Il Premio Sacharov, istituito dal 1988 dal Parlamento europeo, con lo scopo di riconoscere persone ed organizzazioni che si sono distinte nella difesa dei diritti umani e delle libertà fondamentali e già conferito, tra gli altri a Nelson Mandela, è stato assegnato per il 2020 all’opposizione presente in Bielorussia, a seguito delle iniziative intraprese contro il dittatore Lukashenko. Non è la prima volta che l’azione contro il dittatore di Minsk, viene premiata con il premio Sacharov, infatti già nel 2004 il riconoscimento venne assegnato all’Associazione bielorussa dei giornalisti e nel 2006 all’esponente politico Aleksander Milinkevich. Nello specifico l’edizione 2020 del premio è stata assegnata al Consiglio di coordinamento dell’opposizione bielorussa, il gruppo che doveva essere il garante per la riuscita della transizione di poteri. Fin dalla sua costituzione il Consiglio di coordinamento è stato perseguito dal governo di Minsk per l’accusa di incitamento a disordini sociali e di pregiudicare la sicurezza nazionale: ragioni che ne hanno decretato la natura incostituzionale. La candidata alternativa a Lukashenko, Svjatlana Tichanovskaja, è considerata la guida morale del Consiglio, per la sua azione politica contro la dittatura, fattore che per cui è stata obbligata all’esilio in Lituania; sconfitta nelle elezioni farsa del 9 agosto, con una percentuale ufficiale di voti a favore di Lukashenko di circa il 90%, la candidata è stata minacciata personalmente, così come la sua famiglia e l’altra leader del movimento Maria Kolesnikova è stata incarcerata dallo scorso 8 settembre. Le elezioni sono state palesemente truccate, con un risultato che è in contrasto con tutti i sondaggi al di fuori di quelli del regime e con una percentuale che è stata una manifestazione di arroganza, ma anche di stupidità, del regime. Le manifestazioni che sono seguite alla proclamazione della vittoria di Lukashenko sono state imponenti, tanto da fare capire come il dittatore di Minsk non sia più sopportato dalla cittadinanza ed abbia effettuato un vero e proprio colpo di stato, anche secondo le leggi in vigore; purtroppo il gran numero di dimostranti presenti nelle strade ha causato la repressione, confermando ancora una volta come il regime di Minsk sia, oltre che illegittimo, profondamente autoritario. Il conferimento del premio Sacharov, tuttavia, arriva in ritardo rispetto alla reazione dei leader dell’Unione Europea alle repressioni bielorusse: infatti Bruxelles ha impiegato un mese e mezzo per non riconoscere Lukashenko come legittimo vincitore della competizione elettorale, ed è stato necessario anche attendere due mesi per emettere sanzioni contro quaranta funzionari del regime. Differente, invece, l’atteggiamento del Parlamento europeo che ha mostrato sin dall’inizio della repressione il sostegno alla candidata sconfitta. Il sospetto è che i singoli paesi europei abbaiano tardato ad assumere una posizione di condanna esplicita per non aggravare i rapporti già difficili con la Russia, principale alleato di Minsk. La posizione di Mosca è quella di essere totalmente al fianco di Lukashenko, anche se costituisce un alleato scomodo, proprio per le modalità attuate nella repressione. La Russia ha la necessità di non essere contagiata dalle proteste in un momento in cui il gradimento verso Putin è in costante discesa, soprattutto per una condizione economica peggiorata, che si aggiunge al continuo scontento per lo scarso rispetto dei diritti civili; ma per Mosca è importante anche mantenere un controllo, anche se indiretto, su di un paese considerato come propria zona di influenza esclusiva: quello che teme maggiormente il Cremlino è che con un cambio di governo la Bielorussia possa entrare nell’orbita dell’Unione Europea, come già accaduto per altri stati ex sovietici. Per l’Europa, ancora una volta, occorre scegliere se avere un atteggiamento pragmatico o tralasciare le ragioni di real politik per difendere i diritti. L’assegnazione del premio Sacharov, resta comunque, una presa di posizione piuttosto netta, che potrebbe essere seguita da un atteggiamento più severo verso la Bielorussia, se non ci fosse l’ingombrante presenza russa dietro Minsk; certamente anche il fatto di essere parte in causa di un possibile spostamento verso Bruxelles con un ricambio degli assetti di potere a Minsk, complica la condotta che l’Europa deve tenere, perché può facilmente essere accusata di difendere i diritti con secondi fini, tuttavia i fatti seguiti alle elezioni bielorusse non sono contestabili, tanto è vero che la stessa Russia è stata in imbarazzo, almeno nelle fasi immediatamente successive alle prime repressioni, a difendere Lukashenko. Il premio Sacharov serve comunque a mantenere al centro dell’attenzione la situazione di Minsk.
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giovedì 22 ottobre 2020
Il premio Sacharov all'opposizione Bielorussa
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