Blog di discussione su problemi di relazioni e politica internazionale; un osservatorio per capire la direzione del mondo. Blog for discussion on problems of relations and international politics; an observatory to understand the direction of the world.
Politica Internazionale
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giovedì 23 gennaio 2020
تضع الأمم المتحدة حق المهاجرين في المناخ
أكدت لجنة حقوق الإنسان التابعة للأمم المتحدة أن قضية هجرة المناخ لها أهمية قانونية تحث حكومات العالم على اعتبار أن حالة الطوارئ المناخية هي عامل قانوني قادر على أن يصبح سبباً لإمكانية منح حق اللجوء إلى هؤلاء. مهاجرون معينون. هذا ابتكار كبير في القانون الدولي ، لأنه يحيط علماً بعواقب تغير المناخ على المشاكل المتعلقة بالبيئة والأسباب التي تشكل خطراً على حياة الناس. يعني ضمنيًا الاعتراف القانوني لفئة لاجئي المناخ ، وهم أولئك الذين يرون ، بسبب الأحداث الطبيعية التي تسببها ظاهرة الاحتباس الحراري على سبيل المثال ، أن التربة المتاحة لهم يمكن تقليصها ، وكذلك آثار ارتفاع مياه البحر ، نتيجة لصعوبات الإسكان ، ومشاكل في المحاصيل وإمدادات المياه. ينقسم تصنيف الآثار الضارة للتغير في المناخ إلى نوعين: الضرر الناجم عن التأثيرات المطولة مع مرور الوقت ، مثل الزيادة في نسبة الملوحة للتربة وارتفاع منسوب البحر أو التصحر والأضرار الناجمة عن الأحداث المفاجئة وليس كما هو متوقع كما الفيضانات. من المفهوم أن هذه الكوارث الطبيعية يمكن أن تجبر حتى أجزاء كبيرة من السكان على عبور الحدود الوطنية لإيجاد مأوى في دول أخرى. وفقًا للجنة الأمم المتحدة لحقوق الإنسان ، فإن عدم وجود سياسات وطنية ودولية تهدف إلى مواجهة آثار تغير المناخ يبرر حق المهاجرين في المناخ في عدم الرفض. إذا كان هذا التصريح ، الثوري في بعض النواحي ، حتى لو كان في الأساس مجرد اعتراف بمشكلة مزعومة ، يجلب حداثة في القانون الدولي ، فإنه يفتح في وقت واحد مجموعة واسعة من الاستثناءات والاعتراضات ، والتي سيحاول المشرعون الوطنيون بالتأكيد القيام بها لتنظيم أنظمتها. تتمثل إحدى الظروف الأولى التي يتعين حلها في طرق وأوقات الاستقبال ، بالنظر إلى أنه في بعض الحالات على الأقل ، يمكن افتراض استعادة الظروف السابقة للأحداث الكارثية. من الأصعب إدارة المواقف التي تحدث فيها ظروف غير قابلة للإصلاح ، في هذه الحالات تكون أشكال الاتفاقات الوقائية بين الدول مرغوبة وقادرة على إدارة ظواهر الهجرة ، من خلال موقع مسبق ومع استقبال لا يقتصر على الإسعافات الأولية ، ولكن تتميز تكامل حقيقي ونهائي من قبل البلدان المضيفة. لا شك أن قضايا المناخ لها تأثير مباشر على الموارد الغذائية ومدى توافر مياه الشرب ، والتي ترتبط ارتباطًا وثيقًا بالمجاعات ، واستحالة الري ، وبالتالي الإنتاج الزراعي والحيواني ، بما يضر بظروف النظافة الطبيعية وبالتالي سبب انتشار الأمراض. من المؤكد أن آثار تغير المناخ مسؤولة عن هذه الحالات غير المباشرة لظواهر الهجرة ، والتي لا تقع مباشرة في الحالتين المناخيتين اللتين أعدتهما لجنة حقوق الإنسان. ومع ذلك ، لا يبدو من الممكن الفصل ، من وجهة نظر الجاذبية والأسباب التي تولد هذه الظاهرة ، عن مناخ المهاجرين من المهاجرين بسبب نقص الغذاء والماء ؛ لذلك حتى بالنسبة لأولئك الذين يضطرون إلى التخلي عن بلدانهم بسبب الغياب المزمن للموارد الغذائية ، ينبغي تصميم حل وقائي ، من خلال الاتفاقات الدولية الموقعة من قبل الدول الفردية ، ربما بالتنسيق مع الأمم المتحدة. ولكن في أوقات السيادة الوطنية والأنانية ، يبدو هذا صعبًا للغاية ، حتى إذا كان الوضع الطارئ يبدو معقدًا بالفعل ، فلا يُلاحظ أي جهد لمنع عواقب تغير المناخ ، وهو ما يُنكر بالفعل ، وبدون تغييرات في المواقف ، يتم توجيه ضغوط الهجرة لإبراز. إن أهمية قرار لجنة حقوق الإنسان لا يحل المشكلة العملية المتمثلة في الاستقبال أو حتى مشكلة تغير المناخ بسبب الاحترار العالمي ، ولكنه يفتح نقاشًا حول شرعية رفض المهاجرين الذين يصبحون مهاجرين لأسباب خارجة عنهم ، وغالبًا ، على وجه التحديد للبلدان التي ترفضهم.
mercoledì 15 gennaio 2020
Pechino sconfitta a Taiwan
Con una partecipazione di oltre il 75%, la più alta dal 2008, le elezioni a Taiwan hanno confermato tutti i pronostici a favore della candidata Tsai Ing-wen, che ha vinto con oltre il 57% dei consensi ed ha raggiunto la maggioranza anche al parlamento. La vincitrice ha costruito la sua campagna elettorale contro l’ingerenza cinese ed a favore dell’indipendenza di Taiwan da Pechino. Questo programma elettorale, tuttavia, nella forma non è mai stato reso esplicito, per non irritare troppo la Cina, ma ha mantenuto un atteggiamento di fatto ambiguo in favore dello status quo: il mantenimento dell’indipendenza senza dichiararla ufficialmente. Se la forma è questa, la sostanza effettiva presentata agli elettori è per il mantenimento del distacco da Pechino, senza prevedere soluzioni fallimentari come quella di Hong Kong, riassunte nel programma mai attuato: “uno stato due sistemi”. La maggioranza degli elettori di Taiwan e sopratutto i giovani hanno inteso questa votazione come un vero e proprio referendum per il mantenimento dei valori democratici nel paese e contro la proposta di una riconciliazione con la Cina come proposto dal partito nazionalista. Questo risultato elettorale ha molte cause, delle quali la volontà di preservare l’autonomia e la democrazia rappresentano soltanto quelle interne. Per la ragioni esterne occorre analizzare il comportamento cinese tenuto sia nella madrepatria, che ad Hong Kong e, sopratutto, nei confronti della stessa Taiwan. Pechino, per mantenere la linea fissata da Xi Jingping, ha ammonito più volte Taiwan a non perseguire l’indipendenza ed ha sottolineato più volte che l’isola appartiene alla Cina come continuità territoriale del paese. Anche le repressioni ad Hong Kong vicino al voto a Taiwan hanno contribuito a spostare i consensi verso chi si è dimostrato a favore del mantenimento dei valori democratici. Quello che stupisce è proprio l’approccio cinese tutt’altro che pragmatico e che appare totalmente inadatto per esercitare il ruolo di grande potenza. Anche se è vero che Pechino considera come territorio cinese entità che non si riconoscono nella legislazione cinese, il comportamento della Cina ha evidenziato una condotta censurata da gran parte dell’opinione pubblica mondiale e la capacità di relazioni con i paesi esteri è stata assicurata soltanto dalla grande liquidità finanziaria disponibile. Il voto di Taiwan, in realtà, sembra spaventare Pechino, che teme altre manifestazioni ad Hong Kong e sopratutto nell’interno del paese cinese, già in difficoltà per la repressione contro i musulmani ed i dissidenti. In effetti l’intesità della reazione, effettuata con uno schema prevedibile, perchè addossa la responsabilità del risultato elettorale a forze straniere, in particolare gli Stati Uniti, segnala uno spaesamento e l’assenza di argomentazioni capaci di giustificare l’atteggiamento cinese. Sul lato pratico la Cina effettua la pressione su Taiwan con minacce di ricorrere al ruolo della forza per salvaguarare l’integrità territoriale anche attraverso esercitazioni della marina militare cinese nello stretto di mare che divide la Cina continentale da Taiwan. Dal punto di vista diplomatico la vittoria degli indipendentisti di Taiwan significa che si conferma uno scenario potenzialmente pericoloso per gli equilibri dell’area: gli Stati Uniti potrebbero accelerare i legami con Taipei ed incrementare le forniture militari, che ci sono già state. Queste forniture, seppure consistenti, sono ritenute insufficenti contro un potenziale attacco di Pechino; il rischio maggiore è quello che gli USA vogliano impiantare una base americana su di un territorio che Pechino considera di sua proprietà. Ciò potrebbe rientrare anche nella negazione nel riconoscimento ufficiale di Washington della questione cinese, che si condensa nella definizione di una sola Cina. In ottica di contenimento cinese, Taiwan potrebbe garantire un fattore strategico di assoluta importanza per gli Stati Uniti, sia dalpunto di vista militare, che da quello commerciale; il punto è quanto potrà essere vantaggioso continuare su questa strada, visto l’atteggiamento di totale intransigenza di Pechino. Per la Cina, comunque, la gestione della politica interna sta diventando forse più difficile della gestione della politica internazionale, proprio perchè non appare attrezzata a gestire il dissenso e ciò potrà produrre contraccolpi inevitabili a livello diplomatico ed anche commerciale.
Beijing defeated Taiwan
With a participation of over 75%, the highest since 2008, the elections in Taiwan confirmed all the forecasts in favor of the candidate Tsai Ing-wen, who won with over 57% of the votes and reached the majority also in the parliament. The winner built her election campaign against Chinese interference and in favor of Taiwan's independence from Beijing. This electoral program, however, in form has never been made explicit, in order not to irritate China too much, but has maintained a de facto ambiguous attitude in favor of the status quo: maintaining independence without officially declaring it. If this is the form, the actual substance presented to the voters is for the maintenance of detachment from Beijing, without providing for bankruptcy solutions such as that of Hong Kong, summarized in the never implemented program: "one state two systems". The majority of Taiwanese voters and above all young people understood this vote as a real referendum for the maintenance of democratic values in the country and against the proposal for a reconciliation with China as proposed by the nationalist party. This election result has many causes, of which the desire to preserve autonomy and democracy represent only internal ones. For external reasons, it is necessary to analyze the Chinese behavior both in the motherland and in Hong Kong and, above all, towards Taiwan itself. To maintain the line set by Xi Jingping, Beijing has repeatedly warned Taiwan not to pursue independence and has repeatedly stressed that the island belongs to China as the country's territorial continuity. The repressions in Hong Kong close to the vote in Taiwan have also contributed to shifting the consensus towards those who have shown themselves in favor of maintaining democratic values. What is surprising is the Chinese approach which is anything but pragmatic and which appears totally unsuitable for exercising the role of great power. Although it is true that Beijing considers entities that do not recognize themselves in Chinese legislation as Chinese territory, China's behavior has shown a conduct censored by a large part of the world public opinion and the capacity for relations with foreign countries has been ensured only by the great financial liquidity available. Taiwan's vote, in reality, seems to frighten Beijing, which fears other demonstrations in Hong Kong and especially in the interior of the Chinese country, already in difficulty due to the repression against Muslims and dissidents. In fact, the intensity of the reaction, carried out with a predictable pattern, because it places the responsibility for the election result on foreign forces, in particular the United States, indicates a disorientation and the absence of arguments capable of justifying the Chinese attitude. On the practical side, China is exerting pressure on Taiwan with threats to resort to the role of force to safeguard territorial integrity also through exercises by the Chinese navy in the sea strait that divides mainland China from Taiwan. From a diplomatic point of view, the victory of the Taiwanese independence activists means that a potentially dangerous scenario for the area's balance is confirmed: the United States could accelerate ties with Taipei and increase military supplies, which have already existed. These supplies, although substantial, are considered insufficient against a potential attack by Beijing; the greatest risk is that the US wants to set up an American base in an area that Beijing considers to be its property. This could also be part of Washington's denial of Washington's official recognition of the Chinese question, which condenses into the definition of a single China. From a Chinese containment perspective, Taiwan could guarantee a strategic factor of absolute importance for the United States, both from a military and a commercial point of view; the point is how advantageous it will be to continue on this path, given Beijing's attitude of total intransigence. For China, however, the management of internal politics is perhaps becoming more difficult than the management of international politics, precisely because it does not appear equipped to manage dissent and this can produce inevitable repercussions at a diplomatic and even commercial level.
Beijing derrotó a Taiwán
Con una participación de más del 75%, la más alta desde 2008, las elecciones en Taiwán confirmaron todos los pronósticos a favor del candidato Tsai Ing-wen, quien ganó con más del 57% de los votos y alcanzó la mayoría también en el parlamento. La ganadora construyó su campaña electoral contra la interferencia china y a favor de la independencia de Taiwán de Beijing. Este programa electoral, sin embargo, en forma nunca se ha hecho explícito, para no irritar demasiado a China, pero ha mantenido una actitud ambigua de facto a favor del status quo: mantener la independencia sin declararla oficialmente. Si esta es la forma, la sustancia real presentada a los votantes es el mantenimiento del destacamento de Beijing, sin proporcionar soluciones de bancarrota como la de Hong Kong, resumidas en el programa nunca implementado: "un estado dos sistemas". La mayoría de los votantes taiwaneses y, sobre todo, los jóvenes entendieron este voto como un verdadero referéndum para el mantenimiento de los valores democráticos en el país y en contra de la propuesta de reconciliación con China propuesta por el partido nacionalista. El resultado de esta elección tiene muchas causas, de las cuales el deseo de preservar la autonomía y la democracia representan solo las internas. Por razones externas, es necesario analizar el comportamiento chino tanto en la patria como en Hong Kong y, sobre todo, hacia Taiwán. Para mantener la línea establecida por Xi Jingping, Beijing ha advertido reiteradamente a Taiwán que no busque la independencia y ha subrayado reiteradamente que la isla pertenece a China como la continuidad territorial del país. Las represiones en Hong Kong cercanas a la votación en Taiwán también han contribuido a cambiar el consenso hacia aquellos que se han mostrado a favor de mantener los valores democráticos. Lo sorprendente es el enfoque chino que es cualquier cosa menos pragmático y que parece totalmente inadecuado para ejercer el papel de gran poder. Si bien es cierto que Beijing considera entidades que no se reconocen en la legislación china como territorio chino, el comportamiento de China ha demostrado una conducta censurada por gran parte de la opinión pública mundial y la capacidad para las relaciones con países extranjeros ha sido garantizada solo por el Gran liquidez financiera disponible. El voto de Taiwán, en realidad, parece asustar a Beijing, que teme otras manifestaciones en Hong Kong y especialmente en el interior del país chino, que ya están en dificultades debido a la represión contra musulmanes y disidentes. De hecho, la intensidad de la reacción, llevada a cabo con un patrón predecible, porque atribuye la responsabilidad del resultado electoral a las fuerzas extranjeras, en particular a los Estados Unidos, indica una desorientación y la ausencia de argumentos capaces de justificar la actitud china. Desde el punto de vista práctico, China ejerce presión sobre Taiwán con amenazas de recurrir al papel de la fuerza para salvaguardar la integridad territorial también a través de ejercicios de la armada china en el estrecho del mar que separa a China continental de Taiwán. Desde un punto de vista diplomático, la victoria de los activistas de la independencia de Taiwán significa que se confirma un escenario potencialmente peligroso para el equilibrio del área: Estados Unidos podría acelerar los lazos con Taipei y aumentar los suministros militares, que ya han existido. Estos suministros, aunque sustanciales, se consideran insuficientes contra un posible ataque de Beijing; El mayor riesgo es que EE. UU. quiera establecer una base estadounidense en un área que Pekín considera de su propiedad. Esto también podría ser parte de la negación de Washington del reconocimiento oficial de Washington de la cuestión china, que se condensa en la definición de una sola China. Desde una perspectiva de contención china, Taiwán podría garantizar un factor estratégico de importancia absoluta para los Estados Unidos, tanto desde el punto de vista militar como comercial; El punto es lo ventajoso que será continuar en este camino, dada la actitud de intransigencia total de Beijing. Para China, sin embargo, el manejo de la política interna quizás se está volviendo más difícil que el manejo de la política internacional, precisamente porque no parece equipado para manejar la disidencia y esto puede producir repercusiones inevitables a nivel diplomático e incluso comercial.
Peking besiegte Taiwan
Mit einer Beteiligung von über 75%, der höchsten seit 2008, bestätigten die Wahlen in Taiwan alle Prognosen zugunsten des Kandidaten Tsai Ing-wen, der mit über 57% der Stimmen gewann und auch in der EU die Mehrheit erreichte Parlament. Die Gewinnerin baute ihren Wahlkampf gegen chinesische Einmischung und zugunsten der Unabhängigkeit Taiwans von Peking auf. Dieses Wahlprogramm wurde jedoch nie konkretisiert, um China nicht zu sehr zu irritieren, sondern hat eine de facto zweideutige Haltung zugunsten des Status quo bewahrt: Aufrechterhaltung der Unabhängigkeit, ohne dies offiziell zu erklären. Wenn dies die Form ist, ist die tatsächliche Substanz, die den Wählern präsentiert wird, die Aufrechterhaltung der Ablösung von Peking, ohne dass Insolvenzlösungen wie die von Hongkong vorgesehen sind, zusammengefasst in dem nie umgesetzten Programm: "Ein Staat, zwei Systeme". Die Mehrheit der taiwanesischen Wähler und vor allem der Jugendlichen hat dieses Votum als ein echtes Referendum für die Wahrung demokratischer Werte im Land und gegen den von der nationalistischen Partei vorgeschlagenen Vorschlag für eine Aussöhnung mit China verstanden. Dieses Wahlergebnis hat viele Ursachen, von denen der Wunsch, Autonomie und Demokratie zu wahren, nur interne sind. Aus externen Gründen ist es notwendig, das chinesische Verhalten sowohl im Mutterland als auch in Hongkong und vor allem gegenüber Taiwan selbst zu analysieren. Um die von Xi Jingping festgelegte Linie beizubehalten, hat Peking Taiwan wiederholt gewarnt, keine Unabhängigkeit anzustreben, und wiederholt betont, dass die Insel als territoriale Kontinuität des Landes zu China gehört. Die Repressionen in Hongkong, die kurz vor der Abstimmung in Taiwan standen, haben auch dazu beigetragen, den Konsens auf diejenigen zu verlagern, die sich für die Wahrung demokratischer Werte ausgesprochen haben. Überraschend ist der alles andere als pragmatische chinesische Ansatz, der für die Ausübung der Rolle der Großmacht völlig ungeeignet erscheint. Obwohl Peking Personen betrachtet, die sich in der chinesischen Gesetzgebung nicht als chinesisches Territorium anerkennen, hat das Verhalten Chinas ein Verhalten gezeigt, das von einem großen Teil der Weltöffentlichkeit zensiert wird, und die Fähigkeit zu Beziehungen mit dem Ausland wurde nur von der Regierung sichergestellt große finanzielle Liquidität zur Verfügung. In Wirklichkeit scheint Taiwans Abstimmung Peking zu erschrecken, das andere Demonstrationen in Hongkong und insbesondere im Inneren des chinesischen Landes befürchtet, die sich aufgrund der Repression gegen Muslime und Dissidenten bereits in Schwierigkeiten befinden. Tatsächlich deutet die Intensität der Reaktion, die mit einem vorhersehbaren Muster durchgeführt wird, weil sie die Verantwortung für das Wahlergebnis auf ausländische Streitkräfte, insbesondere die Vereinigten Staaten, überträgt, auf eine Desorientierung und das Fehlen von Argumenten hin, die die chinesische Haltung rechtfertigen könnten. Auf der praktischen Seite übt China Druck auf Taiwan aus und droht, auf die Rolle der Gewalt zur Wahrung der territorialen Integrität zurückzugreifen, auch durch Übungen der chinesischen Marine in der Meerenge, die das chinesische Festland von Taiwan trennt. Aus diplomatischer Sicht bedeutet der Sieg der taiwanesischen Unabhängigkeitsaktivisten, dass sich ein potenziell gefährliches Szenario für das Gleichgewicht der Region bestätigt: Die Vereinigten Staaten könnten die Beziehungen zu Taipeh beschleunigen und die bereits vorhandenen militärischen Vorräte erhöhen. Diese Vorräte sind zwar beträchtlich, werden jedoch als unzureichend für einen möglichen Angriff Pekings angesehen. Das größte Risiko besteht darin, dass die USA einen amerikanischen Stützpunkt in einem Gebiet errichten wollen, das Peking für ihr Eigentum hält. Dies könnte auch ein Teil der Verweigerung Washingtons sein, die chinesische Frage offiziell anzuerkennen, was sich in der Definition eines einzelnen China niederschlägt. Aus chinesischer Sicht könnte Taiwan einen strategischen Faktor von absoluter Bedeutung für die Vereinigten Staaten garantieren, sowohl aus militärischer als auch aus kommerzieller Sicht. Der Punkt ist, wie vorteilhaft es sein wird, diesen Weg angesichts der Haltung Pekings zu absoluter Unnachgiebigkeit fortzusetzen. Für China wird das Management der Innenpolitik jedoch möglicherweise schwieriger als das Management der internationalen Politik, gerade weil es nicht in der Lage zu sein scheint, mit Dissens umzugehen, was unvermeidliche Auswirkungen auf diplomatischer und sogar auf wirtschaftlicher Ebene haben kann.
Pékin a battu Taiwan
Avec une participation de plus de 75%, la plus élevée depuis 2008, les élections à Taïwan ont confirmé toutes les prévisions en faveur du candidat Tsai Ing-wen, qui a remporté avec plus de 57% des voix et atteint la majorité également au Parlement. La gagnante a construit sa campagne électorale contre l'ingérence chinoise et en faveur de l'indépendance de Taiwan par rapport à Pékin. Ce programme électoral, cependant, dans sa forme, n'a jamais été explicité, afin de ne pas trop irriter la Chine, mais a maintenu une attitude ambiguë de facto en faveur du statu quo: maintenir l'indépendance sans la déclarer officiellement. Si tel est le formulaire, la substance réelle présentée aux électeurs est pour le maintien du détachement de Pékin, sans prévoir de solutions de mise en faillite comme celle de Hong Kong, résumées dans le programme jamais mis en œuvre: "un État deux systèmes". La majorité des électeurs taiwanais et surtout des jeunes ont compris ce vote comme un véritable référendum pour le maintien des valeurs démocratiques dans le pays et contre la proposition de réconciliation avec la Chine proposée par le parti nationaliste. Ce résultat électoral a de nombreuses causes, dont la volonté de préserver l'autonomie et la démocratie ne représente que des causes internes. Pour des raisons externes, il est nécessaire d'analyser le comportement chinois à la fois dans la mère patrie et à Hong Kong et, surtout, envers Taiwan lui-même. Pour maintenir la ligne fixée par Xi Jingping, Pékin a à plusieurs reprises averti Taiwan de ne pas poursuivre son indépendance et a souligné à plusieurs reprises que l'île appartient à la Chine en tant que continuité territoriale du pays. Les répressions à Hong Kong proches du vote à Taiwan ont également contribué à déplacer le consensus vers ceux qui se sont montrés favorables au maintien des valeurs démocratiques. Ce qui est surprenant, c'est précisément l'approche chinoise qui est tout sauf pragmatique et qui semble totalement inadaptée à l'exercice du rôle de grande puissance. Bien qu'il soit vrai que Pékin considère les entités qui ne se reconnaissent pas dans la législation chinoise comme un territoire chinois, le comportement de la Chine a montré une conduite censurée par une grande partie de l'opinion publique mondiale et la capacité de relations avec les pays étrangers n'a été assurée que par le grande liquidité financière disponible. Le vote de Taïwan, en réalité, semble effrayer Pékin, qui craint d'autres manifestations à Hong Kong et surtout à l'intérieur du pays chinois, déjà en difficulté en raison de la répression contre les musulmans et les dissidents. En fait, l'intensité de la réaction, menée selon un schéma prévisible, car elle confie la responsabilité du résultat des élections aux forces étrangères, en particulier aux États-Unis, indique une désorientation et l'absence d'arguments capables de justifier l'attitude chinoise. Sur le plan pratique, la Chine exerce des pressions sur Taïwan en menaçant de recourir au rôle de la force pour sauvegarder l'intégrité territoriale également par des exercices de la marine chinoise dans le détroit de la mer qui sépare la Chine continentale de Taïwan. D'un point de vue diplomatique, la victoire des militants indépendantistes taiwanais signifie qu'un scénario potentiellement dangereux pour l'équilibre de la zone se confirme: les États-Unis pourraient accélérer les liens avec Taipei et augmenter les fournitures militaires, qui ont déjà existé. Ces fournitures, bien que substantielles, sont jugées insuffisantes face à une éventuelle attaque de Pékin; le plus grand risque est que les États-Unis souhaitent établir une base américaine dans une zone que Pékin considère comme sa propriété. Cela pourrait également faire partie du déni par Washington de la reconnaissance officielle par Washington de la question chinoise, qui se condense en la définition d'une seule Chine. Du point de vue du confinement chinois, Taïwan pourrait garantir un facteur stratégique d'une importance absolue pour les États-Unis, tant d'un point de vue militaire que commercial; il s'agit de savoir à quel point il sera avantageux de poursuivre sur cette voie, étant donné l'attitude d'intransigeance totale de Pékin. Pour la Chine, cependant, la gestion de la politique intérieure devient peut-être plus difficile que la gestion de la politique internationale, précisément parce qu'elle ne semble pas équipée pour gérer la dissidence et cela peut produire des répercussions inévitables au niveau diplomatique et même commercial.
Pequim derrotou Taiwan
Com uma participação de mais de 75%, a maior desde 2008, as eleições em Taiwan confirmaram todas as previsões a favor do candidato Tsai Ing-wen, que venceu com mais de 57% dos votos e alcançou a maioria também no parlamento. A vencedora construiu sua campanha eleitoral contra a interferência chinesa e a favor da independência de Taiwan de Pequim. Esse programa eleitoral, no entanto, nunca foi explicitado de forma a não irritar muito a China, mas manteve uma atitude ambígua de fato em favor do status quo: manter a independência sem declará-la oficialmente. Se essa é a forma, a substância real apresentada aos eleitores é a manutenção do desapego de Pequim, sem fornecer soluções de falência como a de Hong Kong, resumidas no programa nunca implementado: "um estado, dois sistemas". A maioria dos eleitores de Taiwan e, sobretudo, os jovens entenderam esse voto como um verdadeiro referendo para a manutenção dos valores democráticos no país e contra a proposta de reconciliação com a China proposta pelo partido nacionalista. Esse resultado eleitoral tem muitas causas, das quais o desejo de preservar a autonomia e a democracia representa apenas as internas. Por razões externas, é necessário analisar o comportamento chinês tanto na pátria como em Hong Kong e, sobretudo, em relação a Taiwan. Para manter a linha estabelecida por Xi Jingping, Pequim alertou repetidamente Taiwan para não buscar a independência e enfatizou repetidamente que a ilha pertence à China como a continuidade territorial do país. As repressões em Hong Kong perto da votação em Taiwan também contribuíram para mudar o consenso em relação àqueles que se mostraram a favor da manutenção dos valores democráticos. O que é surpreendente é a abordagem chinesa, que é tudo menos pragmática e que parece totalmente inadequada para exercer o papel de grande poder. Embora seja verdade que Pequim considera entidades que não se reconhecem na legislação chinesa como território chinês, o comportamento da China demonstrou uma conduta censurada por grande parte da opinião pública mundial e a capacidade de relacionamento com países estrangeiros foi assegurada apenas pela grande liquidez financeira disponível. Na verdade, o voto de Taiwan parece assustar Pequim, que teme outras manifestações em Hong Kong e especialmente no interior do país chinês, já em dificuldade devido à repressão contra muçulmanos e dissidentes. De fato, a intensidade da reação, realizada com um padrão previsível, porque atribui a responsabilidade pelo resultado da eleição a forças estrangeiras, em particular os Estados Unidos, indica uma desorientação e a ausência de argumentos capazes de justificar a atitude chinesa. Do lado prático, a China está exercendo pressão sobre Taiwan com ameaças de recorrer ao papel da força para salvaguardar a integridade territorial também através de exercícios da marinha chinesa no estreito do mar que divide a China continental de Taiwan. Do ponto de vista diplomático, a vitória dos ativistas da independência de Taiwan significa que um cenário potencialmente perigoso para o equilíbrio da área é confirmado: os Estados Unidos podem acelerar os laços com Taipei e aumentar os suprimentos militares, que já existem. Esses suprimentos, embora substanciais, são considerados insuficientes contra um possível ataque de Pequim; o maior risco é que os EUA desejem estabelecer uma base americana em uma área que Pequim considera sua propriedade. Isso também pode ser parte da negação de Washington ao reconhecimento oficial da questão chinesa por Washington, que condensa na definição de uma única China. Do ponto de vista da contenção chinesa, Taiwan poderia garantir um fator estratégico de absoluta importância para os Estados Unidos, tanto do ponto de vista militar quanto comercial; o ponto é quão vantajoso será continuar nesse caminho, dada a atitude de total intransigência de Pequim. Para a China, no entanto, o gerenciamento da política interna talvez esteja se tornando mais difícil do que o gerenciamento da política internacional, precisamente porque ela não parece equipada para gerenciar discordâncias e isso pode produzir repercussões inevitáveis em nível diplomático e até comercial.
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