Blog di discussione su problemi di relazioni e politica internazionale; un osservatorio per capire la direzione del mondo. Blog for discussion on problems of relations and international politics; an observatory to understand the direction of the world.
Politica Internazionale
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venerdì 5 gennaio 2018
وتحاول الصين تقريب الكوريتين معا
ومنذ
عام 2016 لم تكن هناك أي اتصالات رسمية بين الكوريتين، أدى الانقطاع، بسبب
تشديده، إلى نشوء التوتر الذي توسع بعد ذلك ليشمل أطراف فاعلة دولية أخرى
في المنطقة. وبصرف
النظر عن موافقة دورة الالعاب الاولمبية الشتوية القادمة التى ستجرى فى
كوريا الجنوبية خلف استئناف الاتصالات بين سول وبيونج يانج لا يمكن للمرء
سوى ان يلمح الدور الصينى الذى يعد اكبر دولة مهتمة بالاستقرار الاقليمى. وبالنسبة لبكين، فإن فرضية إعادة توحيد الكوريتين، وحالة التوتر الدائم، تمثلان شاغلا دائما في جزء من العالم قريب جدا من حدودها. كان
الانطباع لفترة طويلة أنه حتى الصين، على الرغم من أنها الدولة الوحيدة
القريبة من كوريا الشمالية، لم تتمكن من أن يكون لها تأثير إيجابي على
بيونيانغ، للحد من عملها النووي. وكان
هذا، على ما يبدو، بسبب محاولات محتملة من قبل بكين للإطاحة بالنظام في
قيادة البلاد، والتي توجت بعد ذلك بقمع شرس من قبل كيم جونغ أون. حتى لو لم يكن لديك اليقين فإنه لا يمكن إنكار أن هناك فترة التبريد بين البلدين، والسبب الذي لم يكن الرسمي. وعلى
الرغم من ذلك، يفضل دائما أن تفصل الكوريتان وأن تكون الكوريتان، في بعض
الأحيان، تحت التأثير الصيني، لتجنب إعادة التوحيد حيث سيكون لأغنى كوريا
الجنوبية، المتحالفة تقليديا، أفضل من الولايات المتحدة. ما تريد بكين تجنبه هو جعل الجيش الأمريكي على حدودها مباشرة. وهذا
الوضع الراهن، الذي لا يناسب المواطنين الكوريين الشماليين، يسمح لنا
بتجنب توتر كبير بين الصين والولايات المتحدة الأمريكية، الأمر الذي يمكن
أن يكون له تطور خطير. وهناك
سبب آخر، ولكنه بعيد عن الثانوي، هو ضرورة أن تبقي الصين خطوط الشحن آمنة
قدر المستطاع، وأن تمنع المسألة النووية من الانخراط في الوجود العسكري
الأمريكي الرئيسي في المنطقة، بناء على طلب سيول وطوكيو. إن
خفض التوتر مع كوريا الشمالية، وإن كان مؤقتا وغير مؤكد، يمكن أن يسمح، في
غضون فترة من الانفراج، بإعادة بدء المحادثات مع سيول وأيضا فتح مرحلة
جديدة مع الولايات المتحدة، وقد أعرب وزير الخارجية الأمريكي عن توافره. ويجب ان يبدأ كل شيء من استئناف المحادثات بين الكوريتين، باعتبارها الفرضية الرئيسية للسماح بتطوير المفاوضات مع بيونجيانج. ولا
شك في أن النهج الصحيح هو إشراك كوريا الشمالية، دون مزيد من العزلة، في
المفاوضات السلمية التي تسعى إلى الحد من الخطر النووي، بطريقة توافقية. وبطبيعة
الحال، يجب أن نضع في اعتبارنا دائما ضعف موثوقية النظام الكوري الشمالي،
ولكن تشديد الجزاءات تسبب صعوبات داخلية كبيرة، أسهمت في رفع مستوى التوتر
وزيادة التهديدات التي يتعرض لها كيم جونغ - أون. ربما،
من الناحية السياسية، ما يعاني واحد أكثر في بيونغ يانغ هو نفس العزلة
التي النظام أغرقت البلاد: التغيير في الوضع العام والوحدة للأمة الكورية
الشمالية معنى هذه العزلة الدولية، وخاصة التي تسببت من الجزاءات، كما تفرضها قوى خارجية؛ من ناحية أخرى، واحدة من طموحات بيونغ يانغ هو الاعتراف رسميا كقوة نووية من خلال مفاوضات رسمية مع الولايات المتحدة. في
هذه المرحلة من إعادة فتح دور الكورية الجنوبية والصين ويبدو أن من
الضروري بشكل مباشر، وذلك بسبب الحاجة للحفاظ على فتح قناة أكثر انفتاحا
للحوار مع بيونغ يانغ، ولكن دور الولايات المتحدة، إذا فسر بشكل صحيح، فإنه
لن يكون أقل
أهمية، لأنه سيكون من الضروري عدم الوقوع في أي استفزازات من كوريا
الشمالية لمحاولة إبقاء الانظار منخفضا وبالتالي السماح بتقدم المفاوضات. ربما
يكون من الضروري منح شيء لبيونغ يانغ، ولكن لكي تكون قادرة على استئناف
الاتصالات مع كوريا الشمالية، في هذا الوقت يبدو أنها تتجاوز الحدود
الإقليمية.
giovedì 4 gennaio 2018
L'Europa ed il vuoto di potere lasciato dagli USA nello scenario internazionale
Uno dei maggiori effetti della presidenza Trump, sul piano internazionale, è il progressivo allontanamento degli Stati Uniti del ruolo che avevano ricoperto fino alla presidenza Obama: nella posizione di maggiore potenza mondiale, Washington, esercitava una sorta di controllo della scena diplomatica, che assicurava una certa stabilità al mondo. Se questo ruolo era positivo o negativo è un giudizio soggettivo e che poteva variare secondo la contingenza del momento, ma per una analisi relativa all’attuale vuoto di potere appare ininfluente. Resta pure vero, che una sorta di abdicazione era già iniziata con Obama, che aveva cercato di non impegnare gli USA in prima persona ed in maniera diretta in alcune crisi internazionali, prima fra tutta quella siriana, ed aveva adottato un sorta di delega verso gli alleati più collaborativi, lasciandogli la posizione preminente e riservando al paese americano un ruolo più defilato e di secondo piano. Tuttavia, malgrado questo disimpegno, dettato da ragioni politiche, ma anche economiche, Washington e la Casa Bianca restavano al centro della scena internazionale e pronti ad inserirsi con i consueti valori occidentali. Con il nuovo inquilino della Casa Bianca questa sorta di consuetudine è cambiata: il disimpegno americano, come peraltro promesso in campagna elettorale, si è accentuato fino ad assumere dei connotati originali, ben diversi dalle modalità che aveva assunto Obama. Oltre che a rappresentare una novità sulla scena internazionale il nuovo atteggiamento americano, soltanto mitigato dai militari e dai diplomatici statunitensi, costituisce un vuoto di potere che offre l’occasione di essere colmato da altre potenze. D’altronde la situazione internazionale ha subito delle variazioni sostanziali, ha ampiamente superato la fase del bipolarismo e presenta una realtà più fluida con una serie di soggetti capaci di provocare delle alterazioni significative degli equilibri generali, senza quasi che questi processi si possano fermare. L’emergere di attori non nazionali come lo Stato islamico, ha evidenziato la pericolosità della mancanza di controllo di fenomeni capaci di superare la classica dialettica tra gli stati, per incrinare una visione d’insieme ormai troppo cristallizzata. La Russia ha ripreso a giocare un ruolo da superpotenza, ma il suo deficit strutturale interno la pone ancora aldisotto degli USA, sebbene l’attivismo di Putin ha creato certo grosse difficoltà a Washington, ma il vero competitor degli Stati Uniti appare piuttosto la Cina, che ha già superato il paese americano in alcuni dati significativi. Pechino rappresenta un avversario con finalità diverse perchè cerca una supremazia economica e tecnologica, ma non mira ad intromettersi nella politica interna degli stati, almeno per ora. Tuttavia è un paese con una forma di governo autoritaria e che dispone di una grande liquidità finanziaria, fattori che gli permettono una velocità di decisione maggiore delle democrazie e la facilità ad entrare nei mercati occidentali, come in quelli del terzo mondo, con la concreta capacità di condizionarli dall’interno. Probabilmente questo scenario sarebbe comunque stato inevitabile, ma la chiusura degli USA in se stessi ne facilita le condizioni di riuscita. Il futuro presenta grandi incognite, sopratutto per gli stati europei, che hanno tempi di reazione troppo lenti ai cambiamenti e sono ancora troppo indietro per giocare un ruolo da protagonisti nell’arena della politica internazionale. Il concreto pericolo è che l’avanzata cinese, contraddistinta da una grande penetrazione nei mercati e quindi nelle società europee, si trasformi, in modo sottile, da economico a politico, senza che sia più presente lo scudo americano. Per ovviare a questa sorta di minaccia è importante che l’Europa continui a sviluppare i contatti con la Cina, perchè in questa fase economica sono imprescindibili, ma da una posizione paritaria e per fare ciò occorre una indipendenza da Washington che sta diventando obbligata ma che non è ancora stata conquistata. Se lo scenario è cambiato occorre adeguarsi, non con soluzioni trovate di volta in volta, ma con un piano ben programmato, che passa dalla riforma delle istituzioni centrali europee ed arriva, necessariamente, ai criteri di adesione e permanenza all’interno dell’unione. Altrimenti il vuoto di potere americano è destinato ad essere colmato da un soggetto che ha ben poco in comune con i valori democratici europei.
Europe and the power vacuum left by the US in the international scenario
One
of the major effects of the Trump presidency, internationally, is the
progressive removal of the United States from the role they had held
until the Obama presidency: in the position of greater world power,
Washington exercised a sort of control of the diplomatic scene, which
ensured a certain stability in the world. If
this role was positive or negative it is a subjective judgment that
could vary according to the contingency of the moment, but for an
analysis of the current vacuum of power appears irrelevant. It
is also true that a kind of abdication had already begun with Obama,
who had tried not to engage the US in the first person and directly in
some international crises, first of all the Syrian, and had adopted a
kind of delegation to the more
collaborative allies, leaving him the pre-eminent position and
reserving a more secluded and secondary role for the American country. However,
despite this disengagement, dictated by political reasons, but also
economic, Washington and the White House remained at the center of the
international scene and ready to fit with the usual Western values. With
the new tenant of the White House this sort of custom has changed: the
American disengagement, as promised in the electoral campaign, has
increased to take on original features, very different from the
modalities that Obama had assumed. In
addition to representing a novelty on the international scene, the new
American attitude, only mitigated by the US military and diplomats,
constitutes a power vacuum that offers the opportunity to be filled by
other powers. On
the other hand, the international situation has undergone substantial
changes, has largely overcome the phase of bipolarism and presents a
more fluid reality with a series of subjects capable of causing
significant alterations in the general equilibrium, almost without these
processes being halted. The
emergence of non-national actors such as the Islamic State, has
highlighted the danger of the lack of control of phenomena capable of
overcoming the classical dialectic between states, to crack a vision
that is now too crystallized. Russia
has resumed playing a superpower role, but its internal structural
deficit still puts it on the US side, although Putin's activism has
certainly created major difficulties in Washington, but the real US
competitor appears to be China, which has already passed the American country in some significant data. Beijing
represents an adversary with different aims because it seeks economic
and technological supremacy, but does not aim to interfere in the
internal politics of the states, at least for now. However,
it is a country with an authoritarian form of government and which has a
great financial liquidity, factors that allow it a greater decision
rate than democracies and the facility to enter the western markets, as
in those of the third world, with the concrete capacity to condition them from within. Probably this scenario would have been inevitable, but the closure of the US in itself facilitates the conditions of success. The
future presents great unknowns, especially for European states, which
have too slow reaction times to change and are still too far behind to
play a leading role in the arena of international politics. The
real danger is that the Chinese advance, marked by a great penetration
in the markets and therefore in European societies, is transformed,
subtly, from economic to political, without the American shield being
present anymore. To
remedy this sort of threat it is important that Europe continues to
develop contacts with China, because in this economic phase they are
essential, but from an equal position and to do so we need an
independence from Washington that is becoming obligatory but that it has not yet been conquered. If
the scenario has changed, it is necessary to adapt, not with solutions
found from time to time, but with a well-planned plan, which passes from
the reform of the European central institutions and necessarily arrives
at the criteria of adhesion and permanence within the union. Otherwise
the American vacuum of power is destined to be filled by a subject that
has very little in common with European democratic values.
Europa y el vacío de poder dejado por Estados Unidos en el escenario internacional
Uno
de los mayores efectos de Trump presidencia, a nivel internacional, es
la retirada gradual de Estados Unidos del papel que habían desempeñado
hasta la presidencia de Obama: en la posición de la primera potencia
mundial, Washington, ejerce una especie de control de escena
diplomática, que aseguró una cierta estabilidad en el mundo. Si
este rol fue positivo o negativo, es un juicio subjetivo que podría
variar según la contingencia del momento, pero para un análisis
concerniente al vacío actual de poder parece irrelevante. También
es cierto que una especie de abdicación que ya se inició con Obama, que
había intentado no cometer los EE.UU. de primera mano y directamente en
ciertas crisis internacionales, en primer lugar que en Siria, y ha
adoptado una especie de delegación a la más
aliados colaborativos, dejándole la posición preeminente y reservando
un papel más aislado y secundario para el país estadounidense. Sin
embargo, a pesar de esta desconexión, dictada por razones políticas,
pero también económicas, Washington y la Casa Blanca se mantuvieron en
el centro de la escena internacional y estaban listos para encajar con
los valores occidentales usuales. Con
el nuevo inquilino de la Casa Blanca, este tipo de costumbre ha
cambiado: la desconexión estadounidense, tal como se prometió en la
campaña electoral, se ha incrementado para adoptar características
originales, muy diferentes de las modalidades que Obama había asumido. Además
de representar una novedad en la escena internacional, la nueva actitud
estadounidense, mitigada solo por los militares y diplomáticos de los
EE. UU., Constituye un vacío de poder que ofrece la oportunidad de ser
ocupado por otros poderes. Por
otra parte, la situación internacional ha experimentado cambios
sustanciales, ha pasado gran parte de la etapa de la bipolaridad y
presenta una realidad más fluido con una serie de sujetos capaces de
producir alteraciones significativas del equilibrio general, casi sin
que estos procesos se pueden detener. La
aparición de actores no nacionales como el Estado Islámico, ha puesto
de relieve el peligro de la falta de control de los fenómenos capaces de
superar la dialéctica clásica entre los Estados, de descifrar una
visión que ahora está demasiado cristalizada. Rusia
ha vuelto a jugar un papel de superpotencia, pero su déficit
estructural interno todavía lo pone del lado de Estados Unidos, aunque
el activismo de Putin ciertamente ha creado grandes dificultades en
Washington, pero el verdadero competidor estadounidense parece ser
China, que ya ha pasado el país americano en algunos datos significativos. Pekín
representa un adversario con diferentes objetivos porque busca la
supremacía económica y tecnológica, pero no pretende interferir en la
política interna de los estados, al menos por ahora. Sin
embargo, es un país con una forma de gobierno autoritaria y que tiene
una gran liquidez financiera, factores que permiten una velocidad de
mayor decisión de las Democracias y la facilidad para entrar en los
mercados occidentales, como en el tercer mundo, con las habilidades
concretas condicionarlos desde dentro. Probablemente
este escenario hubiera sido inevitable, pero el cierre de los Estados
Unidos en sí mismo facilita las condiciones de éxito. El
futuro presenta grandes incógnitas, especialmente para los estados
europeos, que tienen tiempos de reacción demasiado lentos para cambiar y
aún están demasiado rezagados para desempeñar un papel de liderazgo en
la arena de la política internacional. El
peligro real es que el avance chino, marcado por una gran penetración
en los mercados y, por lo tanto, en las sociedades europeas, se
transforme, sutilmente, de económico a político, sin que el escudo
estadounidense esté presente. Para
remediar este tipo de amenaza, es importante que Europa continúe
desarrollando contactos con China, porque en esta fase económica son
esenciales, pero desde una posición igual y para hacerlo necesitamos una
independencia de Washington que se está volviendo obligatoria pero que aún no ha sido conquistado. Si
el escenario ha cambiado debe adaptarse, no con las soluciones que se
encuentran de vez en cuando, pero con un suelo bien planificada, pasando
por la reforma de las instituciones centrales de Europa y llega
necesariamente los criterios de adhesión y permanecer dentro de la
unión. De
lo contrario, el vacío estadounidense de poder está destinado a ser
ocupado por un sujeto que tiene muy poco en común con los valores
democráticos europeos.
Europa und das Machtvakuum, das die USA im internationalen Szenario hinterlassen haben
Einer
der größten Auswirkungen der Trump Präsidentschaft, international, ist
der allmähliche Rückzug der USA von der Rolle, die sie bis zur
Präsidentschaft Obamas gespielt hatten: in der Position der führenden
Weltmacht, Washington, eine Art diplomatischer Szene Kontrolle ausgeübt,
die eine sichergestellt gewisse Stabilität in der Welt. Wenn
diese Rolle positiv oder negativ ist, ist es ein subjektives Urteil,
das je nach Kontingenz des Moments variieren kann, aber für eine Analyse
des gegenwärtigen Machtvakuums scheint es irrelevant zu sein. Es
ist auch wahr, dass eine Art Abdankung bereits mit Obama begonnen
wurde, die nicht zu begehen die USA aus erster Hand und direkt in
bestimmten internationalen Krisen versucht hatte, zunächst, dass in
Syrien, und hatte eine Art Delegation die angenommenen mehr
kollaborative Verbündete, die ihm die herausragende Stellung und eine
zurückgezogene und untergeordnete Rolle für das amerikanische Land
vorbehalten. Doch
trotz dieser von politischen, aber auch wirtschaftlichen Zwängen
geprägten Loslösung blieben Washington und das Weiße Haus im Zentrum der
internationalen Szene und bereit, sich den üblichen westlichen Werten
anzupassen. Mit
dem neuen Bewohner des Weißen Hauses dieser Art der Praxis verändert
hat: amerikanischer Rückzug, wie auch in dem Wahlkampf versprochen, hat
es erhöht auf den ursprünglichen Eigenschaften zu nehmen, ganz anders,
wie er Obama angestellt hatte. Neben
der internationalen Szene neu zu sein die neue amerikanische Haltung,
nur durch das Militär und US-Diplomaten gemildert, ist ein Machtvakuum,
das die Möglichkeit bietet, von anderen Mächten gefüllt werden. Darüber
hinaus hat sich die internationale Situation wesentliche Veränderungen
eingetreten, vergangen ist weitgehend auf die Bühne der Bipolarität und
präsentiert eine flüssigere Realität mit einer Reihe von Probanden in
der Lage signifikante Veränderungen des allgemeinen Gleichgewichts zu
verursachen, fast ohne dass diese Prozesse gestoppt werden kann. Die
Entstehung von nicht-nationalen Akteuren wie der islamischen Staat hat
die Gefahren des Mangels an Kontrolle Phänomene hervorgehoben, dass die
klassische Dialektik zwischen den Staaten überschreiten, einen Überblick
zu knacken jetzt auch kristallisiert. Russland
hat damit begonnen, eine Supermacht zu spielen, aber das Innere
strukturelle Defizit setzt nach wie vor die USA unter, obwohl Putins
Aktivismus einige große Probleme in Washington geschaffen hat, aber der
wirkliche Konkurrent der Vereinigten Staaten sieht ziemlich China, Das hat das amerikanische Land in einigen wichtigen Daten bereits passiert. Peking
stellt einen Gegner mit unterschiedlichen Zielen dar, weil es eine
wirtschaftliche und technologische Vorherrschaft anstrebt, aber nicht
vorhat, sich zumindest vorübergehend in die Innenpolitik der Staaten
einzumischen. Es
ist aber ein Land mit einer Form der autoritären Regierung und das hat
eine große finanzielle Liquidität, Faktoren, die eine Geschwindigkeit
von mehr Entscheidet die Demokratien und die Leichtigkeit ermöglichen
die westlichen Märkte zu erschließen, wie in der Dritten Welt, mit den
konkreten Fähigkeiten um sie von innen zu konditionieren. Wahrscheinlich
wäre dieses Szenario unvermeidlich gewesen, aber die Schließung der USA
an sich erleichtert die Bedingungen für den Erfolg. Die
Zukunft stellt große Unbekannte vor allem für die europäischen Staaten
dar, die zu langsam reagieren und noch zu weit zurück sind, um eine
führende Rolle in der internationalen Politik zu spielen. Die
wirkliche Gefahr ist, dass China fortgeschritten, durch eine große
Durchdringung in den Märkten markiert und dann in der europäischen
Gesellschaften wird es so dünn ist, aus wirtschaftlichem politischen,
ohne mehr vorhanden ist das amerikanische Schild. Um
diese Art von Bedrohung zu überwinden ist wichtig, dass Europa die
Beziehungen weiter zu entwickeln mit China, denn in dieser
wirtschaftlichen Phase wesentlich ist, aber ein gleicher Ort, und dafür
brauchen wir eine Unabhängigkeit von Washington wird es immer
verbindlich vorgeschrieben es wurde noch nicht erobert. Wenn
das Szenario hat anpassen muß geändert werden, nicht mit Lösungen von
Zeit zu Zeit gefunden, aber mit einer gut Etage geplant, durch die
Reform der europäischen zentralen Institutionen vorbei und kommt
notwendigerweise die Kriterien für die Mitgliedschaft und innerhalb der
Union bleiben. Andernfalls
ist das amerikanische Machtvakuum dazu bestimmt, von einem Subjekt
ausgefüllt zu werden, das sehr wenig mit europäischen demokratischen
Werten zu tun hat.
L'Europe et le vide de pouvoir laissé par les Etats-Unis dans le scénario international
L'un
des effets majeurs de la présidence Trump, au niveau international, est
le retrait progressif des Etats-Unis du rôle qu'ils avaient occupé
jusqu'à la présidence d'Obama: en position de plus grande puissance
mondiale, Washington exerçait une sorte de contrôle sur la scène
diplomatique. certaine stabilité dans le monde. Si
ce rôle était positif ou négatif, c'est un jugement subjectif qui
pourrait varier en fonction de la contingence du moment, mais pour une
analyse relative au vide actuel du pouvoir apparaît sans pertinence. Il
est également vrai qu'une sorte d'abdication avait déjà commencé avec
Obama, qui avait essayé de ne pas engager les Etats-Unis à la première
personne et directement dans certaines crises internationales, en
premier lieu les syriens, et avait adopté une sorte de délégation à la plus
alliés de collaboration, lui laissant la position prééminente et
réservant un rôle plus isolé et secondaire pour le pays américain. Cependant,
malgré ce désengagement, dicté par des raisons politiques, mais aussi
économiques, Washington et la Maison Blanche sont restés au centre de la
scène internationale et prêts à s'adapter aux valeurs occidentales
habituelles. Avec
le nouveau locataire de la Maison Blanche, ce genre de coutume a
changé: le désengagement américain, comme promis dans la campagne
électorale, a augmenté pour prendre des caractéristiques originales,
très différentes des modalités qu'Obama avait assumées. En
plus de représenter une nouveauté sur la scène internationale, la
nouvelle attitude américaine, seulement atténuée par l'armée et les
diplomates américains, constitue un vide de pouvoir qui offre la
possibilité d'être rempli par d'autres puissances. D'autre
part, la situation internationale a subi des changements substantiels, a
largement dépassé la phase de bipolarité et présente une réalité plus
fluide avec une série de sujets capables de provoquer des altérations
significatives de l'équilibre général, presque sans que ces processus
soient arrêtés. L'émergence
d'acteurs non nationaux tels que l'État islamique a mis en évidence le
danger de l'absence de contrôle des phénomènes capables de dépasser la
dialectique classique entre les États, pour briser une vision désormais
trop cristallisée. La
Russie a repris son rôle de superpuissance, mais son déficit structurel
interne la place du côté américain, bien que l'activisme de Poutine ait
certainement créé de grandes difficultés à Washington, mais le vrai
concurrent américain ressemble plutôt à la Chine, qui a déjà passé le pays américain dans quelques données significatives. Pékin
représente un adversaire avec des objectifs différents parce qu'il
cherche la suprématie économique et technologique, mais ne vise pas à
interférer dans la politique interne des états, au moins pour l'instant.
Cependant,
c'est un pays avec une forme autoritaire de gouvernement et qui a une
grande liquidité financière, des facteurs qui lui permettent un taux de
décision plus élevé que les démocraties et la facilité d'entrer sur les
marchés occidentaux, comme ceux du tiers monde, avec la capacité
concrète. les conditionner de l'intérieur. Probablement ce scénario aurait été inévitable, mais la fermeture des États-Unis en soi facilite les conditions de succès. L'avenir
présente de grandes inconnues, en particulier pour les États européens,
qui ont des temps de réaction trop lents pour changer et sont encore
trop loin pour jouer un rôle de premier plan dans l'arène de la
politique internationale. Le
vrai danger est que la progression chinoise, marquée par une grande
pénétration des marchés et donc des sociétés européennes, se transforme,
subtilement, d'économique en politique, sans que le bouclier américain
ne soit plus présent. Pour
remédier à ce type de menace, il est important que l'Europe continue de
développer des contacts avec la Chine, car dans cette phase économique,
ils sont essentiels, mais à partir d'une position égale, nous avons
besoin d'une indépendance de Washington qui devienne obligatoire. il n'a pas encore été conquis. Si
le scénario a changé, il faut s'adapter, non pas avec des solutions
trouvées de temps en temps, mais avec un plan bien planifié, qui passe
de la réforme des institutions d'Europe centrale et arrive
nécessairement aux critères d'adhésion et de permanence au sein de
l'union. Autrement,
le vide américain du pouvoir est destiné à être comblé par un sujet qui
a très peu de points communs avec les valeurs démocratiques
européennes.
Europa e o vácuo de poder deixado pelos EUA no cenário internacional
Um
dos principais efeitos da presidência de Trump, a nível internacional, é
a remoção progressiva dos Estados Unidos do papel que desempenharam até
a presidência de Obama: na posição de maior poder mundial, Washington
exerceu uma espécie de controle da cena diplomática, que assegurou uma certa estabilidade no mundo. Se
esse papel foi positivo ou negativo, é um julgamento subjetivo que pode
variar de acordo com a contingência do momento, mas uma análise sobre o
vácuo atual do poder parece irrelevante. Também
é verdade que uma espécie de abdicação já havia começado com Obama, que
tentou não envolver os EUA em primeira pessoa e diretamente em algumas
crises internacionais, em primeiro lugar o sírio, e adotou uma espécie
de delegação ao mais
aliados colaborativos, deixando-lhe a posição preeminente e reservando
um papel mais isolado e secundário para o país americano. No
entanto, apesar deste desengate, ditado por razões políticas, mas
também econômico, Washington e a Casa Branca permaneceram no centro da
cena internacional e prontos para se adequar aos valores ocidentais
habituais. Com
o novo inquilino da Casa Branca, esse tipo de costume mudou: o
desengajamento americano, como prometido na campanha eleitoral, aumentou
para assumir características originais, muito diferentes das
modalidades que Obama assumiu. Além
de representar uma novidade no cenário internacional, a nova atitude
norte-americana, mitigada pelos militares e diplomatas dos EUA,
constitui um vácuo de poder que oferece a oportunidade de ser preenchido
por outros poderes. Por
outro lado, a situação internacional sofreu mudanças substanciais,
superou em grande parte a fase de bipolaridade e apresenta uma realidade
mais fluida com uma série de indivíduos capazes de causar alterações
significativas no equilíbrio geral, quase sem que esses processos sejam
interrompidos. O
surgimento de atores não-nacionais, como o Estado islâmico, evidenciou o
perigo da falta de controle de fenômenos capazes de superar a dialética
clássica entre os estados, para acabar com uma visão agora
cristalizada. A
Rússia retomou o papel de superpotência, mas o déficit estrutural
interno ainda o coloca no lado dos EUA, embora o ativismo de Putin
certamente tenha criado grandes dificuldades em Washington, mas o
verdadeiro concorrente dos EUA parece ser a China, que já passou pelo país americano em alguns dados significativos. Pequim
representa um adversário com diferentes objetivos porque busca a
supremacia econômica e tecnológica, mas não pretende interferir na
política interna dos estados, pelo menos por enquanto. No
entanto, é um país com uma forma autoritária de governo e que tem uma
grande liquidez financeira, fatores que lhe permitem uma maior taxa de
decisão do que as democracias e a facilidade de entrar nos mercados
ocidentais, como nos do terceiro mundo, com a capacidade concreta para condicioná-los de dentro. Provavelmente esse cenário teria sido inevitável, mas o fechamento dos EUA em si facilita as condições de sucesso. O
futuro apresenta grandes incógnitas, especialmente para os estados
europeus, que têm tempos de reação muito lentos para mudar e ainda estão
muito para trás para desempenhar um papel de liderança na arena da
política internacional. O
perigo real é que o avanço chinês, marcado por uma grande penetração
nos mercados e, portanto, nas sociedades européias, é transformado,
sutilmente, de econômico a político, sem que o escudo americano esteja
presente. Para
remediar este tipo de ameaça, é importante que a Europa continue a
desenvolver os contatos com a China, porque nesta fase econômica são
essenciais, mas de uma posição igual e para isso precisamos de uma
independência de Washington que se torne obrigatória, mas que ainda não foi conquistado. Se
o cenário mudou, é necessário se adaptar, não com soluções encontradas
de tempos em tempos, mas com um plano bem planejado, que passa da
reforma das instituições centrais européias e necessariamente chega aos
critérios de adesão e permanência dentro da união. Caso
contrário, o vácuo americano do poder está destinado a ser preenchido
por um assunto que tem muito pouco em comum com os valores democráticos
europeus.
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