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mercoledì 5 giugno 2019
Trump vuole veramente imporre i dazi sul Messico?
La guerra sui dazi che ha intrapreso la casa Bianca con Pechino, ha avuto come risultato collaterale quello di aumentare le esportazioni dal Messico verso gli USA, creando uno sbilanciamento economico di circa 22.700 milioni di dollari, nei primi tre mesi del 2019, a favore del paese messicano. Per la visione di Trump, che non vuole deficit negativi con ogni singolo paese la situazione con il Messico è una questione da risolvere. Tuttavia l’interscambio con il paese messicano ha risolto, almeno in parte, la mancata importazione dalla Cina per le aziende americane, che, infatti, sono contrarie all’introduzione dei dazi nei confronti del Messico, proprio per la difficoltà di sviluppare i loro prodotti. Politicamente la questione è ancora più complessa, perchè investe due aspetti della politica americana: il primo è l’immigrazione illegale proveniente dal Messico, usata come mezzo per evitare l’introduzione dei dazi, il secondo riguarda le norme del trattato di libero scambio tra USA, Messico e Canada, liberamente sottoscritte dagl Stati Uniti, che verrebbero violate dal presidente americano. Il ricatto di Trump sull’immigrazione illegale costringerebbe il Messico a contenere entro le proprie frontiere l’emigrazione verso gli Stati Uniti proveniente sia dal paese messicano, che dagli stati del centro e sud america, che usano il percorso messicano per raggiungere il paese statunitense. In poche parole Trump sostituirebbe il muro che non è riuscito a costruire con un muro virtuale costruito dalla minaccia di introduzione di dazi crescenti al 5% al 25% sui prodotti messicani, se Città del Messico non conterrà il traffico di persone verso gli Stati Uniti. Ora, al netto delle valutazioni di carattere umanitario, la possibile introduzione di queste tariffe doganali sarebbe una violazione del trattato di libero scambio, i cui negoziati sono durati un anno e mezzo e che Trump stesso ha firmato. Dal punto di vista dell’affidabilità del presidente e degli stessi USA, si tratterebbe dell’ ennesima prova di inattendibilità dell’inquilino della Casa Bianca e, quindi, degli stessi Stati Uniti, che vedrebbero diminuito il loro prestigio internazionale per l’ennesima volta. C’è però un problema, che è rimasto relativamente nascosto finoad ora: i benefici del trattato, per tutti e tre i paesi firmatari, non sarebbero poi così evidenti; inoltre all’interno del Congresso americano la quasi totalità dei democratici, ma anche diversi esponenti del partito repubblicano sarebbero contrari alla ratifica dell’accordo. Questo stato di cose potrebbe avere creato le condizioni per una operazione tattica da parte di Trump, per cercare di modificare le condizioni del trattato ed, insieme, sfruttare l’occasione per riportare la centro dell’attenzione il problema dei migranti irregolari, che rientrava nel suo programma elettorale. Quanto alla minaccia che l’imposizione dei dazi diventi concreta però, come già detto, le condizioni dell’industria americana non permetterebbero la pratica di questa politica, che andrebbe a danneggiare la produzione statunitense; Trump conscio di questa condizione sfavorevole, unita all’opposizione del Congresso, sembra, alla fine, avere voluto sfruttare a suo vantaggio una situazione sulla quale non può effettivamente incidere. Il calcolo del presidente americano sembra essere diretto a compiacere la parte dei suoi sostenitori elettorali più a destra, quelli contro l’immigrazione clandestina, la componente a cui era piaciuta di più, in campagna elettorale, la promessa della costruzione del muro. D’altronde il 2020 è vicino e la campagna elettorale sta per incominciare.
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