Blog di discussione su problemi di relazioni e politica internazionale; un osservatorio per capire la direzione del mondo. Blog for discussion on problems of relations and international politics; an observatory to understand the direction of the world.
Politica Internazionale
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venerdì 11 febbraio 2011
Pirateria somala: problema per il petrolio del mondo
L'associazione dei proprietari di petroliere Intertanko denuncia il grave pericolo presente sulle rotte del greggio, che oltre a mettere a rischio equipaggi, navi e carico, può compromettere l'economia occidentale ed in special modo quella degli USA per la mancata consegna del petrolio. Davanti alle coste somale transita più dell 40% del fabbisogno di greggio per l'intero pianeta ed il valore di ogni singolo carico varia dai 130 ai 150 milioni di euro; i riscatti vengono fissati nella misura anche di 6-7 milioni di euro. Sono cifre enormi che vanno motiplicate per la somma dei rapimenti, molti dei quali non vengono denunciati per accelerare le procedure di rilascio. La questione della pirateria somala va analizzata sotto diverse luci, prima fra tutte sotto il profilo della capacità organizzativa che comprende un dispiegamento di mezzi e di uomini non indifferente, che a monte deve per forza di cose, avere una potenza articolata su più livelli. Sicuramente è dotata di una intelligence efficiente che fa uso di strumenti all'avanguardia e gode di una rete di informatori molto specializzata sui movimenti navali. La situazione somala, cioè dello stato Somalia, è il fattore più favorevole alla pirateria giacchè la forte instabilità dell'istituzione statale permette di creare vuoti di potere in ampie porzioni del territorio dove vanno ad insediarsi le basi fisiche dei sequestratori di petroliere. Sull'elemento territoriale ed istituzionale va ad inseririsi l'elemento religioso che si caratterizza per l'elevato grado di integralismo, a questo proposito va ricordato che la Somalia nel periodo 2004-06 è stata governata dalle Corti Islamiche, formazioni di estremisti religiosi finanziati da Iran e Libia, che, pur sconfitte dall'intervento etiope nel 2007, hanno mantenuto importante influenza sul tessuto sociale del paese. La capacità organizzativa della pirateria somala parte probabilmente anche dai finanziamenti ricevuti dalle corti islamiche ed è certamente possibile che ne sia una sua emanazione. In relazione a questo la pirateria diretta contro le petroliere può essere concretamente inquadrata al di fuori di un mero fenomeno criminale, ma si può leggere anche in una strategia terroristica contro l'occidente, coniugando l'aspetto della resa economica con l'atto contrario al nemico dell'islam. Se il fenomeno, che come si è visto ha già una dimensione considerevole, dovesse aumentare la possibilità di conseguenti fenomeni inflattivi, dovuti al blocco ed al rallentamento del trasporto del greggio, potrebbe avere effetti deleteri sull'economia occidentale. D'altra parte praticare rotte alternative o che prevedano una navigazione d'alto bordo, anzichè quella attuale che rasenta le coste somale, determinerebbe comunque un aggravio consistente al costo del trasporto con il conseguente innalzamento del prezzo del greggio. La questione deve essere risolta con mezzi militari di contrasto e sopratutto con un'azione coordinata e condivisa, la presenza costante delle navi militari risolve soltanto la situazione contingente ma non mette la parola fine al fenomeno. Senza un intervento militare delle Nazioni Unite sul terreno somalo, dove si trovano le basi, la pirateria non è battibile.
giovedì 10 febbraio 2011
Scende la produzione del grano: mondo in allarme
La grande siccità cinese, giunte agli incendi avvenuti nella scorsa estate e le inondazioni in Australia possono determinare un grande pericolo per il mondo intero: l'aumento del prezzo del grano. La produzione cinese è la prima mondiale ed è per soddisfare l'immenso mercato interno, ed è pari al doppio della produzione americana e russa. Non potere soddisfare un mercato così grande determinerà per la Cina la necessità di rivolgersi al mercato estero che, giocoforza dovrà aumentare il prezzo per le concomitanti ragioni ambientali che ne hanno ridotto la produzione. Non che la cosa preoccupi la Cina dotata di risorse valutarie enormi capaci di soddisfare qualunque richiesta, ma le ripercussioni saranno rilevanti sia per i paesi ricchi, che vedranno aumentare l'inflazione per tutti i prodotti collegati alla materia prima e che sono una parte del paniere alimentare della loro dieta, sia per i paesi poveri che non avranno le risorse finanziarie per potere acquistare quantitativi soddisfacenti per le loro esigenze; in questo caso si va incontro ad un pericolo concreto di nuove carestie e nelle migliori ipotesi ad un aumento di casi di malnutrizione con tutti gli annessi collegati. La FAO giustamente lancia l'allarme, di cui, oltre alle implicazioni umanitarie devono considerarsi anche quelle politiche che potrebbero derivare sia dal pericolo delle carestie che dal pericolo dell'inflazione. Tuttavia alcuni analisti gettano acqua sul fuoco, la Cina dispone di grandi riserve di grano, che se gettate sul mercato interno avrebbero la funzione di calmierare i prezzi anche in ambito internazionale. La questione è comunque spinosa, gli effetti del clima stanno sempre più influenzando l'andamento della produzione agricola, mentre alcuni stati, specialmente alcuni dei più importanti in via di sviluppo, continuano a restare sulle loro posizioni circa l'inquinamento derivante dalle emissioni gassose. L'attenzione della diplomazia internazionale, specie quella appartenente alle organizzazioni sovranazionali deve maggiormente focalizzarsi su criteri ed obiettivi che riguardano lo sviluppo sostenibile creando forme di compensazione condivise per gli stati che si adoperano per la riduzione dell'inquinamento.
L'interruzione dei negoziati militari coreani
Blocco ai negoziati militari tra le due Coree; i rappresentanti della parte Nord del paese abbandonano il tavolo delle trattative accusando la Corea del Sud di non volere realmente il miglioramento delle relazioni. I negoziati militari parevano aprire uno spiraglio per la definizione positiva degli incidenti bellici e diplomatici, chiudendo la pericolosa vertenza. Seul ha di fatto bloccato il negoziato con la richiesta che il Nord riconosca la propria responsabilità circa gli attacchi militari che hanno determinato la morte di 50 civili sudcoreani oltra all'affondamento di una corvetta. Pyongyang rifiuta di ammettere la propria responsabilità restando ancorata al fatto che l'incidente è stato dovuto allo sconfinamento dei sudcoreani. Dopo un periodo di tensione diplomatica le acque parevano essersi calmate e questi negoziati militari parevano di buon auspicio, ora l'interruzione pone il problema di ripartire da zero. Il pericolo è che dopo un periodo di relativa calma la tensione torni a salire nella regione creando un nuovo focolaio di tensione nello scenario internazionale in un'area dove è presente il pericolo atomico. Forse proprio per scongiurare questa situazione un inviato sudcoreano per la questione nucleare è da oggi a Pechino per colloqui con il governo cinese sulle problematiche della penisola coreana.
mercoledì 9 febbraio 2011
USA: il Patriot Act è decaduto
Gli USA provano a lasciarsi alle spalle l'11 settembre.; la camera dei rappresentanti ha respinto un provvedimento che prorogava la scadenza del Patriot Act, legge promulgata dall'amministrazione Bush dopo l'attentato alle torri gemelle. La disposizione legale conferiva poteri eccezionali alle forze di sicurezza e di intelligence e violava la privacy dei cittadini consentendo intercettazioni e controlli senza le necessarie autorizzazioni inoltre consentiva l'accesso alle banche dati delle aziende. La Casa Bianca sperava di potere estendere il provvedimento fino al 2013 per rendere ancora più efficace la lotta al terrorismo, tuttavia nello spirito della politica di Obama aveva dichiarato anticipatamente di non opporsi ad ogni decisione presa dall'aula. La decisione è maturata in uno spirito bipartisan grazie al voto sia di democratici che di repubblicani. Proprio per questa ragione pare evidente l'intenzione degli americani di voltare pagina e di provare a distaccarsi dal regime della paura instaurato dall'11 settembre. Può, cioè, aprirsi un'epoca nuova inaugurata proprio dalla decisione della Camera dei Rappresentanti, dove si può ridiscutere tutta la politica estera americana e l'impegno militare che hanno contraddistinto il decennio scorso. E' chiaro che il processo non sarà rapido ma la direzione imboccata sembra proprio questa, del resto già precedentemente la politica di Obama, all'azione militare ha affiancato in maniera consistente politiche di sostegno e cooperazione capaci di coinvolgere la popolazione di quei paesi dove l'esercito USA opera. Già questo consisteva in una sterzata significativa alla mera operatività bellica. Inoltre il rafforzamento e potenziamento dei sistemi di intelligence a discapito del minor uso della forza ha di fatto già indicato la preferenza per una azione preventiva piuttosto che successiva della gestione delle emergenze problematiche. La riorganizzazione della visione del modo dell'affrontare i problemi, che appare non meno lungimirante, in definitiva aveva già messo le basi per la soluzione adottata dalla Camera: la nuova consapevolezza degli USA non poteva non tenere conto delle istanze provenienti dai bisogni del popolo americano.
Al Qaeda si esprime sull'Egitto
La tanto temuta entrata in campo di Al Qaeda sulla questione egiziana è è avvenuta tramite la dichiarazione della sezione iraqena che ha formalmente incitato alla guerra santa i rivoltosi egiziani. Al Qaeda è tradizionalmente nemica delle nazioni arabe che intrattengono relazioni con i paesi occidentali ed in special modo gli USA, il giudizio qaeddistas verte sulla leva del paganesimo dei governi arabi e creca di sfruttare le motivazioni sociali dei rivoltosi tentando di incanalare la protesta verso la sharia. Al Qaeda offre ai dimostranti aiuti di tipo militare ed ideologico per fomentare la piazza a favore della teocrazia. L'appello pare, però quasi di prammatica, Al Qaeda è consapevole di non avere grosso seguito nella terra dei faraoni, il paese è molto occidentalizzato nonostante sia un paese musulmano, la parte religiosa estrema non è preponderante ed anche il partito dei Fratelli Musulmanicomprende una parte, seppur minoritaria, che propende per una visione che riesca ad accomunare Islam e democrazia. Tuttavia l'appello non è da sottovalutare perchè segna l'interesse ufficiale del movimento terrorista ai moti egiziani; ciò potrebbe creare situazioni di pericolo create anche da singoli, la portata e gli effetti di una strage nella folla dei dimostranti potrebbero avere conseguenze difficilmente prevedibili. Al Qaeda non può permettersi di lasciare scoperto, anche solo formalmente, il proprio spazio, deve comunque fare atto di presenza, speriamo si limiti alle sole dichiarazioni.
martedì 8 febbraio 2011
I Fratelli Musulmani: incognita egiziana
Uno dei protagonisti della rivoluzione egiziana è il partito dei "Fratelli Musulmani" ed è quello su cui sono puntate maggiormente le attenzioni del mondo. Messi fuori legge da Nasser la fratellanza musulmana non gode di una predominanza numerica nel panorama della rivolta ma ricopre, grazie alla propria organizzazione, una funzione determinante nella logistica dei moti di piazza fornendo medicinali e concreti aiuti ai manifestanti. Politicamente il ruolo dei Fratelli Musulmani non è volutamente di primo piano, non tentano di capeggiare la rivolta e mantengono un basso profilo, tuttavia non intendono rinunciare ad essere parte del processo di transizione portando il loro contributo. L'atteggiamento non è frutto di un'esplicita rinuncia ad un ruolo di primo piano, ma pare una mossa calcolata per non permettere all'opinione pubblica interna ed esterna di connotare come islamica la rivolta; mantenendo un atteggiamento di retrovia l'azione della fratellanza, al momento può godere di maggiore libertà d'azione senza essere sotto la luce dei riflettori internazionali. Il tutto rientra in un piano a lungo termine per la presa del potere. Nell'immediato ed anche in periodi successivi un governo a monocolore o almeno a guida della fratellanza non può essere concepito, e di ciò i Fratelli Musulmani sono perfettamente consci, ma facendo una politica adeguata e preparando il terreno l'obiettivo può essere inquadrabile. Ma la ragione della scelta di una politica prudente proviene anche dalla divisione al suo interno della fratellanza che al momento risulta divisa in tre grandi tronconi: il primo persegue l'instaurazione della teocrazia, il secondo il ristabilire le comunità musulmane tramite l'interpretazione fedele del corano e la terza, per ora minoritaria, che vuole coniugare uno stato democratico con la religione islamica. L'evolversi della situazione dirà con quale peso la fratellanza influenzerà il futuro dell'Egitto.
Egitto: l'assenza di Al Qaeda
Nella rivoluzione egiziana spicca, oltre all’impreparazione americana, anche il silenzio assordante di Al Qaeda. L’Egitto non e’ solo un paese chiave per gli USA, specularmente lo e’ anche per l’organizzazione terroristica piu’ integralista e piu’ temuta. Il paese delle piramidi e’ la porta per arrivare ad Israele, e; la chiave di volta del processo di pace mediorientale, se cade questa chiave il fragile equilibrio si accartoccia su se stesso. L’ultimo attentato Qaeddista sul suolo egiziano e’ stato il tragico raid contro una chiesa cattolica di Alessandria, poi piu’ nulla, nessuna dichiarazione, nessuna presa di posizione. Il sospetto e’ che come i nemici americani anche Al Qaeda sia rimasta sorpresa dagli eventi, che i fatti si siano svolti ad una velocita’ inaspettata. Se questo fosse vero si dimostrerebbe come anche Al Qaeda abbia sottovalutato le tendenze che covavano sotto la cenere nella terra dei faraoni. E’ possibile che anche Al Qaeda, si sia concentrata troppo sulla guerra afghana tralasciando le altre aree di crisi, tralasciando opportunita’ importanti per guadagnare alla sua causa territori cosi’ decisivi e determinanti? Se non fosse fantapolitica sembrerebbe che dietro i due nemici ci sia la stessa testa; ma lasciando le ipotesi da romanzo pare piu’ verosimile una identica limitazione di visuale che non ha previsto e contemplato che Mubarak fosse messo cos’ in difficolta’ da una piazza sottovalutata. Ci puo’ essere un’altra soluzione che non e’ in definitiva in contrasto con quella precedente: Al Qaeda e’ meno forte di quello che si crede specialmente in Egitto e la situazione che si e’ venuta a creare ha generato difficolta’ alla manovra integralista, a cui probabilmente riusciva piu’ facile muoversi all’interno del regime di Mubarak, dove, contrariamente alle apparenze, poteva godere di uno spazio di manovra limitato ma certo. Se questo e’ vero si spiega la difficolta’ il silenzio attuale: Al Qaeda non riesce ad occupare in qualche modo, anche solo parzialmente, il vuoto di potere perche’ i canali che gli garantivano il movimento non ci sono piu’. In questo scenario l’esercito gioca sicuramente un ruolo fondamentale perche’ di tradizione laicista e quindi certamente non disposto bene verso integralisti religiosi. Se questa ipotesi e’ almeno verosimile la transizione verso un nuovo tipo di stato e di governo della situazione egiziana non puo’ che essere visto con speranza.
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