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mercoledì 27 febbraio 2019
L'aviazione indiana bombarda il territorio pakistano
L’azione dell’aviazione militare indiana in territorio pakistano, costituisce un’anomalia in contrasto con il comportamento che Nuova Delhi è solita avere, anche in situazioni critiche, con il Pakistan. Risulta infatti molto raro che i mezzi aerei indiani oltrepassino il proprio confine. L’azione militare si inserisce in una situazione di crescente tensione tra i due paesi, sopratutto dopo l’attentato terroristico, avvenuto nel Kashmir indiano e che ha provocato la morte di 42 agenti di polizia indiani. La strategia dell’India sarebbe improntata alla prevenzione contro nuovi attentati terroristici, ritenuti molto probabili dal governo di Nuova Delhi. L’atteggiamento del pese pakistano è, per ora, quello di sminuire l’azione indiana, che secondo le fonti del Ministero degli Esteri avrebbe causato la morte di 300 militanti di organizzazioni fondamentaliste islamiche. Il Pakistan ha un duplice interesse per smentire gli effetti dell’attacco indiano: il primo è quello di non mostrare la propria debolezza nel difendere le proprie frontiere, ma è il secondo quello che viene ritenuto più importante dagli analisti: la conferma delle vittime del bombardamento in territorio pakistano, implicherebbe anche l’ammissione dell’esistenza dei campi di addestramento dei fondamentalisti islamici nelle zone al confine con l’India. Queste formazioni terroristiche sarebbero vicine ad Al Qaeda ed inserite nella lista dei terroristi stilata dalle Nazioni Unite, fin dal 2001. L’avversione di queste milizie contro l’India è un dato risaputo ed i sospetti di connivenza con il governo pakistano sono presenti da tempo, sia a Nuova Delhi, che a Washington; la posizione ambigua del governo pachistano verso i terroristi islamici provoca da tempo scarsa fiducia da parte degli Stati Uniti e dell’Alleanza Atlantica ed in questo caso si può anche sospettare un uso strumentale dei fondamentalisti per alzare il livello del contrasto lungo la frontiera tra i due paesi e colpire l’India in maniera indiretta. Resta il fatto che in questo momento il paese indiano si è reso protagonista di un atto che, formalmente, può essere definito di guerra contro un’altra nazione invadendo il suo territorio, sebbene per un periodo limitato di tempo. La cautela del Pakistan, che non ha attuato neppure proteste di tipo diplomatico, aumenta i sospetti su Islamabad, ma non n permette di capire in maniera completa le intenzioni del governo pachistano. Se, da un lato, vi è tutto l’interesse a minimizzare l’accaduto per evitare ammissioni compromettenti, dall’altro lato vi è il timore che il Pakistan abbia intrapreso una nuova tattica nella guerra non dichiarata contro l’India e che con l’uso di terroristi persegua un pericoloso intento di destabilizzare la zona di frontiera, da sempre oggetto di contenzioso tra le due parti. Nonostante sia superfluo ricordare che entrambi i paesi siano potenze nucleari, questo dato non deve essere tenuto ben presente per cercare di effettuare una previsione degli scenari possbili. Inoltre si devono considerare altri attori che sono presenti nello scenario: la Cina, tradizionale avversario regionale dell’India, che sta operando in Pakistan con grandi investimenti, mentre gli Stati Uniti sono più vicini a Nuova Delhi, anche se il Pakistan resta un alleato inaffidabile, ma strategico nella questione afghana. L’intreccio di interessi internazionali è completato con la voglia di riemergere di organizzazioni come Al Qaeda, come già detto molto vicina ai terroristi pachistani, che potrebbe cercare di riempire il vuoto lasciato dallo Stato islamico lanciando una campagna terroristica su vasta scala, come è nella propria modalità di azione, che potrebbe ricomprendere anche la frontiera tra Pakistan ed India proprio come fattore di risalto e risonanza mondiale. L’impressione è che l’azione dell’India possa segnare uno sviluppo importante e molto pericoloso nella questione indo pachistana, con conseguenze largamente imprevedibili, che la diplomazia internazionale dovrà monitorare costantemente per evitare che la crisi abbia pericolosi allargamenti.
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