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Politica Internazionale
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martedì 20 ottobre 2020
تقترح المفوضية الأوروبية لائحة عقابية ضد انتهاك حقوق الإنسان
venerdì 16 ottobre 2020
Nello Yemen uno scambio di prigionieri potrebbe aprire la strada a nuovi negoziati
Con lo scambio dei prigionieri tra i ribelli sciiti ed il governo dello Yemen, che riguarda circa 1000 combattenti per parte, le Nazioni Unite cercano di favorire la reciproca fiducia tra le due parti per promuovere dei negoziati che hanno come obiettivo di terminare una guerra sanguinosa, che va avanti da ben sei anni. Lo scambio sta procedendo, come confermato dal Comitato internazionale della Croce Rossa, ma le operazioni non sono brevi, tuttavia permetteranno il ricongiungimento dei combattenti alle loro famiglie; questo aspetto è visto come essenziale per riportare il clima necessario per procedere, poi sulla strada della diplomazia al posto di quella delle armi. Tra i militari che saranno interessati dalla liberazione ci sono soldati sauditi ed anche sudanesi, in quanto il paese africano appoggia la coalizione, con a capo l’Arabia Saudita, che fin dal 2015, sostiene il governo che i ribelli Huti, di religione sciita, hanno estromesso dalla conduzione del paese. L’attuale situazione contingente, con la pandemia che ha colpito a livello globale, ha portato come conseguenza diretta sul conflitto yemenita le ricadute della diminuzione degli aiuti umanitari in uno scenario già compromesso, oltre che dalla guerra, da una situazione sanitaria molto grave, cui si devono sommare le condizioni di carestia alimentare che sta patendo la popolazione. Queste condizioni generali, insieme al sostanziale stallo dei combattimenti, che non ha favorito nessuno dei due contendenti, ha favorito lo scambio dei prigionieri già concordato a Stoccolma. I numeri specifici di questo scambio riguardano il rilascio di 681 combattenti dei ribelli sciiti, contro 400 militari delle forze che appoggiano il governo, più i diciannove combattenti stranieri, di cui quindici sauditi e quattro sudanesi. L’attività della Croce rossa ha permesso materialmente lo scambio grazie a visite mediche, forniture sanitarie e di vestiario oltre a somme di denaro necessarie per il ritorno alle rispettive abitazioni. Nel frattempo gli Huti hanno rilasciato tre persone statunitensi che erano ostaggio delle milizie sciite. Il conflitto yemenita non gode dell’esposizione mediatica della guerra siriana o di quella condotta contro lo Stato islamico, tuttavia proprio secondo le Nazioni Unite risulta essere la peggiore crisi umanitaria del mondo. La povertà del paese, che attraversava una situazione complicata già in tempo di pace, ha favorito la rapida discesa della qualità della vita creata dal conflitto ed aggravata dalla situazione sanitaria ed alimentare conseguente, in questo scenario la particolare violenza esercitata dalla coalizione contro i ribelli, ha colpito spesso i civili provocando morti e feriti anche attraverso il bombardamento indiscriminato di scuole ed ospedali. Particolarmente violenta è stata l’azione delle forze armate saudite, che hanno dimostrato la loro totale mancanza di rispetto verso la popolazione; malgrado questo accanimento la coalizione guidata dall’Arabia Saudita non è riuscita ad avere ragione dei ribelli. L’azione delle Nazioni Unite si è concentrata su due strade: la prima quella diplomatica per fare cessare le ostilità, mentre nel contempo veniva praticata anche una seconda soluzione di ordine pratico, mediante la creazione di corridoi umanitari, che ha portato, anche se in modo parziale, sollievo alle sofferenze della popolazione. Anche attraverso la mediazione tra le due parti, le Nazioni Unite hanno fermato offensive militari, risultando decisive per la tutela dei civili. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite con la risoluzione 2216 del 2015 hanno chiesto ai ribelli Huti il disarmo ed il ritiro dalle regioni conquistate, ma senza offrire nulla in cambio del territorio preso; per la visione dei ribelli è necessario mantenere il controllo su porzioni consistenti di territorio, anche per evitare l’accerchiamento e prevenire nuovi attacchi militari. Anche se la situazione resta grave episodi come quello dello scambio di prigionieri rappresentano importanti novità per l’apertura di negoziati in grado di portare ad una pace, che resterebbe, comunque, precaria per la presenza della radicalizzazione del conflitto su basi etniche, religiose e geopolitiche, tuttavia lo stato di prostrazione del paese da elemento negativo può diventare la causa determinante della necessità dello stop delle armi per permettere al paese, qualunque sarà la sua forma di stato e qualunque sarà la sua eventuale divisione, di tentare di risollevarsi tramite la via pacifica. Sarebbe necessario però, un maggiore coinvolgimento delle grandi potenze al fianco della Nazioni Unite per favorire questa soluzione.
In Yemen, an exchange of prisoners could pave the way for new negotiations
With the exchange of prisoners between the Shiite rebels and the government of Yemen, involving about 1000 fighters on each side, the United Nations seeks to foster mutual trust between the two sides to promote negotiations aimed at ending a bloody war, which has been going on for six years. The exchange is proceeding, as confirmed by the International Committee of the Red Cross, but the operations are not short, however they will allow the fighters to reunite with their families; this aspect is seen as essential to restore the necessary climate to proceed, then on the path of diplomacy instead of that of arms. Among the soldiers who will be affected by the liberation there are Saudi and also Sudanese soldiers, as the African country supports the coalition, headed by Saudi Arabia, which since 2015, has supported the government that the Huti rebels, of Shiite religion, they have ousted from leading the country. The current contingent situation, with the pandemic that has hit globally, has brought as a direct consequence to the Yemeni conflict the repercussions of the decrease in humanitarian aid in a scenario already compromised, in addition to the war, by a very serious health situation, which we must add the conditions of food famine that the population is suffering. These general conditions, together with the substantial stalemate in the fighting, which did not favor either of the two contenders, favored the exchange of prisoners already agreed in Stockholm. The specific numbers of this exchange concern the release of 681 Shiite rebel fighters, against 400 soldiers from the forces that support the government, plus nineteen foreign fighters, of which fifteen Saudis and four Sudanese. The activity of the Red Cross materially allowed the exchange thanks to medical visits, health supplies and clothing as well as sums of money necessary for the return to their respective homes. Meanwhile, the Huti released three US people who were hostage to Shiite militias. The Yemeni conflict does not enjoy the media exposure of the Syrian war or that conducted against the Islamic State, however, according to the United Nations, it is the worst humanitarian crisis in the world. The country's poverty, which was going through a complicated situation already in peacetime, has favored the rapid decline in the quality of life created by the conflict and aggravated by the consequent health and food situation, in this scenario the particular violence exerted by the coalition against the rebels, it has often hit civilians, causing deaths and injuries, including through the indiscriminate bombing of schools and hospitals. Particularly violent was the action of the Saudi armed forces, which showed their total lack of respect for the population; despite this fury, the coalition led by Saudi Arabia has failed to overcome the rebels. The action of the United Nations has concentrated on two paths: the first is the diplomatic one to stop hostilities, while at the same time a second practical solution was also practiced, through the creation of humanitarian corridors, which led, even if in partial way, relief from the suffering of the population. Also through the mediation between the two sides, the United Nations stopped military offensives, making it decisive for the protection of civilians. The United Nations Security Council with resolution 2216 of 2015 asked the Huti rebels to disarm and withdraw from the conquered regions, but without offering anything in exchange for the territory taken; for the vision of the rebels it is necessary to maintain control over large portions of territory, also to avoid the encirclement and prevent new military attacks. Even if the situation remains serious, episodes such as that of the exchange of prisoners represent important innovations for the opening of negotiations capable of leading to a peace, which would, however, remain precarious due to the presence of the radicalization of the conflict on ethnic, religious and geopolitical grounds , however, the state of prostration of the country from a negative element can become the determining cause of the need to stop weapons to allow the country, whatever its form of state and whatever will be its possible division, to try to recover through the peaceful way . However, greater involvement of the great powers alongside the United Nations would be necessary to favor this solution.
En Yemen, un intercambio de prisioneros podría allanar el camino para nuevas negociaciones
Im Jemen könnte ein Gefangenenaustausch den Weg für neue Verhandlungen ebnen
Mit dem Austausch von Gefangenen zwischen den schiitischen Rebellen und der Regierung des Jemen, an dem etwa 1000 Kämpfer auf jeder Seite beteiligt sind, wollen die Vereinten Nationen das gegenseitige Vertrauen zwischen beiden Seiten fördern, um Verhandlungen zu fördern, die darauf abzielen, einen blutigen Krieg zu beenden. das ist seit sechs Jahren so. Der Austausch wird fortgesetzt, wie vom Internationalen Komitee vom Roten Kreuz bestätigt, aber die Operationen sind nicht kurz, sie werden es den Kämpfern jedoch ermöglichen, sich mit ihren Familien wieder zu vereinen. Dieser Aspekt wird als wesentlich angesehen, um das notwendige Klima wiederherzustellen, um fortzufahren, und dann auf dem Weg der Diplomatie anstelle des Weges der Waffen. Unter den Soldaten, die von der Befreiung betroffen sein werden, befinden sich saudische und auch sudanesische Soldaten, da das afrikanische Land die von Saudi-Arabien angeführte Koalition unterstützt, die seit 2015 die Regierung unterstützt, dass die Huti-Rebellen der schiitischen Religion Sie haben es verdrängt, das Land zu führen. Die derzeitige Situation mit der Pandemie, die sich weltweit ereignet hat, hat als direkte Folge des jemenitischen Konflikts die Auswirkungen des Rückgangs der humanitären Hilfe in einem Szenario mit sich gebracht, das zusätzlich zum Krieg bereits durch eine sehr ernste Gesundheitssituation gefährdet ist Wir müssen die Bedingungen der Hungersnot hinzufügen, unter denen die Bevölkerung leidet. Diese allgemeinen Bedingungen begünstigten zusammen mit der erheblichen Pattsituation in den Kämpfen, die keinen der beiden Anwärter begünstigte, den Austausch der bereits in Stockholm vereinbarten Gefangenen. Die spezifischen Zahlen dieses Austauschs betreffen die Freilassung von 681 schiitischen Rebellenkämpfern gegen 400 Soldaten der Streitkräfte, die die Regierung unterstützen, sowie neunzehn ausländische Kämpfer, von denen fünfzehn Saudis und vier Sudanesen sind. Die Tätigkeit des Roten Kreuzes ermöglichte den Austausch dank medizinischer Besuche, Gesundheitsversorgung und Kleidung sowie Geldsummen, die für die Rückkehr in ihre jeweiligen Häuser erforderlich waren, erheblich. Inzwischen haben die Hutis drei US-Leute freigelassen, die Schiiten als Geiseln waren. Der jemenitische Konflikt genießt nicht die Medienpräsenz des Syrienkrieges oder des Krieges gegen den Islamischen Staat, ist jedoch nach Angaben der Vereinten Nationen die schlimmste humanitäre Krise der Welt. Die Armut des Landes, die bereits in Friedenszeiten eine komplizierte Situation durchlief, hat den durch den Konflikt verursachten raschen Rückgang der Lebensqualität begünstigt und durch die daraus resultierende Gesundheits- und Ernährungssituation verschärft. In diesem Szenario die besondere Gewalt, die die Koalition gegen die Rebellen ausübt. Es hat oft Zivilisten getroffen und Todesfälle und Verletzungen verursacht, unter anderem durch wahllose Bombenangriffe auf Schulen und Krankenhäuser. Besonders gewalttätig war das Vorgehen der saudischen Streitkräfte, das ihren völligen Mangel an Respekt für die Bevölkerung zeigte; Trotz dieser Beharrlichkeit hat die von Saudi-Arabien geführte Koalition die Rebellen nicht überwunden. Die Aktion der Vereinten Nationen konzentrierte sich auf zwei Wege: Der erste ist der diplomatische, um die Feindseligkeiten zu stoppen, und gleichzeitig wurde eine zweite praktische Lösung praktiziert, indem humanitäre Korridore geschaffen wurden, die, wenn auch in Teilweise Erleichterung vom Leid der Bevölkerung. Auch durch die Vermittlung zwischen den beiden Seiten haben die Vereinten Nationen militärische Offensiven gestoppt und sie für den Schutz der Zivilbevölkerung entscheidend gemacht. Der Sicherheitsrat der Vereinten Nationen forderte mit seiner Resolution 2216 von 2015 die Huti-Rebellen auf, die eroberten Regionen zu entwaffnen und sich aus ihnen zurückzuziehen, ohne jedoch etwas für das eroberte Gebiet anzubieten. Für die Vision der Rebellen ist es notwendig, die Kontrolle über große Teile des Territoriums zu behalten, auch die Einkreisung zu vermeiden und neue militärische Angriffe zu verhindern. Auch wenn die Situation weiterhin ernst ist, stellen Episoden wie der Austausch von Gefangenen wichtige Neuerungen für die Eröffnung von Verhandlungen dar, die zu einem Frieden führen können, der jedoch aufgrund der Radikalisierung des Konflikts auf ethnischer, religiöser und geopolitischer Basis prekär bleiben würde. Der Zustand der Niederwerfung des Landes von einem negativen Element kann jedoch zur bestimmenden Ursache für die Notwendigkeit werden, Waffen zu stoppen, damit das Land, unabhängig von seiner Staatsform und seiner möglichen Teilung, versuchen kann, sich auf friedlichem Weg zu erholen . Eine stärkere Einbeziehung der Großmächte neben den Vereinten Nationen wäre jedoch erforderlich, um diese Lösung zu fördern.
Au Yémen, un échange de prisonniers pourrait ouvrir la voie à de nouvelles négociations
Avec l'échange de prisonniers entre les rebelles chiites et le gouvernement du Yémen, qui implique environ 1000 combattants de chaque côté, les Nations Unies cherchent à favoriser la confiance mutuelle entre les deux parties pour promouvoir des négociations visant à mettre fin à une guerre sanglante, qui dure depuis six ans. L'échange se poursuit, comme l'a confirmé le Comité international de la Croix-Rouge, mais les opérations ne sont pas de courte durée, cependant elles permettront aux combattants de retrouver leurs familles; cet aspect est considéré comme essentiel pour restaurer le climat nécessaire pour avancer, alors sur la voie de la diplomatie au lieu de celle des armes. Parmi les soldats qui seront touchés par la libération, il y a des soldats saoudiens et aussi soudanais, car le pays africain soutient la coalition, dirigée par l'Arabie saoudite, qui depuis 2015, soutient le gouvernement que les rebelles Huti, de religion chiite ils ont évincé de diriger le pays. La situation contingente actuelle, avec la pandémie qui a frappé le monde entier, a entraîné comme conséquence directe du conflit yéménite les répercussions de la diminution de l'aide humanitaire dans un scénario déjà compromis, en plus de la guerre, par une situation sanitaire très grave, qui il faut ajouter les conditions de famine alimentaire dont souffre la population. Ces conditions générales, ainsi que l'impasse substantielle des combats, qui ne favorisait aucun des deux prétendants, ont favorisé l'échange de prisonniers déjà convenu à Stockholm. Les chiffres précis de cet échange concernent la libération de 681 combattants rebelles chiites, contre 400 soldats des forces de soutien au gouvernement, plus dix-neuf combattants étrangers, dont quinze Saoudiens et quatre Soudanais. L'activité de la Croix-Rouge a matériellement permis l'échange grâce à des visites médicales, des fournitures de santé et des vêtements ainsi que des sommes d'argent nécessaires au retour dans leurs foyers respectifs. Pendant ce temps, les Huti ont libéré trois Américains qui étaient otages de milices chiites. Le conflit yéménite ne bénéficie pas de l'exposition médiatique de la guerre syrienne ou de celle menée contre l'État islamique, cependant, selon les Nations Unies, c'est la pire crise humanitaire au monde. La pauvreté du pays, qui traversait déjà une situation compliquée en temps de paix, a favorisé la dégradation rapide de la qualité de vie créée par le conflit et aggravée par la situation sanitaire et alimentaire qui en résulte, dans ce scénario la violence particulière exercée par la coalition contre les rebelles, il a souvent frappé des civils, faisant des morts et des blessés, notamment par le bombardement aveugle d'écoles et d'hôpitaux. L’action des forces armées saoudiennes a été particulièrement violente, qui a montré leur manque total de respect pour la population; malgré cette fureur, la coalition dirigée par l'Arabie saoudite n'a pas réussi à vaincre les rebelles. L'action des Nations Unies s'est concentrée sur deux voies: la première est celle diplomatique pour arrêter les hostilités, tandis qu'une seconde solution pratique a également été pratiquée, à travers la création de couloirs humanitaires, qui ont conduit, même si en voie partielle, soulagement de la souffrance de la population. Par ailleurs, grâce à la médiation entre les deux parties, les Nations Unies ont mis fin aux offensives militaires, ce qui les rend décisives pour la protection des civils. Le Conseil de sécurité des Nations Unies avec la résolution 2216 de 2015 a demandé aux rebelles hutis de désarmer et de se retirer des régions conquises, mais sans rien offrir en échange du territoire pris; pour la vision des rebelles, il est nécessaire de garder le contrôle sur de grandes parties du territoire, également pour éviter l'encerclement et empêcher de nouvelles attaques militaires. Même si la situation reste grave, des épisodes comme celui de l'échange de prisonniers représentent des innovations importantes pour l'ouverture de négociations susceptibles d'aboutir à une paix, qui resteraient cependant précaires en raison de la présence de la radicalisation du conflit sur des bases ethniques, religieuses et géopolitiques. cependant, l'état de prostration du pays d'un élément négatif peut devenir la cause déterminante de la nécessité d'arrêter les armes pour permettre au pays, quelle que soit sa forme d'État et quelle que soit sa division éventuelle, d'essayer de se relever par la voie pacifique . Cependant, une plus grande implication des grandes puissances aux côtés des Nations Unies serait nécessaire pour favoriser cette solution.
No Iêmen, uma troca de prisioneiros pode abrir caminho para novas negociações
Com a troca de prisioneiros entre os rebeldes xiitas e o governo do Iêmen, que envolve cerca de 1000 combatentes de cada lado, as Nações Unidas buscam fomentar a confiança mútua entre os dois lados para promover negociações que visem encerrar uma guerra sangrenta, que vem acontecendo há seis anos. O intercâmbio está ocorrendo, conforme confirmado pelo Comitê Internacional da Cruz Vermelha, mas as operações não são curtas, porém permitirão que os combatentes se reúnam com suas famílias; esse aspecto é visto como essencial para restaurar o clima necessário para prosseguir, então no caminho da diplomacia em vez do das armas. Entre os soldados que serão afetados pela libertação estão soldados sauditas e também sudaneses, já que o país africano apoia a coalizão, liderada pela Arábia Saudita, que desde 2015 apóia o governo dos rebeldes hutis, de religião xiita, eles deixaram de liderar o país. A situação contingente atual, com a pandemia que atingiu globalmente, trouxe como consequência direta ao conflito iemenita as repercussões da diminuição da ajuda humanitária num cenário já comprometido, para além da guerra, por uma situação de saúde gravíssima, que devemos somar as condições de fome alimentar que a população está sofrendo. Essas condições gerais, juntamente com o considerável impasse na luta, que não favoreceu nenhum dos dois contendores, favoreceram a troca de prisioneiros já acordada em Estocolmo. Os números específicos desta troca dizem respeito à libertação de 681 combatentes rebeldes xiitas, contra 400 militares das forças de apoio ao governo, além de dezanove combatentes estrangeiros, dos quais quinze sauditas e quatro sudaneses. A atividade da Cruz Vermelha permitiu materialmente o intercâmbio graças a consultas médicas, material de saúde e roupas, bem como somas de dinheiro necessárias para o retorno às suas respectivas casas. Enquanto isso, os hutis libertaram três americanos que eram reféns de milícias xiitas. O conflito iemenita não goza da exposição mediática da guerra síria ou da guerra contra o Estado Islâmico, no entanto, segundo as Nações Unidas, é a pior crise humanitária do mundo. A pobreza do país, que passava por uma situação complicada já em tempos de paz, tem favorecido o rápido declínio da qualidade de vida gerado pelo conflito e agravado pela conseqüente situação de saúde e alimentação, neste cenário a particular violência exercida pela coalizão contra os rebeldes, freqüentemente atinge civis, causando mortes e feridos também por meio de bombardeios indiscriminados de escolas e hospitais. Particularmente violenta foi a ação das forças armadas sauditas, que mostraram sua total falta de respeito pela população; apesar dessa persistência, a coalizão liderada pela Arábia Saudita não conseguiu vencer os rebeldes. A ação das Nações Unidas tem-se centrado em dois caminhos: o primeiro é o diplomático para travar as hostilidades, enquanto ao mesmo tempo foi também praticada uma segunda solução prática, através da criação de corredores humanitários, que levaram, ainda que a forma parcial, alívio do sofrimento da população. Também através da mediação entre as duas partes, as Nações Unidas acabaram com as ofensivas militares, tornando-as decisivas para a proteção dos civis. O Conselho de Segurança das Nações Unidas com a resolução 2216 de 2015 pediu aos rebeldes Huti que se desarmassem e se retirassem das regiões conquistadas, mas sem oferecer nada em troca do território tomado; para a visão dos rebeldes é necessário manter o controle sobre grandes porções do território, também para evitar o cerco e prevenir novos ataques militares. Mesmo que a situação continue grave, episódios como o da troca de prisioneiros representam inovações importantes para a abertura de negociações capazes de conduzir a uma paz, que, no entanto, permaneceria precária devido à presença da radicalização do conflito em bases étnicas, religiosas e geopolíticas. , no entanto, o estado de prostração do país por um elemento negativo pode tornar-se a causa determinante da necessidade de parar as armas para permitir que o país, seja qual for a sua forma de Estado e seja qual for a sua divisão possível, tente se levantar novamente pela via pacífica . Porém, um maior envolvimento das grandes potências junto às Nações Unidas seria necessário para favorecer essa solução.