Politica Internazionale

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sabato 18 giugno 2011

L'Italia ancora in Libia?

La riunone del partito della Lega Nord, componente del governo italiano, potrà decidere le prossime mosse della politica estera italiana. Una delle minacce principali, dopo le sconfitte nelle elezioni delle amministrative e dei referendum, è stata quella di togliere i fnanziamenti per la guerra in Libia, alla quale l'Italia partecipa nella coalizione dei volenterosi. Quale membro della NATO, Roma è stata praticamente obbligata a partecipare, ma con scarsa convinzione ed i maggiori oppositori erano proprio nelle fila della Lega Nord. Il risultato elettorale negativo ha accelerato la situazione, la Lega pensa che per recuperare il suo elettorato perduto, uno dei mezzi sia proprio il taglio delle spese militari contingenti, per girare la voce di bilancio verso capitoli più spendibili in chiave elettorale. Non è un mistero che proprio dalla base del partito siano arrivati ripetuti solleciti per un uso più oculato delle risorse. Questo gesto sarebbe significativo in chiave interna, ma condannerebbe il già compromesso prestigio internazionale del bel paese. Un'Italia che si ritira dalla coalizione, per meri problemi elettorali, scivolerebbe nel punto più basso della propria credibilità. La questione è importante, sopratutto se si pensa che con la Libia, il rapporto italiano è privilegiato, abbandonare la contesa vorrebbe dire precludersi ogni futuro rapporto con un nuovo governo nato dalla parte ribelle. Inoltre sono sul piato i rapporti con gli USA, che non tollererebbero uno sganciamento repentino. Per Berlsconi il problema è scottante, si trova letteralmente tra l'incudine ed il martello.

giovedì 16 giugno 2011

L'asse Mosca-Pechino

"La comunità internazionale può portare un aiuto significativo per non lasciare deteriorare la situazione, ma nessuna forza straniera si deve ingerire negli affari interni delle nazioni". Questa è la dichiarazione congiunta di Russia e Cina, sottoscritta da Dmitri Medvedev e Hu Jintao, durante la visita del premier cinese a Mosca. I due paesi sono membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'ONU e la dichiarazione rappresenta più di una dichiarazione di intenti, si tratta di una pietra tombale quasi definitiva, sulle speranze di risolvere, per via militare, tramite la benedizione dell'ONU, le crisi che si stanno man mano affacciando nel teatro internazionale. Cina e Russia auspicano l'adozione di mezzi che passino solo per la via pacifica per risolvere i conflitti. E' palese che questo mezzo sia il migliore ma non sempre la via del negoziato pare percorribile. D'altra parte la dottrina abbracciata da Cina e Russia, riguardo alla politica internazionale, non contempla, come già molte volte ribadito, l'ingerenza degli affari interni dei paesi coinvolti. La posizione non è contestabile e rappresenta un legittimo modo di rapportarsi con altri stati, d'altro canto, però, il veloce cambiamento degli assetti del panorama internazionale, impone anche, specialmente alle organizzazioni internazionali, ed in particolar modo all'ONU, una risposta che richiede sempre di più il requisito della rapidità. Talvolta bloccare in lunghe ed estenuanti trattative, situazioni particolarmente e potenzialmente esplosive può essere molto pericoloso. La conseguenza immediata di questa decisione sino-russa, sarà l'impossibilità di ricorrere all'ombrello ONU, come copertura dell'intervento militare, ciò provocherà, se e quando si renderà necessario, che i protagonisti dovranno agire in proprio. Questo fatto renderà senz'altro più complicate le relazioni internazionali e si porrà sempre più frequentemente la domanda sull'utilità della stessa ONU. Infatti l'atteggiamento di Pechino e Mosca blocca sul nascere lo spazio di manovra militare delle Nazioni Unite. Con questo fatto non sembra più rinviabile una riforma dell'ONU, come già richiesto dalla Merkel, in modo da garantire una indipendenza politica e di manovra effettiva.

L'ONU denuncia la Siria

L'ONU denuncia pubblicamente la repressione siriana. Sono state infatti arrivate numerose denunce, riguardo a torture ed uccisioni, presso l'ufficio dei diritti umani delle Nazioni Unite. A rivolgersi all'ufficio dell'ONU sono stati diversi testimoni e molte vittime delle forze di sicurezza siriane. Secondo queste denunce i morti sarebbero 1.100 ed i detenuti oltre 10.000. Tra i morti numerosi si contano i donne e bambini. L'accanimento delle forze siriane è stato tale anche verso i feriti, impedendo loro di essere soccorsi e curati dal personale medico. Il regime siriano ha colpito diversi civili disarmati mediante l'uso di cecchini posti sui tetti di palazzi pubblici in zone molto popolate. Negli ultimi giorni sono entrati in azione anche elicotteri, che hanno colpito dal cielo, specialmente nella città di Jisr al Shughur. Intanto continua la fuga verso il territorio turco di diversi profughi siriani, che sono costretti alla fuga per potere salva la vita. Sul fronte dell'informazione continua il divieto del regime per i giornalisti stranieri, che non possono documentare le violenze di Assad. Nel frattempo, a Damasco il governo ha organizzato una manifestazione imponente di sostegno al regime, richiamando nelle vie principali un gran numero di persone. La strategia del governo siriano è di addebitare la situazione del paese a gruppi terroristici che agirebbero su ispirazione straniera. La presa ufficiale dell'ONU pone ora la Siria in una posizione più scomoda, perchè pone all'attenzione del Consiglio di sicurezza la situazione nel paese. Pare, tuttavia, difficile che si arrivi, nell'immediato, ad una risoluzione che preveda l'uso della forza, come per la LIbia. Russia e Cina, già bruciate, per la loro astensione, che ha garantito l'intervento militare, sono sempre più restie ad entrare nelle sfere di interesse interno di altri stati ed il prolungato impegno libico delle forze occidentali, non fa che giocare a favore del regime di Assad.

martedì 14 giugno 2011

Hezbollah al governo in Libano

Hezbollah è il socio di maggioranza del nuovo governo del Libano. La notizia risulta a tutti gli effetti un grosso intralcio per la pace e la stabilità sia del paese che della regione. Hezbollah è presente nella lista delle organizzazioni terroristiche stilata dagli USA e dalla UE. Il movimento rappresenta una milizia armata di orientamento scita. Significativo che il primo governo estero a presentare le proprie felicitazioni sia stato quello siriano, direttamente per bocca del Presidente Assad. Nonostante le dichiarazioni di prassi, che hanno affermato l'unitarietà del governo come esecutivo di tutto il popolo libanese, è da subito apparso evidente, che quello costruito non è un organo amministrativo rappresentante di tutte le parti, sopratutto religiose del paese, ed infatti immediatamente dopo la dichiarazione dell'insediamento, si sono registrati disordini ad opera, sopratutto delle minoranze religiose, che non si sono sentite abbastanza rappresentate. Quello che si prospetta è un paese con un governo allineato sulle posizioni oltranziste iraniane, nemico dichiarato di Israele e filo siriano. Sul piano interno vi è il concreto pericolo che il Libano possa rivivere le cruente lotte intestine che hanno contrassegnato il suo recente passato. Le dimostrazioni scattate subito dopo l'insediamento del governo, rischiano di essere solo un piccolo assaggio del confronto che si potrà scatenare. Difficile credere che Hezbollah non cederà al metodo, per forza di cose, di usare il pugno di ferro contro ogni forma di opposizione. Ma è sul piano internazionale che si sollevano ancora maggiori preoccupazioni: l'andamento della repressione siriana, dove elementi di Hezbollah sono stati segnalati, insieme con i Pasdaran iraniani, come feroci interpreti del duro metodo di Assad contro i civili oppositori, il crescente protagonismo iraniano sul teatro regionale, che di Hezbollah è finanziatore, ed infine il rigido atteggiamento israeliano sul tema della creazione dello stato palestinese, rischiano di essere componenti micidiali di un cocktail, cui si aggiunge il governo Hezbollah in Libano, che ha tutte le premesse per causare l'esplosione della situazione dell'intera situazione medio orientale. Lo scenario che si prefigura per il Libano è quello di andare verso una alleanza sempre più stretta con Siria ed Iran, in un abbraccio mortale per il paese dei cedri. E' inevitabile a questo punto che Israele ed USA ammassino sempre più armamenti sulle frontiere di Tel Aviv e paradossalmente, anche e nonostante i conflitti sotterranei che corrono tra americani ed israeliani, per lo stato palestinese, Hezbollah al governo del Libano, può essere un fattore di riavvicinamento tra le due amministrazioni, perchè nemico conclamato dei due stati.

lunedì 13 giugno 2011

La Turchia pensa ad un intervento militare in Siria

La Turchia starebbe considerando l'opzione militare al proprio confine con la Siria. A causa delle pesanti ritorsioni contro i manifestanti, molte persone hanno passato i confini con la Turchia per sfuggire alle violenze del regime siriano, la questone è di primaria importanza, perchè Ankara ha praticamente una guerra ai suoi confini, che rischia di destabilizzare la regione con ripercussioni proprio sul paese del Bosforo. Un primo effetto sono, appunto i tanti campi profughi nati sul suolo turco per accogliere i fuggitivi siriani, ormai allo stremo per la feroce repressione di Damasco. La Tutrchia ha più volte sollecitato riforme radicali ad Assad per risolvere le questioni rivendicate dai manifestanti, ma la soluzione praticata dal governo siriano è andata nella direzione opposta. Fin dalle prime fasi della primavera araba, la Turchia è stata eletta a modello per le nascenti democrazie, sia per la propria capacità di conciliare la democrazia con la religione islamica, sia per il prestigio regionale guadagnato, grazie ad un evidente progresso economico ed a una sempre maggiore influenza politica, sopratutto nella regione. Va detto che i principi ispiratori della politica estera turca sono stati definiti neo ottomani, proprio per l'azione centrale che Ankara sta compiendo nella regione. Ora in forza di questo indirizzo di politica internazionale, la Turchia non può tollerare una sempre crescente violenza sul proprio uscio di casa. La minaccia di un intervento militare in territorio siriano ha, però, delle implicazioni che vanno aldila dell'ambito puramente regionale del teatro di crisi. Il nocciolo della questione è l'appartenenza turca alla NATO, dove riveste un ruolo cruciale proprio per l'area su cui si estende il suo territorio. In caso di risposta siriana, ancor peggio appoggiata da forze armate iraniane, sulla cui presenza in territorio siriano, si hanno forti sospetti, quale sarebbe l'escalation potenziale della vicenda? A quel punto ogni scenario dal più morbido al peggiore possibile potrebbe verificarsi.

sabato 11 giugno 2011

La Cina sempre più intollerante

Il problema dell'opposizione scuote la Cina. Il granitico Partito Comunista, ormai al potere da novanta anni, pare intenzionato a proseguire il suo dominio, sempre più contrastato, continuando a soffocare ogni piccola forma di dissidenza. La costituzione cinese, prevede per le elezioni locali, anche la possibilità di presentarsi al di fuori dell'organizzazione partitica a patto di non essere troppo fuori sintonia con le direttive vigenti. Tuttavia l'avvento di internet ha allargato la possibilità di comunicare il proprio pensiero nella rete, creando una pericolosa falla nel sistema, non più impermeabile, della rigida burocrazia cinese. L'apparato, in allarme, ha subito vietato questi micro blog, ritenuti, certamente a ragione, potenzialmente molto pericolosi. Il governo cinese ha imparato subito la lezione proveniente dalla primavera araba, dove il principale veicolo della protesta è stato proprio internet. Inoltre per ribadire, anche a livello politico che in Cina non vi è alcuna base giuridica per i cosiddetti candidati indipendenti, anche dal Congresso Nazionale del Popolo e dal periodico del Partito Comunista si sono levate voci per sottolineare questo assunto. L'espansione del livello di benessere ha comunque sedato gran parte della società cinese, contribuendo ad addormentare la coscienza civile del paese. La tattica pianificata dal Partito Comunista ha previsto, che con la diffusione dei beni le persone dovevano essere contente e non dovevano avere dei dubbi di sorta, così la via del capitaismo socialista avrebbe potuto proseguire, senza gli intoppi dei diritti sociali. Ma l'industrializzazione, ed anche la terziarizzazione, ha provocato la nascita di urgenze e bisogni che il monolite del partito aveva fino ad allora soffocato facilmente. Lo scambio e la circolazione delle idee hanno generato la nascita, seppure in parti minoritarie, ma sempre crescenti, della popolazione, di una coscienza nuova nell'ambiente cinese, i cui prodromi si erano verificati già con Tienammen, seppure solo nell'ambito studentesco. Era quella una Cina, comunque distante anni luce da quella attuale, dove le idee di contestazione potevano nascere e di fatto erano confinate, solo nelle aree della coltivazione del sapere. L'accesso sempre crescente ad informazioni prima irrangiungibili ha rivoluzionato l'approccio con la popolazione anche da parte dell'organizzazione governativa, che ha dovuto inasprire la guerra alla dissidenza, spesso con leggi e provvedimenti iniqui, che hanno sollevato la protesta e l'indignazione della comunità internazionale. Tuttavia questo inasprimento significa che il potere teme sempre di più che il proprio monopolio venga meno, ma anzichè praticare aperture, anche piccole, preferisce restringere ancora di più quelle minime occasioni di dissenso, prima tollerate, perchè ottenebrato da una paura fisica di esserne travolto.

venerdì 10 giugno 2011

L'Iran impegnato nella repressione siriana

Secondo testimonianze, che riportano dati oggettivi, l'Iran starebbe partecipando alle feroci repressioni in atto in Siria, con propri effettivi. I testimoni parlano di soldati con la barba, espressamente vietata agli appartenenti delle forze armate di Damasco, con uniformi nere, non presenti nel vestiario dei soldati di Assad ed infine dotati di armi sconosciute ed assenti dall'armamento del personale militare nazionale. Di fronte alle proteste dei paesi arabi l'atteggiamento iraniano è sempre stato di appoggio, nelle dichiarazioni, perchè si voleva esercitare l'influenza di Teheran per portare i nuovi possibili governi verso le posizioni anti occidentali e teocratiche iraniane. Nonostante non sia stata questa, per ora, la direzione presa dalla primavera araba, l'Iran ha lasciato la porta aperta a possibili sviluppi mantenendo un basso profilo, che lasciava comunque intendere, di vedere benevolmente l'affrancamento da regimi autoritari da parte dei popoli arabi. L'unica avversione manifestata da subito, in maniera chiara e netta, è stata quella contro la rivolta siriana. Immediatamente bollata come complotto americano e sionista, la protesta siriana ha creato viva preoccupazione al regime di Teheran, che conta su Assad come alleato chiave per la sua politica nel medio oriente. Per l'Iran perdere Damasco significa perdere la via d'accesso al confine israeliano, con conseguente depotenziamento delle proprie minacce. In chiave anti Israele, l'Iran conta su Siria, Hezbollah libanesi ed Hamas nella striscia di Gaza. Da questo quadro si comprende come proprio la Siria sia l'alleato più importante e fondamentale, nel piano anti israeliano, che pur essendo solo, attualmente, un esercizio di retrovia, consente a Teheran di recitare il ruolo di capofila nei paesi arabi, alla lotta contro il sionismo. E' un ruolo fondamentale nella politica estera iraniana perchè mette alcentro della propria azione l'avversione viscerale, sia agli USA che ad Israele. E' questa ragione che consente all'Iran la visibilità maggiore nella lotta anti occidentale in chiave islamica. Proprio per questo l'Iran non può permettersi di perdere la Siria, che rappresenta la chiave di volta della propria politica estera. L'impiego dei soldati iraniani, che hanno già fatto esperienza sul proprio terreno nella repressione delle proteste, rappresenta un aiuto tangibile ad un regime in chiara difficoltà, che non riesce più con le sue proprie forze a mantenere il controllo della situazione. Ora, per i siriani, ma anche per il mondo intero, il pericolo maggiore è che la Siria diventi una colonia iraniana. L'occidente deve temere questa evenienza, perchè se Assad è stato un dittatore repressivo, in campo internazionale è stato tanto abile da sfuggire alla tentazione di ergersi ad un qualche protagonismo ed il comportamento della Siria non ha mai destato grosse preoccupazioni, riuscendo ad arrivare perfino ad una qualche forma di intesa con Israele. Se l'Iran prendesse il sopravvento su Damasco in maniera tangibile per l'occidente sarebbe una grossa sciagura. Lasciare andare la Siria al proprio destino, senza pensare una forma di intervento significherebbe portare l'islamismo più estremo alla porta di casa.