Politica Internazionale

Politica Internazionale

Cerca nel blog

venerdì 22 agosto 2025

ガザ:国連はイスラエルが飢きんを引き起こしているとし、イスラエル軍の報告書では民間人の死傷者総数の83%が

 イスラエルとガザ地区のパレスチナ住民との間の紛争が続く中、二つの事実が浮き彫りになっている。国際世論はこれら二つの重要な事実を正当に考慮し、テルアビブに対し適切な対応を求めるべきだ。一つ目は、ガザ地区における飢饉の公式宣言である。これは、深刻な軍事的惨事の歴史を抱える中東において、初めての宣言となる。国連によると、ガザ地区の人口の4分の1にあたる51万4千人が食糧不足に直面しており、その数は9月末までに64万1千人にまで達すると予測されている。ガザ地区の飢饉の特徴は、気象や衛生上の要因ではなく、完全に人為的なもの、すなわちイスラエル軍の行動によるものである点である。テルアビブがガザ国境への援助物資の輸送を組織的に阻止していなければ、この人道的災害は避けられた可能性がある。イスラエルの行動は、パレスチナ人をいかなる手段を用いてもガザ地区から排除しなければならないという、民間人を弱体化させるための綿密な計画の一環であるため、さらに深刻である。超正統派ユダヤ教政府のガザ併合への願望は、残念ながらイスラエル国民の多くに共有されている。国境に大量の食糧が輸送されているにもかかわらず、イスラエルの行動は変わらない。国連人権高等弁務官は、飢餓による死を故意の殺人という戦争犯罪に分類し、イスラエル政府に直接の責任があるとしている。この考察は、この問題に関わる2つ目の関連事実を提示する。イスラエル軍の秘密報告書によると、ガザ戦争における民間人の犠牲者は全体の83%に上る。このデータからわかるように、戦闘員の犠牲者数の少なさは、パレスチナ人虐殺がルワンダの虐殺やマリウポリの虐殺に匹敵するほど、計画的に行われたことを示唆している。強制的な飢餓と軍事行動による死の組み合わせは、ネタニヤフ首相とその政権のパレスチナ人に対する意図を明確に示している。それは、彼らを可能な限り多く殲滅させ、ガザ地区から追放するための条件を整えることである。さらに、最近の調査では、イスラエル国民の79%がパレスチナ人に対する無差別弾圧を支持していることが明らかになった。彼らはパレスチナ人を人間の尊厳に値しない虐待的な占領者と見なしているのだ。もちろんネタニヤフ首相はこれらのデータを否定するか、せいぜいハマスによる自国民への行為を挙げて正当化するにとどまっている。しかし、イスラエル首相の考え方は変わらない。恥知らずにも嘘をつき、目的達成のために時間を稼ぎ、自分に反論する者を反ユダヤ主義者と絶えず非難し、自分や政府の解釈と異なる解釈を拒否するのだ。政治的見解やイスラエルの明白な動機に関わらず、あらゆる年齢層の無実の民間人に対するこれらの犯罪への対応の欠如は、世界のあらゆる国にとって消えることのない汚点となるでしょう。しかし、西側諸国の民主主義国家は、いかなる側からもたらされる最も忌まわしい暴力からも国際法と無防備な人々を守ることに関して、自らの空虚さと不在を露呈しています。非難の声はつい最近になってようやく上がり、次回の国連総会に多数の賛成が見込まれるパレスチナ国家の承認でさえ、実質的な効果を伴わない行為です。イスラエルはますます孤立させ、その暴力はあらゆる手段を講じて抑制しなければなりません。その第一歩は、自国資源のない経済に影響を与える厳しい制裁です。ヨーロッパは少なくともこれを実行し、他の国々、特にアラブ諸国の反応を誘発しようと努めなければなりません。もちろん、これにはトランプ大統領の反応が必要になるでしょうが、テルアビブを孤立させるような一貫した封鎖は、遅まきながら効果的な抑止力となる可能性があります。

غزة: الأمم المتحدة تقول إن إسرائيل تسبب المجاعة وتقرير الجيش الإسرائيلي يقول إن 83% من الضحايا المدنيين من إجمالي الضحايا

 برزت حقيقتان بارزتان في الصراع الدائر بين إسرائيل والسكان الفلسطينيين في غزة. هاتان حقيقتان هامتان ينبغي على الرأي العام العالمي مراعاتهما والسعي إلى ردود فعل مناسبة تجاه تل أبيب. الأولى هي إعلان الأمم المتحدة رسميًا عن مجاعة في قطاع غزة، وهي الأولى من نوعها في الشرق الأوسط، رغم تاريخه الحافل بالكوارث العسكرية. ووفقًا للأمم المتحدة، يواجه ما يصل إلى 514 ألف شخص، أي ربع السكان، نقصًا في الغذاء، ومن المتوقع أن يصل هذا الرقم إلى 641 ألفًا بنهاية سبتمبر. وتتمثل السمة الفريدة لمجاعة غزة في أنها ليست ناجمة عن عوامل جوية أو صحية، بل هي من صنع الإنسان بالكامل، ألا وهي أفعال الجيش الإسرائيلي. وكان من الممكن تجنب هذه الكارثة الإنسانية لو لم تعيق تل أبيب وصول المساعدات إلى حدود غزة بشكل ممنهج. ويُعد الإجراء الإسرائيلي أكثر خطورة لأنه جزء من خطة محكمة لإضعاف المدنيين، إذ يجب إبادة السكان الفلسطينيين من القطاع بأي وسيلة. للأسف، يتشاطر قطاع كبير من الجمهور الإسرائيلي رغبة الحكومة اليهودية المتشددة في ضم غزة. ورغم وجود شحنات غذائية ضخمة على الحدود، إلا أن سلوك إسرائيل لم يتغير. تُحمّل مفوضية الأمم المتحدة السامية لحقوق الإنسان الحكومة الإسرائيلية المسؤولية المباشرة، مُصنّفةً وفيات الجوع كجرائم حرب من جرائم القتل غير العمد. يُقدّم هذا الاعتبار الحقيقة الثانية ذات الصلة، والتي تُعنى بالقضية. فوفقًا لتقرير سري للجيش الإسرائيلي، بلغ عدد الضحايا المدنيين في حرب غزة 83% من إجمالي الضحايا. وكما يتضح من هذه البيانات، فإن انخفاض عدد الضحايا من المقاتلين يُشير إلى تخطيط مُتعمّد للإبادة الجماعية الفلسطينية، لدرجة أنه يُمكن مقارنتها بمجازر رواندا ومذبحة ماريوبول. إن الجمع بين التجويع القسري والوفيات الناجمة عن النشاط العسكري يُحدد بوضوح نوايا نتنياهو وحكومته تجاه الفلسطينيين: إبادة أكبر عدد ممكن منهم لتهيئة الظروف لترحيلهم من القطاع. علاوة على ذلك، كشف استطلاع رأي حديث أن 79% من سكان إسرائيل يؤيدون القمع العشوائي للشعب الفلسطيني، الذي يعتبرونه محتلاً متعسفاً لا يليق بالكرامة الإنسانية. ينكر نتنياهو هذه البيانات، أو على الأكثر يبررها بالإشارة إلى أفعال حماس ضد مواطنيه. إلا أن عقلية رئيس الوزراء الإسرائيلي لا تزال كما هي: الكذب بلا خجل وكسب الوقت لتحقيق أهدافه، ويتهم باستمرار كل من يعارضه بمعاداة السامية، ويرفض أي تفسير مختلف عن تفسيره وتفسير حكومته. وبغض النظر عن الآراء السياسية والدوافع الإسرائيلية الواضحة، فإن عدم الرد على هذه الجرائم المرتكبة ضد المدنيين الأبرياء من جميع الأعمار سيظل وصمة عار لا تُمحى على كل دولة في العالم، بل وأكثر من ذلك على الديمقراطيات الغربية، التي كشفت عن فراغها وغيابها عندما يتعلق الأمر بحماية القانون الدولي والشعوب العزّل من أبشع أشكال العنف، أياً كان مصدره. لم تصل الإدانات إلا مؤخرًا، لمجرد كونها كذلك، وحتى الاعتراف بالدولة الفلسطينية، المتوقع أن يكون بأعداد كبيرة في الجمعية العامة للأمم المتحدة القادمة، يُعدّ ممارسةً خالية من أي عواقب عملية. يجب عزل إسرائيل بشكل متزايد، واحتواء عنفها بكل الوسائل، والبداية بعقوبات قاسية تؤثر على اقتصاد يفتقر إلى موارده الخاصة. على أوروبا أن تفعل ذلك على الأقل، وأن تسعى إلى إثارة رد فعل في دول أخرى، وخاصة العربية. بالتأكيد، سيتطلب هذا رد فعل من ترامب، لكن حصارًا مستمرًا قادرًا على عزل تل أبيب قد يكون رادعًا متأخرًا ولكنه فعال.

Cina e India si riavvicinano, grazie alle politiche di Trump

 Uno degli effetti collaterali, in politica estera, dei dazi di Trump è quello di avere provocato l’avvicinamento di nazioni tradizionalmente lontane. Il caso più eclatante è quello dei nuovi rapporti che si stanno instaurando tra India e Cina, finora paesi tradizionalmente avversari. Le due grandi nazioni asiatiche condividono migliaia chilometri di frontiera, lungo la quale le tensioni sono state ripetute nel tempo; anche la questione tibetana ha contribuito a questi attriti e la vicinanza tra India ed USA ha contribuito alla diffidenza della Cina verso il paese indiano. In realtà la questione di contrasto maggiore è stata la lotta per il predominio del continente asiatico tra i due paesi, che il grande progresso cinese ha determinato a proprio favore. Questo finché la variabile Trump non è comparsa sulla scena. Anche se nel primo mandato dell’inquilino della Casa Bianca i rapporti con Nuova Delhi erano del tutto diversi, con il secondo mandato l’India ha rivendicato una maggiore neutralità sulle questioni internazionali, rispetto alla posizione USA, non ha gradito, che in occasione del conflitto tra India e Pakistan Trump si assegnasse il merito della fine dei contrasti ed infine il governo indiano non ha gradito che cittadini del proprio paese siano stati esposti in manette, come veri e propri trofei nella lotta contro gli immigrati irregolari, caposaldo del presidente americano. Se questi argomenti avevano già incrinato i rapporti tra i due paesi, la decisione di applicare dazi del 50% sui prodotti indiani verso gli USA, a causa dell’acquisto del petrolio russo da parte dell’India, ha congelato del tutto le relazioni. Ciò ha provocato un effetto certamente non desiderato, ma fortemente prevedibile, dalla politica estera americana: il riavvicinamento, impensabile fino a poco tempo fa, tra Nuova Delhi e Pechino. Ora fare tornare indietro questo processo risulterà oltremodo difficile per gli strateghi della Casa Bianca. Le relazioni riprese tra i rispettivi ministri degli esteri dei due paesi, si preannunciano soltanto come un punto di partenza dei nuovi rapporti. Il primo passo sarà quello di riaprire gli scambi commerciali su tre valichi himalayani e la ripresa dei voli diretti trai due paesi, non più praticati dal 2020 e, inoltre, il rilascio dei visti per turismo, affari ed informazione. Questi primi sviluppi sono soltanto una piccola parte del potenziale commerciale che i due paesi possono intraprendere, andando almeno in parte, a colmare gli effetti dei dazi americani. Anche all’interno dell’organizzazione dei BRICS, Pechino si è già sbilanciata per il sostegno dell’India ad ospitare il vertice del prossimo anno tra Brasile, Cina, India e Sud Africa, per aumentare le relazioni commerciali tra questi paesi. Una forma di collaborazione più stretta tra questi paesi, in materia di scambi commerciali e finanziari, fono ad arrivare ad una intesa su di una valuta comune alternativa al dollaro, può mettere in seria difficoltà l’economia americana, che sta alienandosi la collaborazione di paesi prima amici, soltanto per ragioni ideologiche o di opportunità relativa, con il risultato di rafforzare la Cina, come prima forza industriale del mondo. Occorre tenere conto che la vicinanza alla Russia, per l’India è quasi una consuetudine, ma l’azione americana la sta rafforzando, diverso è l’avvicinamento alla Cina, che rappresenta una vera e propria novità sullo scacchiere mondiale e che anche dal punto di vista strategico rischia di creare un blocco asiatico molto avverso agli USA. Washington fino dalla presidenza Obama ha messo al centro dei propri interessi politici ed economici il versante asiatico a discapito dell’Europa: lo scopo era quello di isolare la Cina, dottrina in cui si è riconosciuto anche Trump, tuttavia la sua azione sta favorendo un esito ben differente dalle intenzioni originarie. A questo punto la Cina ha dalla propria parte la Russia e l’avvicinamento dell’India, significa togliere un alleato, anche se non così stretto, agli Stati Uniti, che possono contare soltanto su Giappone e Corea del Sud in quell’area del mondo. L’imperizia di Trump e di chi si è circondato sta producendo danni notevoli alla politica estera americana, che non sono ancora del tutto compresi dentro ai centri di potere americani, ormai saldamente in mano ai Repubblicani amici del presidente. Con l’isolamento il programma di rifare grande l’America non può riuscire e si produrranno macerie che sarà difficile ricomporre, non solo sul piano politico ma anche su quello economico. 

China and India are getting closer, thanks to Trump's policies

 One of the foreign policy side effects of Trump's tariffs is that they have brought traditionally distant nations closer together. The most striking example is the new relationship being established between India and China, traditionally adversaries. The two great Asian nations share thousands of kilometers of border, along which tensions have recurred over time; the Tibetan issue has also contributed to these frictions, and the proximity between India and the US has fueled China's mistrust of India. In reality, the greatest point of contention has been the two countries' struggle for dominance of the Asian continent, which China's significant progress has tilted in its favor. That was until Trump emerged on the scene. Although relations with New Delhi were completely different during the White House's first term, in his second term India asserted greater neutrality on international issues compared to the US position. It was displeased that Trump took credit for the end of the conflict between India and Pakistan, and finally, the Indian government was displeased that its citizens were displayed in handcuffs, like veritable trophies in the fight against illegal immigrants, a cornerstone of the US president's policy. While these issues had already strained relations between the two countries, the decision to impose a 50% tariff on Indian goods exported to the US, due to India's purchase of Russian oil, completely froze relations. This has resulted in an effect that is certainly undesirable, but highly predictable, for American foreign policy: a rapprochement, unthinkable until recently, between New Delhi and Beijing. Now, reversing this process will prove extremely difficult for White House strategists. The renewed relations between the two countries' foreign ministers promise to be only the starting point for new ties. The first step will be to reopen trade at three Himalayan passes and the resumption of direct flights between the two countries, which have not been available since 2020, as well as the issuance of visas for tourism, business, and information. These initial developments represent only a small portion of the trade potential the two countries can undertake, at least partially offsetting the effects of US tariffs. Even within the BRICS organization, Beijing has already expressed support for India's hosting of next year's summit between Brazil, China, India, and South Africa, aimed at increasing trade relations between these countries. A closer form of cooperation between these countries, in trade and finance, leading to an agreement on a common currency alternative to the dollar, could seriously jeopardize the American economy, which is alienating formerly friendly countries for ideological reasons or relative expediency, thus strengthening China's position as the world's leading industrial power. It must be noted that India's closeness to Russia is almost a given, but American action is strengthening it. Its rapprochement with China is a different matter, representing a truly novel development on the global stage and also strategically threatening to create an Asian bloc highly hostile to the US. Since Obama's presidency, Washington has placed Asia at the center of its political and economic interests to the detriment of Europe. The goal was to isolate China, a doctrine Trump also embraces. However, his actions are favoring an outcome far different from the original intentions. At this point, China has Russia on its side, and India's rapprochement means depriving the United States of an ally, albeit a not-so-close one, which can only count on Japan and South Korea in that part of the world. The incompetence of Trump and those he has surrounded himself with is causing significant damage to American foreign policy, which is not yet fully understood within the American centers of power, now firmly in the hands of the president's Republican allies. With isolation, the program of making America great again will fail, and the resulting wreckage will be difficult to repair, not only politically but also economically.

China e India se acercan gracias a las políticas de Trump

 Una de las consecuencias de los aranceles de Trump en política exterior es que han acercado a naciones tradicionalmente distantes. El ejemplo más llamativo es la nueva relación que se está estableciendo entre India y China, tradicionalmente adversarias. Las dos grandes naciones asiáticas comparten miles de kilómetros de frontera, a lo largo de los cuales las tensiones se han repetido con el tiempo; la cuestión del Tíbet también ha contribuido a estas fricciones, y la proximidad entre India y Estados Unidos ha alimentado la desconfianza de China hacia India. En realidad, el mayor punto de discordia ha sido la lucha entre ambos países por el dominio del continente asiático, que el significativo progreso de China ha inclinado a su favor. Eso fue hasta la aparición de Trump. Si bien las relaciones con Nueva Delhi fueron completamente diferentes durante el primer mandato de la Casa Blanca, en su segundo mandato India afirmó una mayor neutralidad en asuntos internacionales en comparación con la postura estadounidense. Fue desalentador que Trump se atribuyera el fin del conflicto entre India y Pakistán, y finalmente, al gobierno indio le disgustó que sus ciudadanos fueran exhibidos esposados, como verdaderos trofeos en la lucha contra la inmigración ilegal, piedra angular de la política del presidente estadounidense. Si bien estos problemas ya habían tensado las relaciones entre ambos países, la decisión de imponer un arancel del 50% a los productos indios exportados a EE. UU., debido a la compra de petróleo ruso por parte de India, congeló por completo las relaciones. Esto ha tenido un efecto ciertamente indeseable, pero altamente predecible, para la política exterior estadounidense: un acercamiento, impensable hasta hace poco, entre Nueva Delhi y Pekín. Ahora, revertir este proceso resultará extremadamente difícil para los estrategas de la Casa Blanca. La reanudación de las relaciones entre los ministros de Asuntos Exteriores de ambos países promete ser solo el punto de partida para nuevos lazos. El primer paso será la reapertura del comercio en tres pasos del Himalaya y la reanudación de los vuelos directos entre ambos países, que no han estado disponibles desde 2020, así como la emisión de visados ​​para turismo, negocios e información. Estos avances iniciales representan solo una pequeña parte del potencial comercial que ambos países pueden alcanzar, compensando al menos parcialmente los efectos de los aranceles estadounidenses. Incluso dentro del grupo BRICS, Pekín ya ha expresado su apoyo a que India organice la cumbre del próximo año entre Brasil, China, India y Sudáfrica, con el objetivo de fortalecer las relaciones comerciales entre estos países. Una cooperación más estrecha entre estos países, en comercio y finanzas, que conduzca a un acuerdo sobre una moneda común alternativa al dólar, podría poner en grave peligro la economía estadounidense, que está distanciando a países anteriormente amigos por razones ideológicas o de relativa conveniencia, fortaleciendo así la posición de China como principal potencia industrial del mundo. Cabe señalar que la cercanía de India a Rusia es casi un hecho, pero la acción estadounidense la está fortaleciendo. Su acercamiento a China es un asunto diferente, ya que representa un avance verdaderamente novedoso a nivel mundial y, además, amenaza estratégicamente con crear un bloque asiático altamente hostil a Estados Unidos. Desde la presidencia de Obama, Washington ha situado a Asia en el centro de sus intereses políticos y económicos en detrimento de Europa. El objetivo era aislar a China, una doctrina que Trump también defiende. Sin embargo, sus acciones están propiciando un resultado muy distinto a las intenciones originales. En este punto, China tiene a Rusia de su lado, y el acercamiento de India significa privar a Estados Unidos de un aliado, aunque no tan cercano, que solo puede contar con Japón y Corea del Sur en esa parte del mundo. La incompetencia de Trump y de quienes se han rodeado de él está causando un daño significativo a la política exterior estadounidense, algo que aún no se comprende del todo en los centros de poder estadounidenses, ahora firmemente en manos de los aliados republicanos del presidente. Con el aislamiento, el programa para hacer a Estados Unidos grande de nuevo fracasará, y los estragos resultantes serán difíciles de reparar, no solo políticamente sino también económicamente.

China und Indien kommen sich dank Trumps Politik näher

 Eine der außenpolitischen Nebenwirkungen von Trumps Zöllen besteht darin, dass sie traditionell weit entfernte Nationen einander näher gebracht haben. Das auffälligste Beispiel dafür ist die neue Beziehung zwischen Indien und China, die traditionell Gegner sind. Die beiden großen asiatischen Nationen teilen sich eine Tausende Kilometer lange Grenze, entlang derer es im Laufe der Zeit immer wieder zu Spannungen kam. Die Tibet-Frage hat ebenfalls zu diesen Reibereien beigetragen, und die Nähe zwischen Indien und den USA hat Chinas Misstrauen gegenüber Indien geschürt. In Wirklichkeit war der größte Streitpunkt der Kampf der beiden Länder um die Vorherrschaft auf dem asiatischen Kontinent, der durch Chinas bedeutende Fortschritte zu seinen Gunsten gekippt wurde. Das war so, bis Trump auf der Bildfläche erschien. Obwohl die Beziehungen zu Neu-Delhi während der ersten Amtszeit des Weißen Hauses völlig anders waren, behauptete Indien in seiner zweiten Amtszeit im Vergleich zur Position der USA eine größere Neutralität in internationalen Fragen. Man missfiel Trump, dass er sich das Ende des Konflikts zwischen Indien und Pakistan auf die Fahnen schrieb, und die indische Regierung schließlich missfiel, dass ihre Bürger in Handschellen zur Schau gestellt wurden – wie Trophäen im Kampf gegen illegale Einwanderer, einem Eckpfeiler der Politik des US-Präsidenten. Diese Probleme hatten die Beziehungen zwischen den beiden Ländern bereits belastet, doch die Entscheidung, aufgrund von Indiens Kauf russischen Öls einen 50-prozentigen Zoll auf indische Warenexporte in die USA zu erheben, legte diese Beziehungen endgültig auf Eis. Dies hatte einen für die amerikanische Außenpolitik sicherlich unerwünschten, aber durchaus vorhersehbaren Effekt: eine bis vor Kurzem undenkbare Annäherung zwischen Neu-Delhi und Peking. Diesen Prozess nun umzukehren, wird sich für die Strategen des Weißen Hauses als äußerst schwierig erweisen. Die erneuerten Beziehungen zwischen den Außenministern beider Länder versprechen nur den Ausgangspunkt für neue Verbindungen zu sein. Der erste Schritt wird die Wiedereröffnung des Handels über drei Himalaya-Pässe und die Wiederaufnahme von Direktflügen zwischen den beiden Ländern sein, die seit 2020 nicht mehr möglich waren, sowie die Ausstellung von Visa für Tourismus, Geschäftsreisende und Informationsreisende. Diese ersten Entwicklungen stellen nur einen kleinen Teil des Handelspotenzials dar, das die beiden Länder nutzen können, und gleichen die Auswirkungen der US-Zölle zumindest teilweise aus. Selbst innerhalb der BRICS-Organisation hat Peking bereits seine Unterstützung für Indien als Gastgeber des Gipfeltreffens zwischen Brasilien, China, Indien und Südafrika im nächsten Jahr zum Ausdruck gebracht, das die Handelsbeziehungen zwischen diesen Ländern stärken soll. Eine engere Zusammenarbeit zwischen diesen Ländern in Handel und Finanzen, die zu einer Einigung auf eine gemeinsame Währungsalternative zum Dollar führen würde, könnte die amerikanische Wirtschaft ernsthaft gefährden, die sich aus ideologischen Gründen oder aus Zweckmäßigkeit von ehemals befreundeten Ländern abwendet und so Chinas Position als führende Industriemacht der Welt stärkt. Es sei darauf hingewiesen, dass Indiens Nähe zu Russland nahezu selbstverständlich ist, aber das amerikanische Handeln verstärkt sie. Anders verhält es sich mit der Annäherung an China. Sie stellt eine wahrhaft neuartige Entwicklung auf der Weltbühne dar und birgt strategisch die Gefahr, einen den USA gegenüber höchst feindseligen asiatischen Block zu schaffen. Seit Obamas Präsidentschaft hat Washington Asien zum Nachteil Europas in den Mittelpunkt seiner politischen und wirtschaftlichen Interessen gestellt. Ziel war es, China zu isolieren – eine Doktrin, die auch Trump vertritt. Sein Handeln begünstigt jedoch ein Ergebnis, das sich stark von den ursprünglichen Absichten unterscheidet. China hat mittlerweile Russland auf seiner Seite, und Indiens Annäherung bedeutet, dass die USA einen – wenn auch nicht ganz so engen – Verbündeten verlieren, der in diesem Teil der Welt nur auf Japan und Südkorea zählen kann. Die Inkompetenz Trumps und derer, mit denen er sich umgeben hat, fügt der amerikanischen Außenpolitik erheblichen Schaden zu. In den amerikanischen Machtzentren, die nun fest in den Händen der republikanischen Verbündeten des Präsidenten sind, wird dies noch nicht vollständig begriffen. Durch die Isolation wird das Programm, Amerika wieder groß zu machen, scheitern, und die daraus resultierenden Schäden werden nicht nur politisch, sondern auch wirtschaftlich nur schwer zu beheben sein.

La Chine et l'Inde se rapprochent grâce aux politiques de Trump

 L'un des effets secondaires des droits de douane de Trump sur la politique étrangère est le rapprochement de nations traditionnellement éloignées. L'exemple le plus frappant est la nouvelle relation qui s'établit entre l'Inde et la Chine, deux pays traditionnellement adversaires. Les deux grandes nations asiatiques partagent des milliers de kilomètres de frontière, le long de laquelle des tensions sont apparues au fil du temps ; la question tibétaine a également contribué à ces frictions, et la proximité entre l'Inde et les États-Unis a alimenté la méfiance de la Chine à son égard. En réalité, le principal point de discorde a été la lutte des deux pays pour la domination du continent asiatique, que les progrès significatifs de la Chine ont fait pencher en sa faveur. C'était jusqu'à l'arrivée de Trump sur la scène internationale. Bien que les relations avec New Delhi aient été radicalement différentes pendant le premier mandat de la Maison-Blanche, l'Inde a, lors de son second mandat, affiché une plus grande neutralité sur les questions internationales que la position américaine. Le gouvernement indien a été mécontent de voir Trump s'attribuer le mérite de la fin du conflit entre l'Inde et le Pakistan, et enfin, de voir ses citoyens exposés menottés, tels de véritables trophées de la lutte contre l'immigration clandestine, pierre angulaire de la politique du président américain. Alors que ces questions avaient déjà tendu les relations entre les deux pays, la décision d'imposer des droits de douane de 50 % sur les exportations indiennes vers les États-Unis, en raison de l'achat de pétrole russe par l'Inde, a complètement gelé les relations. Cela a eu un effet certes indésirable, mais hautement prévisible, pour la politique étrangère américaine : un rapprochement, impensable jusqu'à récemment, entre New Delhi et Pékin. Or, inverser ce processus s'avérera extrêmement difficile pour les stratèges de la Maison-Blanche. Le rétablissement des relations entre les ministres des Affaires étrangères des deux pays ne promet que d'être le point de départ de nouvelles relations. La première étape consistera à rouvrir les échanges commerciaux dans trois cols himalayens et à reprendre les vols directs entre les deux pays, interrompus depuis 2020, ainsi qu'à délivrer des visas pour le tourisme, les affaires et l'information. Ces premiers développements ne représentent qu'une infime partie du potentiel commercial que les deux pays peuvent exploiter, compensant au moins partiellement les effets des droits de douane américains. Même au sein de l'organisation des BRICS, Pékin a déjà exprimé son soutien à l'organisation par l'Inde du sommet de l'année prochaine entre le Brésil, la Chine, l'Inde et l'Afrique du Sud, visant à renforcer les relations commerciales entre ces pays. Une coopération plus étroite entre ces pays, dans les domaines commercial et financier, conduisant à un accord sur une monnaie commune alternative au dollar, pourrait sérieusement compromettre l'économie américaine, qui s'aliène des pays autrefois amis pour des raisons idéologiques ou par opportunisme, renforçant ainsi la position de la Chine comme première puissance industrielle mondiale. Il convient de noter que la proximité de l'Inde avec la Russie est presque acquise, mais l'action américaine la renforce. Son rapprochement avec la Chine est une autre affaire : il représente une véritable nouveauté sur la scène internationale et menace stratégiquement de créer un bloc asiatique fortement hostile aux États-Unis. Depuis la présidence d'Obama, Washington a placé l'Asie au centre de ses intérêts politiques et économiques, au détriment de l'Europe. L'objectif était d'isoler la Chine, une doctrine que Trump adhère également. Cependant, ses actions favorisent un résultat bien différent des intentions initiales. À ce stade, la Chine a la Russie à ses côtés, et le rapprochement de l'Inde prive les États-Unis d'un allié, certes moins proche, qui ne peut compter que sur le Japon et la Corée du Sud dans cette région du monde. L'incompétence de Trump et de son entourage porte un préjudice considérable à la politique étrangère américaine, qui n'est pas encore pleinement comprise au sein des centres de pouvoir américains, désormais fermement aux mains des alliés républicains du président. Avec l'isolement, le programme visant à rendre sa grandeur à l'Amérique échouera, et les dégâts qui en résulteront seront difficiles à réparer, non seulement politiquement, mais aussi économiquement.