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mercoledì 29 luglio 2020
Lo sfruttamento riguarda dieci milioni di minorenni
Lo sfruttamento delle persone nel mondo riguarda oltre 40 milioni di persone, superiore al numero di abitanti di paesi come Canada e Polonia o Iraq. Si tratta di un fenomeno che, per lo più rimane nascosto ed alimenta lo sfruttamento del lavoro minorile o la tratta degli esseri umani, impiegati come schiavi in diversi settori produttivi, non solo in paesi senza alcuna tutela dei diritti, ma anche in democrazie occidentali. Certamente una delle cause di incremento di questo fenomeno sono le forzate emigrazioni delle popolazioni colpite da guerre, carestie e difficile situazione politica degli stati di provenienza. Queste emigrazioni, che avvengono senza alcuna tutela e protezioni da parte dei paesi ricchi, che anzi spesso le osteggiano in diversi modi, e delle organizzazioni internazionali mettono in condizione di debolezza persone abbandonate a se stesse e facile preda delle organizzazioni malavitose. Quindi sulla questione politica, ma anche sanitaria, si va ad innestare una questione legale che riguarda tutti, perché, oltre a favorire lo sfruttamento delle persone, favorisce la crescita delle organizzazioni criminali, che trovano con facilità una manodopera a costi bassissimi o nulli. Dei 40 milioni di persone che riempiono le statistiche dello sfruttamento, si stima che quelle sotto i 18 anni, i minorenni, siano circa dieci milioni, una percentuale, quindi, del 25%. Questo dato rende ancora più grave la rilevanza del fenomeno, soprattutto se si pensa che l’impiego che riguarda la maggioranza di questi minori è connesso con lo sfruttamento sessuale. La pandemia ed il conseguente lockdown, ha creato un incremento della domanda di servizi a contenuto erotico, con il consumo cresciuto anche del 30% in alcuni stati europei; questi servizi, profondamente connessi con il crimine cibernetico, impiegano sempre più minorenni, con una prevalenza, di circa il 68% del totale, un dato però fermo al 2016 per l’Europa, di persone di sesso femminile. Che il dato del 68% femminile del totale degli sfruttati minorenni non sia più stato aggiornato da quattro anni rappresenta un fattore eloquente anche per quanto riguarda le possibilità e le volontà di contrasto del fenomeno; occorre anche ricordare che la chiusura imposta dalle istituzioni delle scuole, seppure giustificata, ha eliminato un fattore di controllo e prevenzione sociale, che ha favorito l’utilizzo dei minorenni in impieghi nel lavoro sommerso ed illegale. La pandemia ha comunque accentuato un fenomeno già presente, che ha le sue basi in quelle comunità etniche dove gli introiti finanziari si basano sull’illegalità e che sfruttano lo stato di necessità e l’assoluta debolezza, rappresentata dal fatto di essere al di fuori dei propri paesi, delle vittime. L’aspetto dello sfruttamento minorile, pur se presente anche nelle nazionalità dell’Unione, ha logicamente una provenienza connessa con l’immigrazione, specialmente quella clandestina e la presenza dei movimenti contrari agli stranieri, sposta l’attenzione politica che sarebbe necessaria per la tutela dei minori a causa anche dei sempre minori investimenti in prevenzione e controllo, basata sulla rete che possono fornire gli enti locali, che si sono visti decurtare i contributi centrali. Sebbene il caso dello sfruttamento sessuale sia il più increscioso, per gli ovvi risvolti morali, i settori coinvolti sono anche altri e comprendono anche il commercio, la ristorazione ed il terziario. Risulta così essenziale che a livello europeo occorrano leggi preventive e repressive del fenomeno, ma anche un maggiore coordinamento delle polizie nazionali e, soprattutto, un atteggiamento univoco verso la questione migratoria, di cui questo fenomeno fa parte ed è ricompreso. Tollerare in Europa, che dovrebbe essere la patria del diritto, simili violazioni significa screditare l’intero impianto legale del vecchio continente. Non è facile conciliare le diverse posizioni sui migranti, ma, almeno, assumere una posizione unitaria sulle violazioni dell’infanzia e dell’adolescenza, anche di chi proviene dall’estero in maniera non legale, dovrebbe rappresentare un punto sul quale l’unità di vedute dovrebbe essere garantita. La questione rientra anche nel contrasto alle organizzazioni che sfruttano il traffico di esseri umani prima, durante e dopo l’arrivo dei migranti, guadagnando da proventi illeciti e quindi rinforzandosi sempre di più con maggiori entrate economiche. Legislazioni più severe con pene maggiori e prevenzione con strutture adeguate e capaci di intercettare i casi specifici saranno anche un investimento contro la malavita interna e proveniente dall’estero.
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