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lunedì 3 giugno 2019

L'Europa potrebbe essere denunciata per crimini contro l'umanità nella gestione dei flussi migratori

L’obiettivo di un gruppo di avvocati è quelo di portare l’Unione Europa come imputato davanti alla Corte Penale Internazionale. L’accusa verso Bruxelles ed i suoi funzionari, oltre che per i rappresentanti dei paesi membri presso la commissione dei crimini contro l’umanità,  sarebbe gravissima: avere usato la Libia, paese non sicuro per i migranti, di avere gestito la riduzione del flusso migratorio per l’Europa. Detta in questo modo l’accusa sfiora l’ovvietà, ma le implicazioni della gestione libica dei migranti comprendono l’uso di abusi violenze e stupri perpetrate anche nei confronti di minori, oltre che di persone indifese. Certamente l’accusa contro l’Unione Europea non è di definirla direttamente responsabile materialmente delle violenze, ma quella di avere usato la Libia in maniera funzionale alla riduzione dei flussi migratori, avendo la consapevolezza delle condizioni attraverso le quali queste riduzioni venivano raggiunte. Se, da un lato, l’azione è sicuramente meritoria, la denuncia arriva a rendere l’evidenza giuridica di una vicenda ben nota, grazie alle cronache documentate dalla stampa e denunciate più volte dalle organizzazioni umanitarie.  Nelle 242 pagine della denuncia al Procuratore della Corte viene stimato che tra il 2014 e circa la metà del 2017 almeno 14.500 persone siano annegate nel tratto di mare tra Libia ed Italia, mentre 40.000 migranti siano stati intercettati e riportati nei campi profughi libici, dove vige la detenzione e la tortura.  La collaborazione tra la marina libica e le autorità europee è cosa accertata e sicura e tecnicamente, i libici non avrebbero la capacità di agire inmaniera tale da intercettare i migranti di fronte la proprio mare, senza un adeguato supporto. Le smentite delle isituzioni europee, di avere agito in accordo con le autorità libiche per la garanzia dei diritti umani, sono più volte state smentite da inchieste e testimonianze circa la situazione di gravi violazioni accertate nei campi profughi libici, dove i migranti sono costretti a subire situazioni degradanti e dove sono costantemente a rischio della vita. Uno dei problemi circa la possibile indagine della Corte Penale Internazionale è la verifica della sua indipendenza dall’Unione Europea, che è uno dei principali sostenitori. Dal punto di vista politico, questa denuncia, evidenzia la strategia errata dell’Unione di fare gestire il problema migratorio da altri soggetti internazionali, la Libia, appunto, e la Turchia, senza avere la capacità di una gestione diretta del problema, che è conseguenza dei grandi contrasti su questo argomento tra gli stati membri, dall’incapacità di fare rispettare le decisioni comuni ai membri riottosi e sostanzialmente, dall’assenza di una programmazione e capacità di previsione del fenomeno.  A parte le ovvie e condivisibili considerazioni di natura umanitaria e legale, che sono alla base della denuncia, la questione investe la natura politica della gravità del fatto: per risolvere un problema di portata comunitaira si preferisce delegare un’altro soggetto, andando addirittura ad operare nelle sue acque nazionali, per evitare che l’obbligo di soccorso internazionale costringa i membri dell’Unione ad accogliere i profughi. Occorre ricordare che in paesi molto meno avanzati dell’Unione, come la Giordania o il Kenya, per fare alcuni esempi, si organizza l’accoglienza senza ricorrere ad intermediari di dubbia garanzia. Questo mette in evidenza il fallimento delle politiche europee e, sul piano dell’immagine, arreca un danno rilevante ad una isitutzione come quella europea costruita su altri vincoli. Le previsioni degli esperti dicono che questo genere di cause difficilmente può avere successo, tuttavia avere certificato e portato alla ribalta della platea internazionale le pratiche scorrette dell’Unione Europea, può determinare un diverso sentimento comune ed una diversa sensibilità rispetto ad un problema che non può essere affrontato con l’intenzione di nasconderlo come ha fatto finora Bruxelles. Anche in un quadro politico dove gli assetti sono cambiati, il problema migratorio e gli aspetti ad esso connessi non può essere gestito in maniera violenta e contro le leggi internazionali: almeno la denuncia potrà avere il merito di una nuova attenzione al fenomeno.

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