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lunedì 18 marzo 2019
Per Londra si avvicina la scadenza dell'uscita dall'Unione, nella più totale incertezza
Forse i parlamentari inglesi, di qualsiasi partito, stanno pensando che
il Regno Unito possa accedere ai benefici di una transizione senza alcun
accordo di ritiro, tuttavia, come ha specificato il negoziatore
dell’Unione, senza accordo non vi è transizione. La negoziazione
prevista dall’articolo 50 sembra essere fallita ed il pericolo di una
uscita inglese dall’Unione Europea senza accordo è più concreta che mai.
Ora la Camera dei Comuni vuole provare a verificare quanti consensi
potrebbe ottenere la proposta di un nuovo referendum: attenzione si sa
già che questa proposta verrà respinta a maggioranza, quello che si
vuole verificare è soltanto se il numero di favorevoli può indicare una
nuova strada da percorrere. Questo fatto è il simbolo dell’inconcludenza
inglese ed il fatto che si verifichi a pochi giorni dalla scadenza del
29 marzo è abbastanza eloquente. Sarebbe anche arrivata la proposta di
Macron per are ancora un tempo tecnico, comunque prima delle elezioni
europee, per consentire agli inglesi di trovare una soluzione in
extremis. Questa soluzione sembra essere gradita al governo di Londra,
che spera ancora di trovare un sistema per consentire un uscita
concordata con Bruxelles. La domanda è se ciò ha un senso. Se si
comprende l’esigenza di mantenere un rapporto privilegiato tra UE e
Regno Unito, dall’altra parte non si capisce come all’interno della
Camera dei Comuni si possa arrivare ad un accordo. Infatti, se dalla
parte continentale c’è la consapevolezza ed anche la certezza di avere
cercato in ogni modo una soluzione concordata, non si può avere una
sensazione reciproca dalla parte oltre il Canale della Manica. La
percezione è che a Bruxelles ci sia una certa irritazione più che
giustificata, che induce ad una stanchezza in una eventuale prosecuzione
delle trattative e ciò non può che influenzare negativamente altri
incontri potenziali. Aldilà delle valutazioni oggettive si deve tenere
conto principalmente di quale sarà l’orientamento dei ventisette paesi
europei, che dovranno decidere se concedere una eventuale proproga sulla
base delle motivazioni che Londra vorrà presentare, una decisione che
dovrà essere all’unanimità e quindi più difficle da raggiungere. Il
confine delle elezioni europee rappresenta un ostacolo per entrambe le
parti: per Bruxelles che non vuole avere deputati inglesi, ne per Londra
per cui lo svolgimento della competizione elettorale europea
rappresenterebbe il tradimento del voto referendario e l’ufficialità
dell’incapacità della propria classe politica. Quindi una decisione
dovrà arrivare per forza o il 29 Marzo o prima delle elezioni europee,
che, ha questo punto, sono una data fondamentale, per arrivare alla
decisione inglese. Certamente questa scadenza obbliga Londra ad una
decisione in tempi stretti, quale che sia, senza avere lapossibilità di
nuove elezioni che potrebbero favorire un quadro più chiaro della
situazione. Deve, però, essere ricordato, che dal risultato del
referendum il tempo era sufficiente per arrivare a prendere una
decisione in tempo utile senza ridursi in questa maniera. Per il resto
dell’Europa questa vicenda rappresenta una lezione, di cui, si spera non
ci sia bisogno di ricorrere, ma che può servire per tenere un
atteggiamento meno disponibile con chi non vuole condividere i
sentimenti di appartenenza all’Unione. Il Regno Unito godeva già di
privilegi più ampi degli altri membri ed indugiare in ulteriori favori
non appare giusto e neppure utile alla causa comune.
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