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Politica Internazionale
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lunedì 9 dicembre 2019
La strategia russa nel Mediterraneo
La Russia deve tenere fede alle sue ambizioni geopolitiche, per compensare alle distanze che Mosca ha nei confronti di USA e Cina in termini di potenza economica e peso politico internazionale. Putin ha da tempo imbastito una strategia di intervento in crisi regionali di interesse mondiale, che hanno riportato la Russia al centro dell’attenzione diplomatica. Il Cremlino ha individuato l’area del Mediterraneo come interesse primario nel qualeesplicare la propria azione. Una delle possibili ragioni è la debolezza politica dell’Europa e la sua alta ricattabilità, attraverso la gestione dei flussi migratori. Ma ancora prima diqueste ragioni vi è la necessità di una presenza militare, ritenuta essenziale fin dai tempi dell’Unione Sovietica all’interno del Mediterraneo, visto come fattore strategico per azioni di disturbo agli avversari americani. Un dei motivi iniziali dell’appoggio ad Assad, nella questione siriana, è stata la certezza di potere disporre del porto di Tartus, da anni base nel mediterraneo della marina russa. Il progressivo ritiro americano dal suo ruolo di prima potenza mondiale ha favorito l’ingresso in Siria delle truppe russe e l’esercizio della strategia di Putin di accreditare Mosca nel ruolo di grande potenza, anche senza avere tutte le prerogative del caso; tuttavia l’azione in Siria ha dato alla Russia solidi fondamenti per giocare un ruolo primario nella crisi mediorientale, spesso alternando azioni militari con iniziative diplomatiche e permettendo di conseguire l’obiettivo principale, che era il mantenimento al potere di Assad, ormai dipendente in tutto e per tutto dal Cremlino. Ciò ha permesso anche una vicinanza più stretta con l’Iran, basata sulla comune avversione agli Stati Uniti e sull’interesse reciproco di mantenere lo status quo in Siria. Ora lil raggio di azione si sposta sulla Libia; da tempo l’influenza italiana è notevolmente ridotta, nel paese nordafricano è in corso una guerra civile, favorita anche dall’ambiguo comportamento francese, che ha da tempo, a sua volta, ambizioni sulle riserve petrolifere libiche: situazione che denota la presenza di interessi contrastanti all’interno dell’Unione Europea, con Bruxelles che non si adopera per dirimere la questione, ne per creare i presupposti di un intervento essenziale, sopratutto in materia di immigrazione. Un quadro dove la Russia individua delle opportunità per la sua politica estera. In pratica le modalità di Mosca per entrare sullo scenario libico assomigliano ad uno schema già collaudato: l’entrata sul campo di battaglia di mercenari senza insegne al fianco del governo non legittimo, per rovesciare l’esecutivo appoggiato dall’opinione pubblica internazionale. In un caso di sostanziale equilibrio l’ingresso dei mercenari russi, che non si muovono certo senza l’assenso del Cremlino, sbilancerebbe la situazione a sfavore del governo di Tripoli; in parallelo il ministro degli affari esteri russo ha intrapreso una azione diplomatica dove asserisce il contrario del potenziale risultato dell’intervento, attuando una classica tattica basata sull’ambiguità per consentire alle forze russe di agire indisturbate sullo scenario libico; si tratterebbe dell’obiettivo di guadagnare tempo per presentare all’opinione pubblica la nuova situazione ormai definita. Una influenza russa sulla sponda meridionale del Mediterraneo, sarebbe ancora più negativa per le ripercussioni sulla gestione dei flussi migratori, che sulla questione energetica. Potrebbe significare la presenza costante di navi militari russe pericolosamente vicine alle basi dell’Alleanza Atlantica, oltre che una vicinanza troppo contigua con i paesi europei, nei confronti dei quali Mosca ha cercato di usare in maniera subdola la propria influenza, attraverso mezzi cibernetici in occasione di appuntamenti elettorali. L’immagine che Mosca fornisce di se, sul piano internazionale è una sostanziale conferma di un giocatore che non rispetta le regole e che si fa sempre più intraprendente nel cercare di entrare in zone abitualmente sotto l’influenza di altri stati. Questo aspetto non è da sottovalutare per potere prevedere e prevenire scenari futuri, un aspetto che arriva quasi sui confini europei e che dovrebbe provocare una adeguata risposta europea da parte di Bruxelles ed accelerare quei processi necessari a gestire in maniera immediata situazioni come questa; ma ancheper gli USA deve scattare un allarme da non sottovalutare: ripetere l’errore siriano significherebbe ridurre la credibilità di Washignton ed il suo peso specifico su ambiti regionali, che, in qualche modo erano controllati dalla potenza americana.
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