stati del tutto diplomatici, anche se occorre riconoscere, che l’atteggiamento europeo nei confronti della difesa si basava troppo sull’aiuto e sull’impegno americano. La questione ha imposto una riflessione seria nelle nazioni europee, dove è stata riconosciuta l’esigenza di programmi militari comuni nell’ambito dell’Unione. D’altra parte questa esigenza potrebbe anche favorire l’adozione di una linea comune in politica estera ed essere un fattore decisivo per l’obiettivo dell’unione politica. Anche l’uscita del Regno Unito da Bruxelles, ha costituito un ulteriore motivo di costruire nuovi strumenti in grado di favorire programmi comuni nell’ambito della difesa. Accertato, quindi, che la politica di integrazione militare dell’Unione era ormai obbligatoria si è resa necessaria la creazione di un fondo, finanziato annualmente dal bilancio dell’Unione con un miliardo di euro per gli armamenti e di cinquecento milioni per la ricerca in campo militare. L’obiettivo è anche quello di coinvolgere l’apporto dei singoli stati con contribuzioni finanziarie di importante entità. Il punto centrale del progetto è però che per accedere a questi fondi le aziende dovranno essere europee. Di fatto ciò rappresenta una chiusura per il paese che è il maggiore produttore di armi al mondo: gli Stati Uniti. Washington ha accusato apertamente Bruxelles di protezionismo, entrando in contraddizione con la politica economica inaugurata da Trump a livello nazionale, che si basa proprio sulla chiusura ai produttori stranieri; inoltre il mercato degli armamenti statunitense è da sempre riservato alle aziende locali. Secondo la politica inaugurata dall’Unione gli Stati Uniti andrebbero a perdere una quota consistente del mercato degli armamenti, sopratutto se considerato che quello dell’Unione sarà un mercato in chiara espansione, situato in una delle zone con maggiore ricchezza. All’interno dell’Alleanza Atlantica, che all’inizio aveva giudicato positivamente il piano europeo, ora se ne considerano gli effetti sotto un’ottica differente. Se dal punto di vista economico il maggiore membro dell’Alleanza avrà una perdita consistente, anche dal punto di vista politico l’influenza di Washington è destinata a diminuire proprio per quanto auspicato da Trump: una maggiore autonomia militare dell’Unione Europea. Potenzialmente questi due fattori sommati, possono creare una alterazione degli equilibri interni dell’Alleanza Atlantica, già messi in pericolo dalla posizione della Turchia, sempre più lontano politicamente da Washigton. Deve essere però specificato che la protezione militare americana costituisce ancora la parte più importante della difesa europea e che l’autonomia in questo settore non può essere raggiunta nel breve periodo, anche se i fondi a disposizione fossero molto più consistenti; quello che occorre, oltre ai materiali bellici, sono un coordinamento effettivo, che è ancora lontano, ed un livello di integrazione tra le varie forze armate dei diversi paesi, che non si può raggiungere con programmi ben definiti ed in tempi non certo brevi. Queste considerazioni espongono l’Europa ad una sorta di ricatto, che gli Stati Uniti potrebbero mettere in atto se si vedranno esclusi dal mercato che si sta per aprire. L’Unione deve valutare se rinunciare, almeno in parte, alle politiche di sviluppo militare, che è anche una occasione per la ricerca tecnologica e beneficiare così, in modo certo ancora della protezione americana o arrivare allo scontro con il suo maggiore alleato per arrivare ad una maggiore autonomia nel settore della difesa. D’altra parte gli Stati Uniti non potranno rivendicare l’accesso al mercato militare europeo se non assumeranno una posizione di reciprocità ed in ogni caso gli alleati europei sono troppo importanti nello scenario attuale caratterizzato dal protagonismo russo ed il ruolo cinese, solo per citare alcuni degli attori sulla scena. La via da percorrere sarà quella diplomatica con tutte le difficoltà del caso, ma per l’Europa l’occasione di creare una propria forza armata è unica ed obbligata.
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