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lunedì 12 marzo 2018
Dopo il voto italiano cresce l'importanza dell'azione di Berlino e Parigi, per l'Europa
Se prima del voto italiano, si poteva ipotizzare anche un ruolo importante per Roma, come partner preferenziale dell’alleanza tra Francia e Germania, per ridare centralità al progetto europeo, l’esito elettorale ha compromesso questa possibilità a causa del successo avuto dalle formazioni contraddistinte dallo scetticismo verso l'Europa. La sconfitta del Partito Democratico, principale fautore della politica europeista è stata provocata da una politica neoliberista, che è stata percepita come un tradimento dalla classe lavoratrice, che doveva essere difesa proprio da questa formazione politica; inoltre troppo pervasiva è stata la commistione con la finanza, che ha provocato il salvataggio di banche che avevano troppo usato la speculazione al posto della gestione oculata dei risparmi. L’elettore italiano si è trovato nuove alternative, guardando, però, esclusivamente alle ragioni di politica interna e ben poco alle ragioni comunitarie. Se questa analisi ha qualche elemento di verità occorre anche specificare che non solo le politiche economiche del Partito Democratico ne hanno decretato la sconfitta, ma anche l’adesione incondizionata dello scorso esecutivo alle politiche di rigore finanziario imposte da Bruxelles; così non è certamente sbagliato dire che l’Unione Europea ha contribuito in maniera preponderante alla sconfitta della forza politica italiana, che più la sosteneva. Questo assunto potrebbe sembrare un paradosso ma così non è: infatti l’aumento delle povertà, della disoccupazione giovanile e delle diseguaglianze è stata determinata dalle indicazioni obbligate di Bruxelles. Gli elettori italiani hanno capito questa causa-effetto e non hanno dato credito alle promesse di un allentamento del rigore finanziario, che l’Europa aveva promesso. In Francia non si è rischiato un risultato analogo a quello italiano, perchè contro il presidente francese c’era l’estrema destra ed i cittadini francesi avrebbero preferito qualsiasi alternativa ad un governo neofascista: infatti ora hanno un liberista, che accontenta una platea molto ridotta in fatto di economia. In Germania, il carisma della cancelliera Merkel, pur con un risultato elettorale meno evidente dei precedenti, ha permesso un accordo molto difficoltoso con i socialdemocratici, che permette di continuare il percorso europeo. In Italia non ci sono state le condizioni per permettere alle formazioni europeiste di avere un risultato elettorale accettabile, non solo in senso positivo, ma neppure di ripiego per allontanare altri pericoli. Ora il voto italiano pone delle domande eloquenti a Francia e Germania, quali protagonisti principali del percorso europeo. In altre parole quello che si è verificato con il voto italiano, che, proprio per l’importanza dell’Italia all’interno dell’Unione, non è certamente paragonabile con l’atteggiamento ungherese o polacco, rappresenta un vero e proprio allarme per la tenuta del progetto europeo, ma è anche una occasione perchè si correggano gli errori del passato, non solo per quello che riguarda i fattori economici e finanziari, ma anche per la gestione di problematiche comuni, come l’immigrazione, dove Roma è rimasta troppo sola a fare fronte all’assenza degli altri partner europei e delle istituzioni centrali di Bruxelles. Quello di cui c’è bisogno è un atteggiamento molto differente da quello tenuto fino ad ora sopratutto da Berlino, che, con la scusa del rigore continentale, ha dato più l’impressione di tutelare le proprie realtà produttive. D’altra parte mai come ora una Europa più forte ed autonoma è necessaria, dato l’inquilino presente alla Casa Bianca, che ha proprio come obiettivo quello di dividere i membri europei per trarne vantaggio sui mercati internazionali. Il ruolo di Berlino e Parigi deve essere quello di rivitalizzare la politica europea con atti tangibili che migliorino la condizione delle popolazioni europee mediante politiche espansive in grado di creare lavoro ed aumentare il reddito. Solo così si potrà limitare lo scetticismo verso la casa comune euroea, sempre più indispensabile nelle sfide imposte dalla globalizzazione e sui continui mutamenti dell’ordine mondiale.
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