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venerdì 6 dicembre 2019

Gli interrogativi rimasti nel vertice dell'Alleanza Atlantica

Il recente vertice dell’Alleanza Atlantica ha messo in rilievo parecchie differenze di opinione tra i membri ed ha lasciato in sospeso più di una questione. Se, da una parte gli USA continuano a focalizzarsi sull’aspetto economico, tralasciando in modo colpevole i temi strategici e geopolitici, gli altri membri sembrano impegnati in una diatriba sulla reale funzionalità dell’alleanza, la Francia, o su aspetti troppo peculiari di interesse singolo, la Turchia, o, ancora di natura troppo particolare, come i paesi dell’ex blocco sovietico. Quella che è mancata è stata una visione comune capace di rispondere alle rinnovate esigenze del panorama internazionale, quindi con qualche ragione francese, e di intraprendere una direzione condivisa in grado di focalizzare gli interessi comuni. Definire genericamente come nemico il pericolo del terrorismo, sotto il quale ricadono diverse istanze, anche contrapposte, non pare sufficiente ad una azione condivisa contro i reali pericoli, chesono l’instabilità mondiale sempre più diffusa e l’insorgenza della Cina. Sopratutto nei confronti di Pechino andrebbe adottato un atteggiamento maggiormente guardingo in virtù di considerazioni che sono oggettive. Washington non condivide l’impostazione di Pechino di volere coinvolgere sempre più le Nazion Unite nelle risoluzioni delle crisi, ma, sopratutto  con la presidenza Trump, ha optato per un isolamento, che non la pone più al centro della scena internazionale. Questo perchè ha voluto inseguire la Cina sulla strada degli interessi economici prioritari, ingaggiando battaglie commerciali, che hanno provocato una distrazione, anche voluta dal suo ruolo internazionale. Ciò ha lasciato un margnie di manovra molto ampio alla Cina, che grazie alla sua liquidità ha saputo sfruttare e creare occasioni ci contatto sempre più ravvicinato con i paesi dell’Alleanza Atlantica. Se, in via di principio, si possono anche condividere le intenzioni di coinvolgere maggiormente le Nazioni Unite nelle gestioni delle crisi internazionali, occorre sempre tenere presente che l’interlocutore cinese non è una democrazia, ma come dimostra il comportamento con i musulmani cinesi, è una dittatura delle più dure. Purtroppo il modello cinese affascina diversi leader politici occidentali: una riduzione democratica consente una maggiore libertà di governo e permette una azione politica più incisiva perchè meno limitata. Inoltre alla popolazione viene offerto in cambio della rinuncia ai diritti politici un maggiore accesso alle merci ed anche una sicurezza più garantita, che sono temi funzionali e condivisi dagli ambienti economici e finanziari. Questa direzione, come dimostrano le proteste mondiali nei sistemi politici non democratici, favorisce soltanto l’instabilità e, proprio per questo dovrebbe essere osteggiata nell’Alleanza Atlantica, per prima cosa anche nei confronti dei suoi stessi membri come la Turchia ed anche la Polonia. In più la condizione marginale in cui si è relegata l’Unione Europea, per l’assenza di un progetto politico, non favorisce un dibattito necessario capace di fornire il necessario indirizzo all’interno dell’Alleanza Atlantica. Soltanto il presidente francese, con tutti i suoi difetti, ha provato a scuotere l’alleanza chiedendo una maggiore integrazione ed un maggiore rispetto delle regole (come ha fatto nei confronti della Turchia, biasimata per avere colpito i curdi, alleati dell’occidente nella lotta contro lo Stato islamico). Il vertice di Londra si è concluso in maniera equivoca e, sostanzialmente, con un nulla di fatto ed ha lasciato molti interogativi sul futuro di un’alleanza che ha senz’altro perso molta della sua capacità di manovra, prima di tutto politica, ma anche geostrategica. Resta la potenza militare, necessaria, certo, ma che è poca cosa senza un progetto cpace di proiettare, non solo nel futuro, ma sopratutto nel presente gli ideali occidentali. DI interessi non si può parlare perchè all’interno dell’Allenza Atlantica ce ne sono troppi e che sono spesso in contrasto tra di loro ed è proprio su questo che dovrebbe essere avviato un vero processo di revisione dello stesso trattato che dovrebbe essere basato su di una visione strategica improntata sui valori occidentali ed alla reale collaborazione, con l’obiettivo principale di mantenere la pace. Tutto il resto poi potrà venire di conseguenza.

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