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giovedì 4 aprile 2019
Il Regno Unito cerca una ulteriore proroga per evitare l'uscita senza accordo con l'Unione Europea
Il difficle compromesso raggiunto tra la premier inglese ed il partito dei Laburisti all’opposizione e passato per un solo voto al parlamento di Londra, non risolve ancora la questione dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. In sostanza la mozione ha approvato la richiesta di un ulteriore rinvio a Bruxelles per evitare l’uscita senza accordo prevista per il 12 Aprile. La premier inglese ed il partito Laburista hanno concordato la formazione di un gruppo di lavoro, peraltro molto contestato all’interno dei partiti conservatore e laburista. Sopratutto in quest’ultimo si fa sempre più pressante l’esigenza di un nuovo referendum, ora che la popolazione dovrebbe avere più chiare le conseguenze dell’allontanamento da Bruxelles. Se questo ennesimo tentativo avrà successo è tutto da verificare e sul continente la sfiducia è piuttosto elevata. Il leader laburista propende per una forma di collaborazione con l’Unione, per evitare le conseguenze economiche più pesanti, la formula tecnica è, di fatto, una unione doganale, ma questa definizione dovrà essere rivista con una nuova denominazione che ne permetta l’inserimento nella dichiarazione politica, che dovrà essere il documento ufficiale con cui il Regno Unito dovrà uscire dall’Unione. Questa determinazione esplica in maniera chiara come i conservatori non vogliano provocare gli euro scettici ed i fautori della più ampia sovranità britannica. Però queste incertezze denotano, che, oltre alla sostanza, si stia guardando troppo alla forma e ciò significa che l’incertezza è ancora assoluta. Del resto anche nel partito Laburista non vi è una direzione unica, lo stesso leader è stato quasi obbligato dai suoi parlamentari a sedersi al tavolo delle trattative con la Premier inglese e le pressioni per un nuovo referendum sono sempre più frequenti. Questa eventualità potrebbe essere condivisa anche da parte di alcuni conservatori, mentre sul piano sociale è una istanza propria delle classi sociali più elevate, dei grandi centri urbani, della Scozia a cui si oppongono le zone della provincia rurale ed i ceti più bassi, che non hanno ancora compreso come le conseguenze peggiori dell’economia ricadranno principlamente su di loro. L’Unione Europea ha accolto con scetticismo la nuova evoluzione inglese, che arriva a tempo abbondantemente scaduto, tuttavia per evitare l’uscita senza accordo viene lasciata a Londra una possibilità per elaborare, entro il 12 Aprile, una soluzione condivisa tra le forze politiche inglesi, che può consentire di posticipare l’uscita non oltre il 22 Maggio. La data del 12 Aprile è obbligata perchè è l’ultima scadenza per confermare o meno la partecipazione alle elezioni europee. Una eventuale presenza inglese alla competizione elettorale europea non è assolutamente ipotizzabile per l’opposizione degli altri paesi europei, che vogliono evitare un rafforzamento dei nazionalisti, dei populisti e di tutte le formazioni che vogliono indebolire l’Unione. La volontà della Commissione europea è quella di evitare l’uscita senza accordo, tuttavia, ha avvertito il Presidente Juncker, l’Unione deve essere pronta a questa eventualità, che continua ad essere ritenuta la più probabile dopo la serie di fallimenti interni al regno Unito. I requisiti di base che il Regno Unito, in ogni caso, dovranno assicurare la protezione dei diritti dei cittadini europei, il rispetto degli impegni finanziarie ed una soluzione per l’isola irlandese, in grado di assicurare il mercato interno e di non compromettere il processo di pace. La questione non è quindi conclusa, ma si avvia ad una ultima fase di incertezza che, alla vigilia delle elezioni europee, diventa un fattore di instabilità in una competizione elettorale dove il peso delle forze antieuropee ed anche delle possibili influenze esterne (vedi Russia) costituiscono delle componenti di disturbo di non poco conto.
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