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mercoledì 11 aprile 2018
Le implicazioni del probabile intervento americano in Siria
Dopo i proclami contro Assad, per il bombardamento chimico sui civili, Trump sembra avere assunto un atteggiamento più riflessivo sui tempi ed i modi della rappresaglia contro la Siria. Se è vero che una unità navale viaggia verso le coste siriane, è altrettanto vero che l’amministrazione americana stia cercando un coordinamento con paesi alleati disposti ad affiancare Washington. Per effettuare una azione efficace i tempi e la velocità di esecuzione sono i fattori principali per il successo, tuttavia il presidente americano sembra prendere tempo minacciando una dura risposta, che, però non arriva. Gli alleati, pur appoggiando a parole gli USA sono legati a valutazioni di carattere nazionale, come sta facendo la Francia o attendono le disposizioni del parlamento, come la Gran Bretagna. Fuori dall’Europa, l’Arabia Saudita, che si era detta disponibile a partecipare ad una azione contro la Siria, arrivata al momento di muoversi, sembra essere diventata più titubante. D’altro canto l’opinione pubblica americana e, sopratutto, quella che solitamente appoggia Trump, appare contraria ad impegnare le forze armate americane in uno scontro che si annuncia rischioso e che potrebbe anche diventare non certo breve. Dal punto di vista tecnico deve essere considerato che la Siria ora dispone di armamenti anti missile molto efficaci, perchè forniti direttamente dalla Russia. Poi c’è la parte di opinione pubblica che contraria al presidente americano, che crede che l’azione contro la Siria serva a distogliere l’attenzione dai problemi che Trump ha con la giustizia. Tutte queste considerazioni sono senz’altro vere, ma potrebbe essere altrettanto probabile che Trump attenda, prima di intraprendere una azione contro Assad, la sicurezza assoluta della effettiva responsabilità del regime di Damasco di avere usato le armi chimiche. Anche perchè il presidente americano percepisce una chiara diminuzione del prestigio americano in campo internazionale e, per quanto riguarda la Siria, ritiene che la responsabilità della diminuzione del peso politico statunitense sia stata dovuta all’atteggiamento di Obama, che si rifiutò di punire Assad per l’uso delle armi chimiche; in quell’occasione si permise al dittatore siriano di oltrepassare i limiti imposti dalla Casa Bianca senza intraprendere alcuna sanzione, che, probabilmente, avrebbe cambiato il corso della vicenda, senza dare avvio al lungo periodo di guerra ed anche allo sviluppo di parte consistente dello Stato islamico. Sul piano internazionale, poi, l’avere permesso ad Assad di restare al potere ha ridato modo alla Russia di ritornare protagonista sul teatro mondiale: un ruolo che Mosca aveva perso da molto tempo. Per questi motivi Trump non vuole correre il rischio di essere paragonato al suo predecessore per come ha gestito la vicenda siriana. In più è da considerare anche l’atteggiamento di Israele che è cambiato verso Damasco: se prima Assad poteva garantire una certa stabilità alla regione, la presenza sul territorio siriano di russi e di iraniani costituisce, senza dubbio, un fattore che ha già alterato i rapporti di forza e provocato episodi conflittuali molto pericolosi. Detto questo, anche se ci sarà la rappresaglia di Trump, come è molto probabile, non è credibile che il regime siriano possa essere prossimo alla fine; per gli USA è importante ritornare a ricoprire il ruolo di un tempo, quale nazione capace di esercitare la figura del gendarme mondiale, in grado di sanzionare chi trasgredisce a regole precise, come l’uso delle armi chimiche, anche in proiezione dei rapporti che si vorrano instaurare con la Corea del Nord. Importante sarà verificare come potrà essere la reazione russa, con implicazioni che potranno andare dagli equilibri della regione mediorientale, al rapporto tra i due stati, sia sotto il punto di vista politico che commerciale (pensiamo alle sanzioni tuttora presenti nei confronti di Mosca), fino ad arrivare alla questione del nucleare di Pyongyang. In questo momento la Siria è al centro del mondo e non solo per la sua guerra.
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