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mercoledì 8 agosto 2018
Tensione tra Arabia Saudita e Canada
La rottura delle relazioni diplomatiche tra Arabia Saudita e Canada, apre un nuovo fronte all’interno di un occidente sempre più diviso ed in precario equilibrio. I fatti parlano di una critica da parte canadese al mancato rispetto delle condizioni di detenzione di attivisti a favore dei diritti delle donne, in uno dei paesi più intolleranti verso il genere femminile. Esiste la forte probabilità che la critica sia vera e, che, quindi le contestazioni fatte ai sauditi siano giustificate. D’altro canto sul grado di rispetto dei diritti politici e civili da parte della monarchia saudita non possono esistere rassicurazioni o certezze. Il problema è il perchè queste critiche abbiano generato una reazione tale da decretare l’espulsione dell’ambasciatore canadese e di avere sospeso tutti rapporti commerciali e gli investimenti in Canada, da parte dello stato saudita. Uno degli obiettivi della transizione di potere che ha riguardato il paese arabo, è quello di assicurare una nuova immagine del paese agli occhi occidentali, anche attraverso la concessione di limitati diritti alle donne ed anche alle minoranze sciite. L’ambizione dell’Arabia Saudita è quella di accreditarsi come una potenza regionale moderna, meno vincolata ai dettami del più rigido orientamento sunnita. Politicamente questa nuova immagine serve ad attirare nuovi investimenti nel paese, per creare alternative all’industria petrolifera, mentre, sul piano diplomatico, serve a contrastare, all’interno anche del conflitto per la supremazia religiosa, il potere iraniano. L’avvicinamento agli Stati Uniti di Trump ha favorito una relazione preferenziale tra Washington e Riad, nella quale vanno in parte ricercate, anche le ragioni delle sanzioni della Casa Bianca contro Teheran. In questo contesto le critiche provenienti da un ministro occidentale, a favore del rilascio degli attivisti che sostengono i diritti delle donne, sono stati percepiti come una sorta di delegittimazione del processo di rinnovamento in corso nel paese saudita, di fronte all’opinione pubblica mondiale. Riad ha parlato esplicitamente di ingerenza negli affari interni dello stato, che l’Arabia potrebbe esercitare in senso inverso, nel caso le critiche canadesi non saranno interrotte. Occorre ricordare che sull’Arabia Saudita sono arrivate critiche altrettanto pesanti sugli stessi temi o su argomenti analoghi, mentre per il comportamento tenuto da Riad nella repressione yemenita le critiche sono state, giustamente, ancora più aspre; tuttavia in alcun caso precedente vi è stata una reazione paragonabile a quella attuale. Uno dei timori sauditi potrebbe essere quello di diventare troppo controllato, da parte degli stati occidentali, sul tema della violazione dei diritti umani e sulla repressione di questi attivisti, che vengono imprigionati con la scusa di attentare alla sicurezza nazionale. Collegata strettamente a questo caso si deve considerare come questa rottura diplomatica sia all’interno dell’alleanza occidentale. Il fatto che i rapporti tra Canada e Stati Uniti non siano in questo momento dei migliori, potrebbe essere una causa dell’accanimento saudita? Il livello degli investimenti sauditi in Canada, pur essendo importante, non dovebbe compromettere l’economia di Ottawa, anche se come liquidità finanziaria l’Arabia Saudita dispone di capitali consistenti. Certamente per gli standard di Trump una azione contro il Canada, in questo momento non sembra affatto sgradita. Lo scenario ha però una dimensione più ampia: le ritorsioni di Riad servono ad essere un monito contro altre eventuali rimostranze provenienti da democrazie occidentali, troppo attente al rispetto dei diritti negli altri paesi. Resta il fatto che, per ora, la questione è limitata ai due stati, senza una presa di posizione chiara e netta di Washington, che rappresenta, in teoria, il maggiore alleato per entrambi i paesi. Trump preferisce non infastidire Riad nel momento in cui attacca l’Iran con l’applicazione di nuove sanzioni e così facendo non prende posizione sul tema dei diritti, ma, allargando la visuale, sancisce un sempre maggiore distacco dalla conformazione dell’alleanza occidentale per come è stata conosciuta fino ad ora, vengono spostati equilibri consolidati per cause economiche, come nel caso del Canada, per avvantaggiare visioni geopolitiche che prediligono l’importanza dell’attuale Israele, alleato di Riad con gli iraniani. L’impressione è che il silenzio americano avvalli la reazione saudita, in nome di un interesse particolare, al quale sacrificare la battaglia sui diritti, anche se portata avanti da un alleato storico come il Canada.
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