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giovedì 25 luglio 2024

بايدن يستقيل لكنه يبرز كعملاق سياسي

 وقد اتسم خطاب بايدن بشأن قرار عدم الترشح بتنازله باعتباره عملاً من أعمال الكرم وحماية الديمقراطية الأمريكية، وهو في الأساس تضحية شخصية لتجنب ترك البلاد في أيدي ترامب. لقد ادعى بايدن بحق نتائج رئاسته، وخاصة الاقتصادية، ووعد بعدم ترك أهم منصب في الولايات المتحدة في وقت مبكر، كما طلب خصومه السياسيون مرارا وتكرارا. وفي الواقع، فإن مبررات انسحابه، وإن كانت تتضمن الدفاع الصحيح عن الديمقراطية الأميركية، يجب أن تركز حتماً على عدم تقدير القيادة الديمقراطية، وعلى تدني قيمة استطلاعات الرأي، وعلى الحالة الصحية، والذي لا يبدو أنه يسمح بالإدارة الكافية لولاية جديدة محتملة وهروب المستثمرين. والحقيقة هي أن بايدن، من دون عوائق مادية، كان يستحق إعادة ترشيحه على وجه التحديد لنتائج ولايته، وخاصة التي تحققت في المجال الداخلي، الذي تزداد صعوبة إدارته مقارنة بالسياسة الخارجية؛ ومع ذلك، بدا الرئيس المنتهية ولايته أضعف في السياسة الخارجية، مع القرار المثير للجدل بالتخلي عن أفغانستان، وعدم تحقيق تقدم كبير على الجانب الهادئ، وعدم مواجهة الصين بما فيه الكفاية من وجهة نظر تجارية، وعدم التوصل إلى حل للأزمة الأوكرانية. لقد تساءلوا وحافظوا على موقف غير آمن تجاه إسرائيل. هذه القضايا، غير المواتية لبايدن، أعطت ترامب الأسباب لمهاجمة خصمه السابق، مما أدى إلى حجب مزايا النتائج التي تم الحصول عليها مع النمو الاقتصادي وانخفاض البطالة. وركز الجمهوريون على عمر بايدن، الذي تفاقم بسبب الصعوبات الواضحة بعد المواجهة الانتخابية، لكن لا بد من تحديد أنه إذا كان من المشروع إنسانيا أن يترشح بايدن مرة أخرى، فإن الحزب كان يفتقر إلى فحص جدي لوضع المرشح والمرشح. على القدرة الحقيقية على دعم مجهود الحملة الانتخابية. العلامات الواضحة كانت موجودة منذ فترة، وكان هناك عدم تحرك، ولو شجاع، للتشكيك في إمكانية إعادة تقديم الرئيس المنتهية ولايته أمام الناخبين. ويأخذ هذا في الاعتبار أيضًا حقيقة الطريقة التي كان سيدير ​​بها ترامب الحملة الانتخابية، بنبرة عنيفة ومحيرة بشكل خاص. من المؤكد أنه ليس من السهل عدم تجديد ترشيح الرئيس المنتهية ولايته، إلا أن الإدارة السيئة لوضع الحزب ولدت حالة من عدم اليقين العميق لدى الناخبين الذين يتعرضون لضغوط العمل الجمهوري الذي كان بمثابة تصعيد للإجماع. كان الحزب الديمقراطي منقسما إلى عشائر، وكان يتسم بالجمود، الذي، إذا طال أمده، كان سيضمن لترامب استفتاء حقيقيا. فقط الخوف من الانجراف الاستبدادي، الناجم عن القوة المفرطة للمرشح الجمهوري، دفع قادة الحزب نحو حل بديل. ورغم أن هذا القرار لم يكن في الوقت المناسب، وقبل كل شيء، قرارا غير منتظم، يبدو أن اختيار استبدال المرشح هو السبيل الوحيد لمواجهة ترامب بشكل فعال، ومع ذلك، لم يكن من الضروري الوصول إلى هذه النقطة والتحرك في وقت مبكر لتجنب إذلال بايدن الانسحاب؛ باختصار، إذا فقد الحزب الجمهوري كل خصائصه الأصلية، وأصبح رهينة ترامب، فإن الحزب الديمقراطي ليس أفضل حالا أيضا. ونحن نتفهم كيف وصل الوضع السياسي الأميركي إلى نوع من الجمود، لأنه أصبح رهينة بين أشخاص يفتقرون إلى الكفاءة ولا يريدون إلا تأمين أكبر قدر ممكن من السلطة لأنفسهم، فيخدعون الناخبين الذين أصبحوا فرديين وغير مهتمين على نحو متزايد. وفي هذا السياق، لا بد من تقدير كبير لتراجع بايدن، حيث يظهر الرئيس المنتهية ولايته كنوع من العملاق السياسي، القادر على التضحية بطموحاته الخاصة من أجل تجنب تسليم البلاد لرئاسة ترامب الجديدة. والآن يتعين على الحزب الديمقراطي أن يعرف كيف يمنح نفسه منظمة قادرة على قيادة مرشحه إلى النصر. يجب أن يوفر تصرف بايدن نقطة انطلاق لإعادة بناء الآلة الانتخابية القادرة على التغلب على الانقسامات الداخلية لمحاولة الفوز ومنع الولايات المتحدة والعالم من تكرار كارثة رئاسة ترامب الجديدة.

giovedì 4 aprile 2024

La strategia di Israele: raid in Siria, fame a Gaza.

 L’avere colpito la sede consolare iraniana in Siria e l’organizzazione che portava cibo nella striscia di Gaza, sono due episodi, che presentano analogie da non sottovalutare nella strategia israeliana di medio periodo. Nella guerra, così detta per procura, tra Tel Aviv e Teheran, avere colpito una sede iraniana in territorio straniero rappresenta un nuovo livello per Israele; uno degli obiettivi principali può essere cercare un allargamento del conflitto che implichi un maggiore coinvolgimento degli USA a favore degli israeliani, soprattutto dopo che il presidente Biden ha preso le distanze dai metodi praticati  a Gaza; sebbene Washington ha affermato di non essere stata avvertita dell’attacco israeliano, il governo di Tel Aviv sembra avere usato questo attacco per indurre gli iraniani a condannare sia Israele, che gli USA, in modo da obbligare gli americani ad un appoggio obbligato contro il regime iraniano. Questa tattica presenta la chiara intenzione di temporeggiare in attesa degli esiti elettorali statunitensi, dove una eventuale affermazione di Trump è vista come maggiormente favorevole alla causa israeliana, tuttavia il rischio di un allargamento del conflitto, è implicito nell’azione di Tel Aviv e questo comporta ulteriori problemi commerciali ancora maggiori nel Golfo Persico, di cui Israele dovrà, prima o poi, rendere conto. Non solo, è ipotizzabile un coinvolgimento di altri attori, sia in maniera indiretta, che diretta, in un allargamento della crisi mediorientale, bisogna ricordare che il maggiore alleato della Siria, oltre all’Iran, è la Russia, anche se nella situazione attuale non pare possibile un coinvolgimento diretto di Mosca, appare possibile un legame sempre più stretto tra Teheran e Russia, con collaborazioni sempre maggiori, soprattutto nel settore degli armamenti, con effetti diretti su altri conflitti in corso. Una degli sviluppi più prevedibili è l’incremento delle azioni delle milizie vicine agli iraniani, sia contro Israele, che contro le basi americane presenti in Medioriente. Il raddoppio del fronte, oltre a quello di Gaza, anche quello siriano, sul quale Israele si dovrà misurare è funzionale al governo in carica ed al suo Primo ministro, che non vuole elezioni, che perderebbe sicuramente e darebbero il via a procedimenti giudiziari in cui è implicato. Quello che si sacrifica, non solo agli interessi israeliani, ma a specifici interessi politici di parte è la pace nella regione mediorientale ed anche mondiale, andando a creare i presupposti per una instabilità totale. Se per tenere in apprensione gli USA non si è esitato ad andare contro il diritto internazionale, colpendo in un paese terzo, seppure alleato degli iraniani, sul fronte di Gaza l’errore di avere colpito una Organizzazione non governativa, appare altrettanto funzionale agli interessi di Tel Aviv: infatti altre due organizzazioni hanno annunciato che lasceranno la Striscia di Gaza, per la situazione troppo pericolosa per il loro personale; ciò significa la sottrazione di ingenti forniture di cibo ad una popolazione già duramente provata dalla scarsità dei generi alimentari ed in precarie condizioni igienico sanitarie. La situazione, che viene aggravata dall’assenza delle organizzazioni non governative, colpisce, oltre alla popolazione civile, anche Hamas, che, oltre alla sempre maggiore distanza dagli abitanti di Gaza, non può usufruire degli aiuti internazionali; tuttavia questo elemento è solo un’aggiunta alla normale condotta di Israele, che ha intrapreso da tempo, già ben prima dei fatti del sette ottobre, una politica di gestione delle risorse alimentari da destinare alla Striscia di Gaza, con evidenti intenti regolatori al ribasso. Nel 2012, a seguito di una organizzazione per i diritti umani, Tel Aviv è stata costretta a pubblicare un proprio documento del 2008, dove venivano previste le calorie a persone da concedere agli abitanti della Striscia, alimenti che escludevano quelli ritenuti non essenziali. Malgrado le scuse obbligate delle forze armate israeliane, le modalità con cui sono stati colpiti gli automezzi dell’organizzazione non governativa, lasciano non pochi dubbi sulla volontarietà di bloccare una missione, con le ripercussioni ovvie, che si sono puntualmente verificate. Serve a poco dire che il clamore suscitato è dovuto a vittime occidentali, per modalità analoghe, che hanno provocato più di 30.000 morti civili, non ci sono neanche state le scuse. I paesi civili dovrebbero sanzionare Israele per questa condotta impunita. 

Israel’s strategy: raids in Syria, starvation in Gaza.

 The targeting of the Iranian consular headquarters in Syria and the organization that brought food to the Gaza Strip are two episodes which present similarities that should not be underestimated in the medium-term Israeli strategy. In the war, so called by proxy, between Tel Aviv and Tehran, having struck an Iranian headquarters in foreign territory represents a new level for Israel; one of the main objectives may be to seek an expansion of the conflict that implies greater US involvement in favor of the Israelis, especially after President Biden has distanced himself from the methods practiced in Gaza; Although Washington claimed not to have been warned of the Israeli attack, the Tel Aviv government appears to have used this attack to induce the Iranians to condemn both Israel and the US, in order to force the Americans into forced support against the regime. Iranian. This tactic presents the clear intention of stalling while waiting for the US election results, where a possible affirmation by Trump is seen as more favorable to the Israeli cause, however the risk of an expansion of the conflict is implicit in Tel Aviv's action and this entails further even greater trade problems in the Persian Gulf, for which Israel will, sooner or later, have to account. Not only that, it is conceivable that other actors will be involved, both indirectly and directly, in a widening of the Middle Eastern crisis. It must be remembered that Syria's major ally, in addition to Iran, is Russia, even if in the current situation it is not a direct involvement of Moscow seems possible, an increasingly closer link between Tehran and Russia appears possible, with ever greater collaborations, especially in the armaments sector, with direct effects on other ongoing conflicts. One of the most predictable developments is the increase in the actions of militias close to the Iranians, both against Israel and against American bases in the Middle East. The doubling of the front, in addition to that of Gaza, also the Syrian one, against which Israel will have to measure itself, is functional to the government in office and to its Prime Minister, who does not want elections, which he would certainly lose and which would give rise to judicial proceedings in which is implicated. What is sacrificed, not only to Israeli interests, but to specific partisan political interests is peace in the Middle Eastern region and also in the world, creating the conditions for total instability. If, to keep the USA apprehensive, they did not hesitate to go against international law, striking the error of having struck a non-governmental organization in a third country, albeit an ally of the Iranians, on the Gaza front, it appears equally functional to the interests of Tel Aviv: in fact two other organizations have announced that they will leave the Gaza Strip, due to the situation being too dangerous for their staff; this means the subtraction of large supplies of food from a population already severely affected by the scarcity of food and in precarious health and hygiene conditions. The situation, which is worsened by the absence of non-governmental organisations, affects not only the civilian population but also Hamas, which, in addition to its ever-increasing distance from the inhabitants of Gaza, cannot benefit from international aid; however, this element is only an addition to the normal conduct of Israel, which has undertaken for some time, well before the events of October 7, a policy of managing food resources to be allocated to the Gaza Strip, with clear downward regulatory intentions. In 2012, following a human rights organisation, Tel Aviv was forced to publish its own document from 2008, which set out the calories for people to be given to the inhabitants of the Strip, foods that excluded those deemed non-essential. Despite the forced apologies of the Israeli armed forces, the ways in which the vehicles of the non-governmental organization were hit leave many doubts about the voluntariness of blocking a mission, with the obvious repercussions, which promptly occurred. It is of little use to say that the outcry caused is due to Western victims, in similar ways, which caused more than 30,000 civilian deaths, there were not even any apologies. Civilized countries should sanction Israel for this unpunished conduct.

La estrategia de Israel: incursiones en Siria, hambruna en Gaza.

 El ataque contra la sede consular iraní en Siria y la organización que llevaba alimentos a la Franja de Gaza son dos episodios que presentan similitudes que no deben subestimarse en la estrategia israelí a medio plazo. En la guerra, llamada por poderes, entre Tel Aviv y Teherán, haber atacado un cuartel general iraní en territorio extranjero representa un nuevo nivel para Israel; uno de los principales objetivos puede ser buscar una expansión del conflicto que implique una mayor implicación estadounidense a favor de los israelíes, especialmente después de que el presidente Biden se haya distanciado de los métodos practicados en Gaza; Aunque Washington afirmó no haber sido advertido del ataque israelí, el gobierno de Tel Aviv parece haber utilizado este ataque para inducir a los iraníes a condenar tanto a Israel como a los EE.UU., con el fin de obligar a los estadounidenses a apoyar forzosamente al régimen iraní. Esta táctica presenta la clara intención de demorarse a la espera de los resultados de las elecciones estadounidenses, donde una posible afirmación de Trump se considera más favorable a la causa israelí, sin embargo el riesgo de una expansión del conflicto está implícito en la acción de Tel Aviv y esto conlleva Además, habrá problemas comerciales aún mayores en el Golfo Pérsico, de los que Israel, tarde o temprano, tendrá que rendir cuentas. No sólo eso, es concebible que otros actores participen, tanto directa como indirectamente, en una ampliación de la crisis en Oriente Medio. Hay que recordar que el principal aliado de Siria, además de Irán, es Rusia, aunque en la actual situación Aunque parece posible que no haya una participación directa de Moscú, parece posible un vínculo cada vez más estrecho entre Teherán y Rusia, con colaboraciones cada vez mayores, especialmente en el sector armamentista, con efectos directos en otros conflictos en curso. Uno de los acontecimientos más previsibles es el aumento de las acciones de milicias cercanas a los iraníes, tanto contra Israel como contra bases estadounidenses en Oriente Medio. La duplicación del frente, además del de Gaza, también el sirio, con el que Israel tendrá que medirse, es funcional para el Gobierno en ejercicio y para su Primer Ministro, que no quiere elecciones, que seguramente perder y que daría lugar a un proceso judicial en el que esté implicado. Lo que se sacrifica, no sólo a los intereses israelíes, sino a intereses políticos partidistas específicos, es la paz en la región de Oriente Medio y también en el mundo, creando las condiciones para una inestabilidad total. Si, para mantener aprensivos a los EE.UU., no dudaron en ir en contra del derecho internacional, cometiendo el error de haber atacado a una organización no gubernamental de un tercer país, aunque sea aliado de los iraníes, en el frente de Gaza, parece igualmente funcional a los intereses de Tel Aviv: de hecho, otras dos organizaciones han anunciado que abandonarán la Franja de Gaza, debido a que la situación es demasiado peligrosa para su personal; esto significa sustraer grandes suministros de alimentos a una población ya gravemente afectada por la escasez de alimentos y en condiciones precarias de salud e higiene. La situación, agravada por la ausencia de organizaciones no gubernamentales, afecta no sólo a la población civil sino también a Hamás, que, además de su distancia cada vez mayor de los habitantes de Gaza, no puede beneficiarse de la ayuda internacional; sin embargo, este elemento es sólo un añadido a la conducta normal de Israel, que ha emprendido desde hace algún tiempo, mucho antes de los acontecimientos del 7 de octubre, una política de gestión de los recursos alimentarios que se asignarán a la Franja de Gaza, con claras intenciones regulatorias a la baja. En 2012, a raíz de una organización de derechos humanos, Tel Aviv se vio obligada a publicar su propio documento de 2008, que fijaba las calorías que debían darse a los habitantes de la Franja, alimentos que excluían los considerados no esenciales. A pesar de las forzadas disculpas de las fuerzas armadas israelíes, las formas en que fueron impactados los vehículos de la organización no gubernamental dejan muchas dudas sobre la voluntariedad de bloquear una misión, con las evidentes repercusiones, que se produjo rápidamente. De poco sirve decir que el clamor causado se debe a las víctimas occidentales que, de manera similar, causaron más de 30.000 muertes civiles, ni siquiera hubo disculpas. Los países civilizados deberían sancionar a Israel por esta conducta impune.

Israels Strategie: Razzien in Syrien, Hungersnot in Gaza.

 Die Angriffe auf das iranische Konsularhauptquartier in Syrien und die Organisation, die Lebensmittel in den Gazastreifen brachte, sind zwei Episoden, die in der mittelfristigen israelischen Strategie nicht zu unterschätzende Ähnlichkeiten aufweisen. Im so genannten Stellvertreterkrieg zwischen Tel Aviv und Teheran stellt der Angriff auf ein iranisches Hauptquartier auf fremdem Territorium für Israel eine neue Ebene dar; Eines der Hauptziele könnte darin bestehen, eine Ausweitung des Konflikts anzustreben, die ein stärkeres Engagement der USA zugunsten der Israelis voraussetzt, insbesondere nachdem Präsident Biden sich von den in Gaza praktizierten Methoden distanziert hat. Obwohl Washington behauptete, nicht vor dem israelischen Angriff gewarnt worden zu sein, scheint die Regierung von Tel Aviv diesen Angriff genutzt zu haben, um die Iraner dazu zu bewegen, sowohl Israel als auch die USA zu verurteilen, um die Amerikaner zu einer erzwungenen Unterstützung des Regimes zu zwingen. Iranisch. Diese Taktik stellt die klare Absicht dar, ins Stocken zu geraten, während man auf die Ergebnisse der US-Wahl wartet, wobei eine mögliche Bestätigung durch Trump als günstiger für die israelische Sache angesehen wird, das Vorgehen Tel Avivs jedoch das Risiko einer Ausweitung des Konflikts mit sich bringt und dies mit sich bringt Hinzu kommen noch größere Handelsprobleme im Persischen Golf, für die Israel früher oder später Rechenschaft ablegen muss. Darüber hinaus ist es denkbar, dass andere Akteure sowohl indirekt als auch direkt an einer Ausweitung der Nahostkrise beteiligt sein werden. Es muss daran erinnert werden, dass Syriens wichtigster Verbündeter neben dem Iran, wenn auch derzeit, Russland ist Während in dieser Situation keine direkte Einbindung Moskaus möglich erscheint, erscheint eine immer engere Verbindung zwischen Teheran und Russland möglich, mit immer stärkeren Kooperationen, insbesondere im Rüstungsbereich, mit direkten Auswirkungen auf andere aktuelle Konflikte. Eine der vorhersehbarsten Entwicklungen ist die Zunahme der Aktionen irannaher Milizen, sowohl gegen Israel als auch gegen amerikanische Stützpunkte im Nahen Osten. Die Verdoppelung der Front, zusätzlich zu der von Gaza, auch der syrischen Front, an der sich Israel messen muss, ist für die amtierende Regierung und ihren Premierminister von Nutzen, der keine Wahlen will, was er sicherlich tun würde verlieren und die ein Gerichtsverfahren nach sich ziehen würden, in das die betroffene Person verwickelt ist. Was geopfert wird, nicht nur den israelischen Interessen, sondern auch spezifischen politischen Interessen der Partei, ist der Frieden im Nahen Osten und auch in der Welt, wodurch die Bedingungen für völlige Instabilität geschaffen werden. Wenn sie, um die Besorgnis der USA zu erregen, nicht davor zurückschreckten, gegen das Völkerrecht zu verstoßen und den Fehler zu begehen, eine Nichtregierungsorganisation in einem Drittland, wenn auch einem Verbündeten der Iraner, an der Gaza-Front angegriffen zu haben, scheint dies ebenso funktionsfähig zu sein im Interesse von Tel Aviv: Tatsächlich haben zwei weitere Organisationen angekündigt, den Gazastreifen zu verlassen, da die Situation für ihre Mitarbeiter zu gefährlich sei; Dies bedeutet, dass einer Bevölkerung, die bereits stark unter Nahrungsmittelknappheit leidet und sich in prekären Gesundheits- und Hygieneverhältnissen befindet, große Nahrungsmittelvorräte entzogen werden. Die Situation, die durch das Fehlen von Nichtregierungsorganisationen noch verschärft wird, betrifft nicht nur die Zivilbevölkerung, sondern auch die Hamas, die neben ihrer immer größeren Distanz zu den Bewohnern des Gazastreifens nicht von internationaler Hilfe profitieren kann; Dieses Element ist jedoch nur eine Ergänzung zum normalen Verhalten Israels, das schon seit einiger Zeit, lange vor den Ereignissen vom 7. Oktober, eine Politik der Verwaltung der Nahrungsmittelressourcen verfolgt, die dem Gazastreifen zugewiesen werden sollen, mit klaren Abwärtsregulierungsabsichten. Im Jahr 2012 war Tel Aviv auf Anordnung einer Menschenrechtsorganisation gezwungen, ein eigenes Dokument aus dem Jahr 2008 zu veröffentlichen, das die Kalorien festlegte, die den Bewohnern des Gazastreifens zugeführt werden sollten, wobei die als nicht lebensnotwendig erachteten Lebensmittel ausgenommen waren. Trotz der erzwungenen Entschuldigungen der israelischen Streitkräfte lässt die Art und Weise, wie die Fahrzeuge der Nichtregierungsorganisation getroffen wurden, viele Zweifel an der Freiwilligkeit der Blockierung einer Mission aufkommen, mit den offensichtlichen Auswirkungen, die umgehend eintraten. Es nützt wenig zu sagen, dass der Aufschrei, der ausgelöst wurde, auf ähnliche Weise auf westliche Opfer zurückzuführen ist, die mehr als 30.000 Zivilisten das Leben kosteten, es gab nicht einmal eine Entschuldigung. Zivilisierte Länder sollten Israel für dieses ungestrafte Verhalten bestrafen.

La stratégie d'Israël : raids en Syrie, famine à Gaza.

 Le ciblage du siège consulaire iranien en Syrie et l’organisation qui apportait de la nourriture dans la bande de Gaza sont deux épisodes qui présentent des similitudes qui ne doivent pas être sous-estimées dans la stratégie israélienne à moyen terme. Dans la guerre, dite par procuration, entre Tel-Aviv et Téhéran, le fait d’avoir frappé un quartier général iranien en territoire étranger représente un nouveau niveau pour Israël ; l’un des principaux objectifs pourrait être de rechercher une extension du conflit qui impliquerait une plus grande implication américaine en faveur des Israéliens, surtout après que le président Biden se soit distancié des méthodes pratiquées à Gaza ; Bien que Washington ait affirmé ne pas avoir été prévenu de l'attaque israélienne, le gouvernement de Tel-Aviv semble avoir utilisé cette attaque pour inciter les Iraniens à condamner à la fois Israël et les États-Unis, afin de forcer les Américains à soutenir de force le régime iranien. Cette tactique présente clairement l'intention de tergiverser en attendant les résultats des élections américaines, où une éventuelle affirmation de Trump est considérée comme plus favorable à la cause israélienne, mais le risque d'une expansion du conflit est implicite dans l'action de Tel-Aviv et cela implique des problèmes commerciaux encore plus graves dans le golfe Persique, dont Israël devra, tôt ou tard, rendre compte. De plus, il est concevable que d'autres acteurs soient impliqués, indirectement et directement, dans une aggravation de la crise au Moyen-Orient. Il ne faut pas oublier que le principal allié de la Syrie, outre l'Iran, est la Russie, même si dans le contexte actuel Dans cette situation, une implication directe de Moscou semble possible, un lien de plus en plus étroit entre Téhéran et la Russie semble possible, avec des collaborations toujours plus étroites, notamment dans le secteur de l'armement, avec des effets directs sur d'autres conflits en cours. L’une des évolutions les plus prévisibles est la multiplication des actions des milices proches des Iraniens, tant contre Israël que contre les bases américaines au Moyen-Orient. Le doublement du front, outre celui de Gaza, mais aussi syrien, contre lequel Israël devra se mesurer, est fonctionnel pour le gouvernement en place et pour son Premier ministre, qui ne veut pas d'élections, qu'il voudrait certainement perdre et qui donnerait lieu à une procédure judiciaire dans laquelle est impliquée. Ce qui est sacrifié, non seulement aux intérêts israéliens, mais aussi à des intérêts politiques partisans spécifiques, c’est la paix dans la région du Moyen-Orient et aussi dans le monde, créant ainsi les conditions d’une instabilité totale. Si, pour entretenir l'appréhension des États-Unis, ils n'ont pas hésité à aller à l'encontre du droit international, en frappant l'erreur d'avoir frappé une organisation non gouvernementale d'un pays tiers, pourtant allié des Iraniens, sur le front de Gaza, cela apparaît tout aussi fonctionnel. aux intérêts de Tel-Aviv : en effet, deux autres organisations ont annoncé qu'elles quitteraient la bande de Gaza, car la situation était trop dangereuse pour leur personnel ; cela signifie soustraire d’importantes réserves de nourriture à une population déjà gravement touchée par la pénurie alimentaire et dans des conditions de santé et d’hygiène précaires. La situation, aggravée par l'absence d'organisations non gouvernementales, affecte non seulement la population civile mais aussi le Hamas qui, outre son éloignement toujours croissant des habitants de Gaza, ne peut bénéficier de l'aide internationale ; cependant, cet élément n'est qu'un ajout à la conduite normale d'Israël, qui a engagé depuis un certain temps, bien avant les événements du 7 octobre, une politique de gestion des ressources alimentaires à allouer à la bande de Gaza, avec des intentions clairement réglementaires à la baisse. En 2012, à la suite d'une organisation de défense des droits de l'homme, Tel-Aviv a été contraint de publier son propre document de 2008, qui fixait les calories à donner aux habitants de la bande de Gaza, des aliments excluant ceux jugés non essentiels. Malgré les excuses forcées des forces armées israéliennes, la manière dont les véhicules de l'organisation non gouvernementale ont été touchés laisse planer de nombreux doutes sur le caractère volontaire du blocage d'une mission, avec les répercussions évidentes qui se sont produites rapidement. Il ne sert à rien de dire que le tollé suscité est dû aux victimes occidentales, de la même manière, qui a causé la mort de plus de 30 000 civils, il n'y a même pas eu d'excuses. Les pays civilisés devraient sanctionner Israël pour cette conduite impunie.

A estratégia de Israel: ataques na Síria, fome em Gaza.

 O ataque à sede consular iraniana na Síria e à organização que trouxe alimentos para a Faixa de Gaza são dois episódios que apresentam semelhanças que não devem ser subestimadas na estratégia israelita a médio prazo. Na guerra, assim chamada por procuração, entre Tel Aviv e Teerão, ter atingido um quartel-general iraniano em território estrangeiro representa um novo nível para Israel; um dos principais objectivos pode ser procurar uma expansão do conflito que implique um maior envolvimento dos EUA a favor dos israelitas, especialmente depois de o Presidente Biden se ter distanciado dos métodos praticados em Gaza; Embora Washington alegue não ter sido avisado do ataque israelita, o governo de Tel Aviv parece ter utilizado este ataque para induzir os iranianos a condenar tanto Israel como os EUA, a fim de forçar os americanos a um apoio forçado contra o regime iraniano. Esta táctica apresenta a clara intenção de protelar enquanto se espera pelos resultados eleitorais nos EUA, onde uma possível afirmação de Trump é vista como mais favorável à causa israelita, no entanto o risco de uma expansão do conflito está implícito na acção de Tel Aviv e isso implica agravar ainda mais problemas comerciais no Golfo Pérsico, pelos quais Israel, mais cedo ou mais tarde, terá de responder. Além disso, é concebível que outros intervenientes estejam envolvidos, tanto indirecta como directamente, num agravamento da crise no Médio Oriente. Deve recordar-se que o principal aliado da Síria, além do Irão, é a Rússia, mesmo que no actual Numa situação em que não parece possível um envolvimento directo de Moscovo, parece possível uma ligação cada vez mais estreita entre Teerão e a Rússia, com colaborações cada vez maiores, especialmente no sector do armamento, com efeitos directos noutros conflitos em curso. Um dos desenvolvimentos mais previsíveis é o aumento das ações de milícias próximas dos iranianos, tanto contra Israel como contra bases americanas no Médio Oriente. A duplicação da frente, para além da de Gaza, também da síria, contra a qual Israel terá de se medir, é funcional para o governo em exercício e para o seu Primeiro-Ministro, que não quer eleições, que certamente desejaria perder e que daria origem a processos judiciais em que está implicado. O que é sacrificado, não só aos interesses israelitas, mas também aos interesses políticos partidários específicos, é a paz na região do Médio Oriente e também no mundo, criando as condições para uma instabilidade total. Se, para manter os EUA apreensivos, não hesitaram em ir contra o direito internacional, cometendo o erro de terem atacado uma organização não governamental num terceiro país, embora aliado dos iranianos, na frente de Gaza, parece igualmente funcional aos interesses de Tel Aviv: de facto, duas outras organizações anunciaram que abandonarão a Faixa de Gaza, devido à situação ser demasiado perigosa para o seu pessoal; isto significa a subtração de grandes reservas de alimentos a uma população já gravemente afetada pela escassez de alimentos e em condições precárias de saúde e higiene. A situação, agravada pela ausência de organizações não governamentais, afecta não só a população civil, mas também o Hamas, que, para além da distância cada vez maior dos habitantes de Gaza, não pode beneficiar da ajuda internacional; no entanto, este elemento é apenas um acréscimo à conduta normal de Israel, que empreendeu durante algum tempo, muito antes dos acontecimentos de 7 de Outubro, uma política de gestão dos recursos alimentares a serem atribuídos à Faixa de Gaza, com claras intenções regulatórias descendentes. Em 2012, na sequência de uma organização de direitos humanos, Tel Aviv foi forçada a publicar o seu próprio documento de 2008, que estabelecia as calorias que as pessoas deveriam dar aos habitantes da Faixa, alimentos que excluíam os considerados não essenciais. Apesar das desculpas forçadas das forças armadas israelitas, as formas como os veículos da organização não governamental foram atingidos deixam muitas dúvidas sobre a voluntariedade do bloqueio de uma missão, com as repercussões óbvias, o que prontamente ocorreu. De pouco adianta dizer que o clamor causado se deve às vítimas ocidentais, de formas semelhantes, que causaram mais de 30 mil mortes de civis, não houve sequer desculpas. Os países civilizados deveriam sancionar Israel por esta conduta impune.