إن زيارة الرئيس الصيني لموسكو تصورها وسائل الإعلام في بكين على أنها رحلة سلام. في الواقع هذه الزيارة لها قيمة واحدة فقط للبلدين المعنيين. تسعى الصين إلى كسب التقدير باعتبارها الموضوع الوحيد القادر على إنتاج جهد للسلام وقادر على كسر الهيمنة الأمريكية على الساحة الدولية ؛ وتعتبر روسيا محاولة أخرى للخروج من العزلة التي أحدثتها العملية العسكرية الخاصة. من وجهة نظر النتائج المحتملة ، فإن الفرص ضئيلة إن لم تكن معدومة للتوصل إلى سلام مع خطة مجردة ومجردة مثل الخطة الصينية. تتمثل الأهمية السياسية في حقيقة أن الصين وروسيا تبدوان أقرب من أي وقت مضى ، وقبل كل شيء في وظيفة معادية لأمريكا ، بمعنى الرغبة في خلق بديل متعدد الأقطاب لقوة واشنطن. ومع ذلك ، لا يبدو هذا التحالف بين موسكو وبكين متساويًا: تحتاج روسيا إلى الكثير من الاعتراف بها باعتبارها الدولة البديلة الرئيسية للولايات المتحدة ، ومن الواضح أنها تابعة للصين من جميع وجهات النظر السياسية والعسكرية وقبل كل شيء الاقتصادية. أبدى بوتين اهتمامًا بالنقاط الاثنتي عشرة للخطة الصينية ، وأعلن استعداده للتفاوض ؛ هذا التوافر ، الذي يجب التأكد من صدقه ، يخفي حسابًا سياسيًا مشتركًا ، هدفه النهائي ، هو المساعدة المادية للصين في شكل إمدادات عسكرية. في الوقت الحالي ، لا يبدو أن هذا يحدث ، بينما يبدو من المؤكد بشدة أن بكين تزود معدات تكميلية (مثل المكونات واللوحات الإلكترونية) ، والتي بدونها لا يمكن للقنابل الروسية أن تعمل. يظل تردد الصينيين دائمًا هو التنازل عن حصصهم في السوق في أكثر المناطق ربحية لمنتجاتهم: الولايات المتحدة الأمريكية والاتحاد الأوروبي ؛ ومع ذلك ، لا يمكن للصين أن تفوت فرصة تقويض واشنطن التي تعتبرها ، بأي حال من الأحوال ، الخصم الرئيسي. تمثل خطة السلام التي اقترحتها الصين ، بهذا المعنى ، حداثة لأنها تنتقص من القاعدة الرئيسية للسياسة الخارجية الصينية: ألا تتدخل في السياسات الداخلية للدول الأخرى ؛ في الواقع ، إذا كان صحيحًا أن إعلان احترام السيادة الوطنية يبدو أنه يتحرك ضمن القاعدة العامة ، فلا يمكن أن يُفسر عدم الاعتراف بالغزو الروسي على أنه تدخل ، حتى لو لم يتم تسليط الضوء عليه ، على وجه التحديد في مسألة السيادة الوطنية ، سواء تجاه أوكرانيا أو تجاه روسيا نفسها ؛ باختصار ، لا يمكن لعمل التوازن الصيني أن يقنع بمسافة متساوية أعلن عنها فقط بين الأطراف المتصارعة ، وهو أمر غير موجود في الوثيقة الرسمية. هذه المحاولة خرقاء وتعمل أيضًا ضد موسكو ، التي اضطرت لبيع نفطها إلى بكين بأسعار منخفضة بشكل قاطع ، في الوقت الحالي لا تتلقى سوى الاعتراف الدولي في المقابل وقليلًا من الأشياء الأخرى. تظهر الصين نفسها على أنها انتهازية من خلال تقديم درس نموذجي لكل من الدول الغربية ، التي تفتن بمشروع طريق الحرير ، والدول الأفريقية ، التي استغلت مرارًا وتكرارًا توسع بكين. يُظهر الواقع دولة لا ينبغي الوثوق بها ، وهذا صحيح أيضًا بالنسبة لروسيا ، التي أصبحت الآن تابعة للدولة الآسيوية. الشك الكبير ، الذي يتجاوز الوضع الطارئ ، هو أن نظام القوة الصيني يريد أن يستمر في مشروع تأكيد نظامه السياسي باعتباره أكثر قدرة من غيره ، الديمقراطية في الأساس ، في تطوير الاقتصاد وتقوية دولته: الحجج التي يستند إليها بوتين. وتسميته ، في الوقت الحالي ، بالتأكيد متفقان ، في حين أن الاحتمال قد يكون مختلفًا عندما تجمع بكين الاعتمادات من موسكو. من وجهة النظر الغربية ، سيكون السؤال هو احتواء التحالف ، لأن هذه تجارة ، وإن كانت غير متوازنة ، بين روسيا والصين: يجب ممارسة الضغط الدبلوماسي على بكين حتى لا يتم إمداد موسكو بالسلاح ، لتجنب زيادة قدرات الحروب الروسية وتحديد إطالة أمد الصراع ؛ بعد كل شيء ، يمكن للدبلوماسيين الغربيين والصينيين إيجاد أرضية مشتركة حول هذه القضية ، لأن الحرب هي حجر عثرة أمام اقتصادات كل منهما ، وبالنسبة لبكين ، يظل جانب النمو الاقتصادي محوريًا في مخططها السياسي ، وفي الوقت نفسه بالنسبة للغرب هذا الكشف الصارخ عن يجب أن تكون الصين ، إلى جانب روسيا ، إشارة للقيام بعمل احتواء لنشاط بكين.
Blog di discussione su problemi di relazioni e politica internazionale; un osservatorio per capire la direzione del mondo. Blog for discussion on problems of relations and international politics; an observatory to understand the direction of the world.
Politica Internazionale
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mercoledì 22 marzo 2023
venerdì 17 febbraio 2023
Il sistema del commercio mondiale è in crisi
La funzione dell’Organizzazione mondiale del commercio non sembra più godere di quella condivisione tra gli stati, dettata dalla necessità di favorire il processo, che risale agli anni novanta dello scorso secolo, mondiale della globalizzazione, intesa come volere delle maggiori economie per favorire un complesso di regole capaci di garantire il libero commercio. Si è trattato di una azione diretta contro le protezioni stataliste e la conseguente volontà di interrompere gli aiuti dei governi alle imprese ed alla parziale cancellazione delle politiche doganali, basate su dazi ed imposte sui beni e servizi provenienti dall’estero. La ripresa dei nazionalismi, sia politici, che militari e, soprattutto, economici, sembra avere accantonato il processo di liberalizzazione dei mercati, lasciando soltanto le parti peggiori degli effetti della globalizzazione: come la compressione dei salari ed il conseguente aumento della diseguaglianza, sia sul piano interno, tra i ceti sociali, che su quello internazionale, basato sulla profonda differenza della ricchezza delle nazioni. C’è chi incolpa la politica degli Stati Uniti, a causa della presidenza Trump, prima, e di quella di Biden, ora; tuttavia l’azione degli USA è scaturita dal comportamento della Cina, che, per raggiungere gli obiettivi di crescita che si era data, ha basato la propria azione economica su di una forte politica statalista, connotata da un grande autoritarismo, che non poteva conciliarsi con la struttura commerciale costruita sui sistemi democratici. Resta pur vero che Biden, internazionalista di nome, ha bloccato il funzionamento dell’Organizzazione mondiale del commercio, impedendone la nomina dei funzionari dell’organo di appello del WTO, che ha proprio la funzione di giudicare sulle controversie. Il punto centrale è che l’Organizzazione mondiale del commercio può autorizzare l’introduzione di dazi commerciali, soltanto nel caso di questioni di sicurezza nazionale, ma Washington contesta questa impostazione, sostenendo che questa attribuzione spetta soltanto alla Casa Bianca, nel caso della sovranità americana. Una delle condizioni del funzionamento del sistema commerciale mondiale, che dovrebbe essere garantito dal WTO, è proprio il tacito accordo tra gli stati a non ricorrere all’argomento della sicurezza nazionale, se ciò viene meno l’intero sistema sarà da rielaborare. D’altro canto, l’assetto istituzionale della Cina non permette un controllo come quello che il WTO può esercitare sugli stati democratici, dove il processo dei rapporti tra stato ed aziende è completamente visibile, mentre nello stato cinese la commistione tra pubblico e privato è meno distinguibile ed il sistema dei sussidi e le pratiche protezionistiche sono più difficili da accertare. Il comportamento americano, peraltro anche condannato dall’Europa, è, sostanzialmente, una reazione alla tendenza protezionistica di Pechino, che, di fatto, ha come conseguenza la paralisi dell’Organizzazione mondiale del commercio, impossibilitata al suo ruolo di arbitro; ciò provoca un ritorno al passato con il commercio internazionale sempre più bloccato da dazi nazionali e protezione dei prodotti internazionali. All’atto pratico l’evoluzione del commercio internazionale andrà incontro ad una serie di accordi regionali, basati su convenienze economiche e politiche, con le controversie regolate, non più da un attore sovranazionale, ma da negoziati politici e commerciali, che avverranno sulle relative parti coinvolte, senza incidere sullo scenario globale. Probabilmente quelli che si andranno ad innescare saranno rapporti di forza sbilanciati a favore degli attori con maggiori capacità a discapito dei piccoli paesi: uno scenario che indica come siano necessari sempre più organismi sovranazionali, basati su criteri geografici o anche di reciproci comuni interessi, capaci di bilanciare la potenza di grandi soggetti come gli USA o la Cina o, anche, l’Unione Europea. Ciò implicherà uno sforzo politico per i paesi che non rientrano in questi attori, teso a favorire azioni comuni sotto l’egida di organizzazioni già esistenti, come, ad esempio l’Unione degli stati africani, rafforzandone la valenza internazionale. Il rischio concreto è che questi temi possano provocare nuove tensioni internazionali, andando ad aumentare i fattori di crisi mondiale, in una fase storica già fortemente pregiudicata.
The world trading system is in crisis
The function of the World Trade Organization no longer seems to benefit from that sharing between states, dictated by the need to encourage the process, which dates back to the nineties of the last century, of world globalization, understood as the will of the major economies to favor a complex of rules capable of guaranteeing free trade. It was a direct action against statist protections and the consequent desire to interrupt government aid to companies and the partial cancellation of customs policies, based on duties and taxes on goods and services from abroad. The revival of nationalisms, both political, military and, above all, economic, seems to have shelved the process of market liberalization, leaving only the worst parts of the effects of globalization: such as the compression of wages and the consequent increase in inequality, both on internal level, between the social classes, and on the international one, based on the profound difference in the wealth of nations. There are those who blame the politics of the United States, because of the Trump presidency, before, and that of Biden, now; however, the action of the USA arose from the behavior of China, which, in order to achieve the growth objectives it had set, based its economic action on a strong statist policy, characterized by a great authoritarianism, which could not be reconciled with the commercial structure built on democratic systems. It remains true that Biden, an internationalist by name, blocked the functioning of the World Trade Organization, preventing it from appointing officials to the WTO's appellate body, which has precisely the function of adjudicating disputes. The central point is that the World Trade Organization can authorize the introduction of trade tariffs, only in the case of national security issues, but Washington contests this approach, arguing that this attribution belongs only to the White House, in the case of American sovereignty . One of the conditions for the functioning of the world trading system, which should be guaranteed by the WTO, is precisely the tacit agreement between states not to resort to the argument of national security, if this fails the entire system will have to be reworked. On the other hand, China's institutional set-up does not allow for control such as the one that the WTO can exercise over democratic states, where the process of relations between the state and companies is completely visible, while in the Chinese state the mingling of public and private is less distinguishable and the subsidy system and protectionist practices are more difficult to ascertain. The American behavior, also condemned by Europe, is essentially a reaction to Beijing's protectionist tendency, which, in fact, results in the paralysis of the World Trade Organization, unable to fulfill its role as arbiter; this causes a return to the past with international trade increasingly blocked by national tariffs and protection of international products. In practice, the evolution of international trade will meet a series of regional agreements, based on economic and political conveniences, with disputes regulated, no longer by a supranational actor, but by political and commercial negotiations, which will take place on the relative parts involved, without affecting the global scenario. Probably the ones that will be triggered will be unbalanced power relations in favor of actors with greater capabilities to the detriment of small countries: a scenario that indicates that more and more supranational bodies are needed, based on geographical criteria or even on reciprocal common interests, capable of balance the power of large subjects such as the USA or China or, even, the European Union. This will imply a political effort for the countries that are not included in these actors, aimed at promoting common actions under the aegis of already existing organizations, such as, for example, the Union of African States, strengthening their international value. The concrete risk is that these issues could cause new international tensions, going to increase the factors of global crisis, in a historical phase that is already heavily affected.
El sistema de comercio mundial está en crisis.
La función de la Organización Mundial del Comercio ya no parece beneficiarse de ese reparto entre estados, dictado por la necesidad de impulsar el proceso, que data de los años noventa del siglo pasado, de globalización mundial, entendida como la voluntad de las grandes economías. favorecer un conjunto de reglas capaces de garantizar el libre comercio. Fue una acción directa contra las protecciones estatistas y el consecuente deseo de interrumpir las ayudas gubernamentales a las empresas y la cancelación parcial de las políticas aduaneras, basadas en derechos e impuestos sobre bienes y servicios del exterior. El resurgimiento de los nacionalismos, tanto políticos, militares y, sobre todo, económicos, parece haber dejado de lado el proceso de liberalización de los mercados, dejando sólo las peores partes de los efectos de la globalización: como la compresión de los salarios y el consiguiente aumento de la desigualdad, tanto a nivel interno, entre las clases sociales, como a nivel internacional, basado en la profunda diferencia en la riqueza de las naciones. Hay quienes le echan la culpa a la política de Estados Unidos, por la presidencia de Trump, antes, y la de Biden, ahora; sin embargo, la acción de EE.UU. surgió del comportamiento de China, que para lograr los objetivos de crecimiento que se había propuesto, basó su acción económica en una fuerte política estatista, caracterizada por un gran autoritarismo, que no podía conciliarse con la estructura comercial construida sobre sistemas democráticos. Sigue siendo cierto que Biden, un internacionalista de nombre, bloqueó el funcionamiento de la Organización Mundial del Comercio, impidiéndole nombrar funcionarios para el órgano de apelación de la OMC, que tiene precisamente la función de resolver disputas. El punto central es que la Organización Mundial del Comercio puede autorizar la introducción de aranceles comerciales, solo en el caso de cuestiones de seguridad nacional, pero Washington cuestiona este enfoque, argumentando que esta atribución pertenece solo a la Casa Blanca, en el caso de la soberanía estadounidense. Una de las condiciones para el funcionamiento del sistema de comercio mundial, que debe ser garantizada por la OMC, es precisamente el acuerdo tácito entre los estados de no recurrir al argumento de la seguridad nacional, si esto falla habrá que reelaborar todo el sistema. Por otro lado, la estructura institucional de China no permite un control como el que puede ejercer la OMC sobre los estados democráticos, donde el proceso de relaciones entre el estado y las empresas es completamente visible, mientras que en el estado chino la mezcla de público y privado es menos distinguible y el sistema de subsidios y las prácticas proteccionistas son más difíciles de determinar. El comportamiento estadounidense, también condenado por Europa, es esencialmente una reacción a la tendencia proteccionista de Beijing, que, de hecho, se traduce en la parálisis de la Organización Mundial del Comercio, incapaz de cumplir su papel de árbitro; esto provoca un regreso al pasado con el comercio internacional cada vez más bloqueado por los aranceles nacionales y la protección de los productos internacionales. En la práctica, la evolución del comercio internacional se encontrará con una serie de acuerdos regionales, basados en conveniencias económicas y políticas, con disputas reguladas, ya no por un actor supranacional, sino por negociaciones políticas y comerciales, que tendrán lugar entre las partes involucradas. , sin afectar el escenario global. Probablemente los que se desencadenarán serán relaciones de poder desequilibradas a favor de actores con mayores capacidades en detrimento de los países pequeños: escenario que indica que se necesitan cada vez más organismos supranacionales, basados en criterios geográficos o incluso en intereses comunes recíprocos, capaz de equilibrar el poder de grandes sujetos como EEUU o China o, incluso, la Unión Europea. Esto implicará un esfuerzo político para los países que no están incluidos en estos actores, encaminado a promover acciones comunes bajo la égida de organizaciones ya existentes, como, por ejemplo, la Unión de Estados Africanos, fortaleciendo su valor internacional. El riesgo concreto es que estos temas puedan generar nuevas tensiones internacionales, aumentando los factores de crisis global, en una etapa histórica que ya se encuentra muy afectada.
Das Welthandelssystem steckt in der Krise
Die Funktion der Welthandelsorganisation scheint nicht mehr von dieser Teilung zwischen den Staaten zu profitieren, die von der Notwendigkeit diktiert wird, den Prozess der weltweiten Globalisierung zu fördern, der bis in die neunziger Jahre des letzten Jahrhunderts zurückreicht und als Wille der großen Volkswirtschaften verstanden wird einen Komplex von Regeln zu befürworten, die in der Lage sind, den freien Handel zu garantieren. Es war eine direkte Aktion gegen den staatlichen Schutz und den daraus resultierenden Wunsch, die staatliche Hilfe für Unternehmen und die teilweise Aufhebung der Zollpolitik auf der Grundlage von Zöllen und Steuern auf Waren und Dienstleistungen aus dem Ausland zu unterbrechen. Das Wiederaufleben von Nationalismen, sowohl politisch als auch militärisch und vor allem wirtschaftlich, scheint den Prozess der Marktliberalisierung auf Eis gelegt zu haben und nur die schlimmsten Auswirkungen der Globalisierung hinterlassen zu haben: wie die Verknappung der Löhne und die daraus resultierende Zunahme der Ungleichheit, sowohl auf interner Ebene zwischen den sozialen Klassen als auch auf internationaler Ebene, basierend auf den tiefgreifenden Unterschieden im Reichtum der Nationen. Es gibt diejenigen, die die Politik der Vereinigten Staaten wegen der Trump-Präsidentschaft zuvor und der von Biden jetzt beschuldigen; das Vorgehen der USA entsprang jedoch dem Verhalten Chinas, das zur Erreichung der gesetzten Wachstumsziele sein wirtschaftliches Handeln auf eine stark etatistische Politik stützte, die von einem großen Autoritarismus geprägt war, der mit dem nicht vereinbar war Handelsstruktur, die auf demokratischen Systemen aufbaut. Es bleibt wahr, dass Biden, ein namentlicher Internationalist, die Arbeit der Welthandelsorganisation blockierte und sie daran hinderte, Beamte für das Berufungsgremium der WTO zu ernennen, das genau die Funktion hat, Streitigkeiten zu entscheiden. Der zentrale Punkt ist, dass die Welthandelsorganisation die Einführung von Handelszöllen nur im Fall von Fragen der nationalen Sicherheit genehmigen kann, aber Washington bestreitet diesen Ansatz und argumentiert, dass diese Zuweisung nur dem Weißen Haus im Fall der amerikanischen Souveränität zusteht. Eine der Bedingungen für das Funktionieren des Welthandelssystems, das von der WTO garantiert werden sollte, ist gerade die stillschweigende Vereinbarung zwischen den Staaten, nicht auf das Argument der nationalen Sicherheit zurückzugreifen, andernfalls muss das gesamte System überarbeitet werden. Andererseits lässt Chinas institutioneller Aufbau keine Kontrolle zu, wie sie die WTO über demokratische Staaten ausüben kann, wo der Prozess der Beziehungen zwischen Staat und Unternehmen vollständig sichtbar ist, während im chinesischen Staat die Vermischung von öffentlich und privat ist weniger unterscheidbar und das Subventionssystem und protektionistische Praktiken sind schwieriger zu ermitteln. Das amerikanische Verhalten, das auch von Europa verurteilt wird, ist im Wesentlichen eine Reaktion auf die protektionistische Tendenz Pekings, die tatsächlich zur Lähmung der Welthandelsorganisation führt, die ihrer Rolle als Schiedsrichter nicht mehr nachkommen kann; Dies führt zu einer Rückkehr in die Vergangenheit, in der der internationale Handel zunehmend durch nationale Zölle und den Schutz internationaler Produkte blockiert wird. In der Praxis wird die Entwicklung des internationalen Handels eine Reihe regionaler Vereinbarungen treffen, die auf wirtschaftlichen und politischen Bequemlichkeiten basieren, wobei Streitigkeiten nicht mehr von einem supranationalen Akteur, sondern durch politische und kommerzielle Verhandlungen geregelt werden, die auf den jeweiligen beteiligten Teilen stattfinden werden , ohne das globale Szenario zu beeinflussen. Auslöser dürften unausgewogene Machtverhältnisse zugunsten leistungsfähigerer Akteure zu Lasten kleiner Länder sein: ein Szenario, das darauf hindeutet, dass immer mehr supranationale Gremien nach geografischen Kriterien oder gar nach wechselseitigen gemeinsamen Interessen gebraucht werden, in der Lage, die Macht großer Subjekte wie den USA oder China oder sogar der Europäischen Union auszugleichen. Dies bedeutet eine politische Anstrengung für die Länder, die nicht zu diesen Akteuren gehören, mit dem Ziel, gemeinsame Aktionen unter der Ägide bereits bestehender Organisationen wie beispielsweise der Union Afrikanischer Staaten zu fördern und deren internationalen Wert zu stärken. Das konkrete Risiko besteht darin, dass diese Probleme neue internationale Spannungen hervorrufen und die Faktoren einer globalen Krise in einer bereits stark betroffenen historischen Phase verstärken werden.
Le système commercial mondial est en crise
La fonction de l'Organisation mondiale du commerce ne semble plus bénéficier de ce partage entre États, dicté par la nécessité d'encourager le processus, qui remonte aux années 90 du siècle dernier, de la mondialisation mondiale, entendue comme la volonté des grandes économies privilégier un ensemble de règles capables de garantir le libre-échange. C'était une action directe contre les protections étatiques et la volonté conséquente d'interrompre les aides gouvernementales aux entreprises et l'annulation partielle des politiques douanières, basées sur les droits et taxes sur les biens et services en provenance de l'étranger. La renaissance des nationalismes, à la fois politiques, militaires et surtout économiques, semble avoir mis en veilleuse le processus de libéralisation des marchés, ne laissant que les pires effets de la mondialisation : comme la compression des salaires et l'augmentation des inégalités qui en résulte, tant au niveau interne, entre les classes sociales, qu'au niveau international, fondé sur la profonde différence de richesse des nations. Il y a ceux qui blâment la politique des États-Unis, à cause de la présidence Trump, avant, et celle de Biden, maintenant ; or, l'action des USA découlait du comportement de la Chine qui, pour atteindre les objectifs de croissance qu'elle s'était fixés, fondait son action économique sur une politique étatiste forte, caractérisée par un grand autoritarisme, inconciliable avec la structure commerciale fondée sur des systèmes démocratiques. Il reste vrai que Biden, un internationaliste de nom, a bloqué le fonctionnement de l'Organisation mondiale du commerce, l'empêchant de nommer des responsables à l'organe d'appel de l'OMC, qui a précisément pour fonction de trancher les différends. Le point central est que l'Organisation mondiale du commerce peut autoriser l'introduction de tarifs commerciaux, uniquement dans le cas de questions de sécurité nationale, mais Washington conteste cette approche, arguant que cette attribution n'appartient qu'à la Maison Blanche, dans le cas de la souveraineté américaine. L'une des conditions de fonctionnement du système commercial mondial, qui devrait être garantie par l'OMC, est justement l'accord tacite entre les États de ne pas recourir à l'argument de la sécurité nationale, faute de quoi c'est tout le système qui devra être retravaillé. D'autre part, le montage institutionnel de la Chine ne permet pas un contrôle tel que celui que l'OMC peut exercer sur les États démocratiques, où le processus des relations entre l'État et les entreprises est complètement visible, alors que dans l'État chinois le mélange des public et privé est moins distinguable et le système de subventions et les pratiques protectionnistes sont plus difficiles à appréhender. Le comportement américain, également condamné par l'Europe, est essentiellement une réaction à la tendance protectionniste de Pékin, qui, de fait, aboutit à la paralysie de l'Organisation mondiale du commerce, incapable de remplir son rôle d'arbitre ; cela provoque un retour dans le passé avec un commerce international de plus en plus bloqué par les tarifs nationaux et la protection des produits internationaux. En pratique, l'évolution du commerce international rencontrera une série d'accords régionaux, fondés sur des convenances économiques et politiques, avec des différends réglés, non plus par un acteur supranational, mais par des négociations politiques et commerciales, qui auront lieu sur les parties relatives concernées , sans affecter le scénario global. Probablement ceux qui seront déclenchés seront des rapports de force déséquilibrés en faveur d'acteurs dotés de plus grandes capacités au détriment des petits pays : un scénario qui indique qu'il faut de plus en plus d'instances supranationales, basées sur des critères géographiques ou même sur des intérêts communs réciproques, capable d'équilibrer la puissance de grands sujets comme les États-Unis ou la Chine ou encore l'Union européenne. Cela impliquera un effort politique pour les pays qui ne sont pas inclus dans ces acteurs, visant à promouvoir des actions communes sous l'égide d'organisations déjà existantes, comme, par exemple, l'Union des États africains, en renforçant leur valeur internationale. Le risque concret est que ces questions provoquent de nouvelles tensions internationales, allant multiplier les facteurs de crise mondiale, dans une phase historique déjà fortement affectée.
O sistema comercial mundial está em crise
A função da Organização Mundial do Comércio já não parece beneficiar dessa partilha entre os Estados, ditada pela necessidade de fomentar o processo, que remonta aos anos noventa do século passado, da globalização mundial, entendida como vontade das grandes economias favorecer um complexo de regras capaz de garantir o livre comércio. Foi uma ação direta contra as proteções estatistas e a conseqüente vontade de interromper os auxílios governamentais às empresas e o cancelamento parcial das políticas aduaneiras, baseadas em impostos e taxas sobre bens e serviços vindos do exterior. O ressurgimento dos nacionalismos, tanto políticos como militares e, sobretudo, económicos, parece ter engavetado o processo de liberalização dos mercados, deixando apenas o pior dos efeitos da globalização: como a compressão dos salários e o consequente aumento das desigualdades, tanto a nível interno, entre as classes sociais, como a nível internacional, com base na profunda diferença de riqueza das nações. Há quem culpe a política dos Estados Unidos, por causa da presidência de Trump, antes, e a de Biden, agora; no entanto, a ação dos EUA decorreu do comportamento da China, que, para atingir os objetivos de crescimento a que se propôs, baseou a sua ação económica numa forte política estatista, caracterizada por um grande autoritarismo, que não se conciliou com a estrutura comercial construída sobre sistemas democráticos. É verdade que Biden, internacionalista de nome, bloqueou o funcionamento da Organização Mundial do Comércio, impedindo-a de nomear funcionários para o órgão de apelação da OMC, que tem justamente a função de julgar as disputas. O ponto central é que a Organização Mundial do Comércio pode autorizar a introdução de tarifas comerciais, apenas no caso de questões de segurança nacional, mas Washington contesta essa abordagem, argumentando que essa atribuição cabe apenas à Casa Branca, no caso da soberania americana. Uma das condições para o funcionamento do sistema mundial de comércio, que deveria ser garantido pela OMC, é justamente o acordo tácito entre os Estados de não recorrer ao argumento da segurança nacional, caso este falhe todo o sistema terá que ser reelaborado. Por outro lado, o arranjo institucional da China não permite um controle como o que a OMC pode exercer sobre os estados democráticos, onde o processo de relações entre o estado e as empresas é totalmente visível, enquanto no estado chinês a mistura de público e privado é menos distinguível e o sistema de subsídios e as práticas protecionistas são mais difíceis de determinar. O comportamento americano, também condenado pela Europa, é essencialmente uma reação à tendência protecionista de Pequim, que, de fato, resulta na paralisia da Organização Mundial do Comércio, incapaz de cumprir seu papel de árbitro; isso provoca um retorno ao passado com o comércio internacional cada vez mais bloqueado por tarifas nacionais e proteção de produtos internacionais. Na prática, a evolução do comércio internacional vai ao encontro de uma série de acordos regionais, baseados em conveniências econômicas e políticas, com disputas reguladas, não mais por um ator supranacional, mas por negociações político-comerciais, que ocorrerão nas partes relativas envolvidas , sem afetar o cenário global. Provavelmente o que será desencadeado serão relações de poder desequilibradas em favor de atores com maiores capacidades em detrimento de países pequenos: um cenário que indica que são necessários cada vez mais órgãos supranacionais, baseados em critérios geográficos ou mesmo em interesses comuns recíprocos, capaz de equilibrar o poder de grandes súditos como os EUA ou a China ou, ainda, a União Europeia. Isso implicará um esforço político dos países que não estão incluídos nesses atores, visando promover ações comuns sob a égide de organizações já existentes, como, por exemplo, a União dos Estados Africanos, fortalecendo seu valor internacional. O risco concreto é que estas questões possam provocar novas tensões internacionais, indo aumentar os fatores de crise global, numa fase histórica já fortemente afetada.