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mercoledì 30 settembre 2020
Il dibattito per le presidenziali USA: triste simbolo della politica americana
Il dibattito per le elezioni presidenziali degli Stati Uniti ha evidenziato la trasformazione della politica americana, ormai lontanissima dalle caratteristiche che vedevano i suoi due partiti maggiori su posizioni similari e con poche differenze. La personalizzazione della politica, a discapito dei programmi, si è affermata parallelamente alla progressiva radicalizzazione delle posizioni più estreme, basate sempre più su preconcetti ed idee politicamente scorrette. Il populismo sempre più esasperato ha provocato un arretramento dei modi del confronto, causato anche da uno svuotamento della politica e, soprattutto, del valore dei politici, allineati sempre più verso valori bassi. Questo processo ha riguardato entrambi gli schieramenti, anche se in maniera più netta il Partito Repubblicano, che è stato svuotato dal suo interno dal suo aspetto conservatore per abbracciare i temi di movimenti come il Tea Party, di cui Trump è il tragico prodotto. Nei democratici questa involuzione è stata più sfumata, ma l’impressione di essere un partito legato alla finanza ed ai grandi interessi economici ha determinato la diserzione dalle urne dei suoi elettori determinando la sconfitta di una candidata impresentabile come la Clinton. La moderazione dei democratici ha creato una spaccatura con la sinistra del partito, che appare tenuto insieme soltanto dalla legittima contrarietà alla figura del presidente in carica. Con queste premesse il dibattito tra i due candidati ha rispettato le previsioni di un confronto dove sono mancate le analisi sui rispettivi programmi a favore di una serie di insulti e sgarbi reciproci, che non hanno dato niente al dibattito generale e nessuna indicazione per chi deve ancora decidere. Trump ha accusato di più la sopportazione dello sfidante ed ha avuto momenti di grande difficoltà, mentre Biden ha dimostrato, andando contro il pronostico, un notevole autocontrollo, che lo ha consentito una prova, alla fine, migliore di quella dell’avversario. Occorre però ribadire che i due hanno intrapreso un duello personale, senza spiegare come intendono governare e con quali programmi, uno spettacolo indegno per la carica che andranno a ricoprire, del tutto inutile per gli elettori e per l’opinione pubblica internazionale. Certamente il rifiuto di Trump di condannare i suprematisti bianchi, se è una chiamata al voto di una certa parte dell’America profonda, dall’altra può costituire un richiamo ai seggi per gli afroamericani, spesso assenti, in favore di Joe Biden; ma la cosa più inquietante rimane il possibile rifiuto di una sconfitta da parte del presidente in carica: uno scenario mai visto nella politica americana, che evoca una situazione di estremo pericolo proprio per la presenza di una radicalizzazione così esasperata. Le reti ed i giornali progressisti hanno dato la vittoria a Biden per il suo autocontrollo da politico espero di fronte alle provocazioni gratuite di Trump, in maniera speculare i media conservatori hanno dato la vittoria a Trump, ma, in realtà, entrambe le parti sono coscienti che il dibattito non ha spostato un solo voto, anche se alcune analisi dicono che la maggioranza degli spettatori era democratica ed anche gli indecisi erano superiori ai repubblicani davanti alle televisioni e proprio tra i telespettatori indecisi si sarebbe registrato un maggiore favore verso Biden. Si tratta però di dati non sicuri, al contrario della raccolta dei finanziamenti per le rispettive campagne elettorali, dove Biden è in netto vantaggio, cosa che, peraltro, non gli assicura la vittoria, così come i sondaggi che lo danno avanti: il ricordo della sconfitta della superfavorita Clinton è un monito sempre presente.
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