Politica Internazionale

Politica Internazionale

Cerca nel blog

lunedì 5 febbraio 2018

زيارة أردوغان لإيطاليا

ويقوم الرئيس التركي اردوغان بزيارة الفاتيكان بعد غياب دام تسع وخمسين عاما، وتستمر الرحلة مع رئيس الجمهورية الايطالية ورئيس الحكومة. على حاجة حقيقية للحصول على رئيس الدولة الذي تحول بلاده إلى نوع من الديكتاتورية، استنادا إلى عبادة شخصيته، من خلال نفي جميع المعارضين والحد من حقوق للسكان التركي، وهناك مخاوف كبيرة لأكثر أجزاء. إذا كان للزيارة إلى الفاتيكان واحدة يمكن أن يكون لها تفسيرات معقولة، لاستقبال المؤسسات الإيطالية لا ترى أسباب معقولة للسماح اردوغان رؤية دولية. ويأتي طلب صريح من اردوغان هو سبب زيارة الفاتيكان حيث تنوي تركيا التحدث بشكل اساسي حول مسألة القدس الاسرائيلية بعد ان اعربت الولايات المتحدة عن رغبتها في نقل سفارتها. موقف الكرسي الرسولي واضح في هذا الصدد، ونأمل أن الدعم التركي بشأن هذه المسألة، والذي قد يحدث أيضا، وبالتأكيد ليس تعويض المظالم من شأنها أن تفعل البابا في القطاع الخاص إلى الوضع الداخلي في البلاد وقمع الأكراد. وبطبيعة الحال، فإن الفاتيكان استخدام الاجتماع ليكون أعلى طمأنة على أمن المسيحيين الأتراك وهذا يجعل من المفهوم أن البابا لم يرفض الاجتماع. ولكن بالنسبة لإيطاليا لا يبدو أن هناك دوافع مماثلة غير الدوافع الاقتصادية. وقد أيدت روما دائما، في نهاية المطاف نفى من الحقائق، والترشيح التركي للدخول إلى أوروبا، حتى عندما، على سبيل المثال، معارضة باريس. وقال إن الموقف الإيطالي لا يبدو مصمما بما فيه الكفاية ضد الزعيم السياسي الذي تحول بلاده باعتباره شخصا عاديا في كرسي الاعتراف، مع كل الآثار التي ينطوي سيجعل العامل الديني الإسلامي السائد في المجتمع المدني والسياسي. واستمرت روما نوعا من الخط الناعم حتى بعد القمع الذي أعقب الانقلاب، الذي لم تفهم الطبيعة الحقيقية أبدا، وحدد نفسه لإدانات رسمية وأيضا ضد القمع الذي ارتكب ضد الأكراد، ولم يشعر أي مظالم معينة . ويبدو أن أردوغان هي أول زيارة إلى الخارج بعد التفجيرات ضد الميليشيات الكردية الموجودة في الأراضي السورية، والتي أدت أيضا إلى وقوع العديد من الضحايا بين المدنيين. وتقول هذه القائمة أنه سيكون هناك ما يكفي لعزل طابع خطير جدا للاستقرار العالمي، الذي يهدد طموحه لخلق ديكتاتورية على غرار النموذج الفاشي على حدود أوروبا. في سياسته المتطرفة يحتاج أردوغان دائما إلى اعتراف دولي، سواء بالنسبة لجانبه الداخلي أو الأجنبي، وحقيقة أنه تلقى بعد كسر القانون الدولي يمكن أن تصبح حقيقة أن تركيا سوف تكون قادرة على استغلال لمصلحتها الخاصة. ومن المؤكد أن الحكومة الإيطالية قد فكرت في كيفية زيادة التبادل الاقتصادي الكبير بين البلدين، الذي يصل إلى ما يقرب من ثمانية عشر مليار دولار، ولكن في إطار أعم، واحد يتعلق بالسياسة الدولية، حتى داخل الديناميات الأوروبية، من المستحيل ألا تعتبر هذه الزيارة ميزة تمنح للرئيس التركي. ربما في هذه المرحلة قد يكون من أكثر من المرغوب فيه إلى موقف أكثر منفصلة من رئيس الدولة الذي وجه بلاده تجاه ضغط كبير من تلك الحقوق والتي دفعتها الدولة الإيطالية والاتحاد الأوروبي جعلت دائما الناقلين. ومن شأن الاستماع إلى أردوغان أن يناقض كل القيم التي تأسست عليها الجمهورية الإيطالية وأوروبا، وهذه حقيقة خطيرة تستنكر الحاجة إلى تنسيق المبادئ التوجيهية للسياسة الدولية التي يجب أن تأتي بالضرورة من بروكسل. من ناحية أخرى، لا يمكن للمرء أن يأمل في أن هذه الزيارة سوف تغير الاتجاه الذي اتخذه أردوغان، الذي، على العكس من ذلك، يستخدم إيطاليا لأغراضها من الرؤية الدولية، مما يجعل روما شخصية سيئة.

mercoledì 31 gennaio 2018

La nuova strategia dello Stato islamico

La strategia globale dello Stato islamico per compensare la perdita della sovranità sui territori siriani ed irakeni si basa sul confronto all’interno del radicalismo islamico, per assumere una posizione di preminenza all’interno dei gruppi radicati nelle realtà nazionali. Se l’obiettivo in Afghanistan sono i talebani, in Palestina è l’organizzazione Hamas, ciò perchè lo Stato islamico intende portare avanti una battaglia al di fuori delle nazionalità per percorrere l’affermazione di un islamismo transnazionale, dove le rivendicazioni locali sono viste come un ostacolo  alla diffusione della guerra santa. Il fatto che sia i talebani che Hamas rientrino tra i sunniti (anche se i talebani di una corrente differente) non li sottrae ad una aperta ostilità delle forze del califfato, che cerca di estremizzare il confronto, anche in un’ottica di maggiore diffusione dei propri ideali attraverso l’indebolimento di quelle organizzazioni che possono potenzialmente sottrarre reclute ed investimenti. Diventa singolare che sia i talebani che Hamas, vengano accomunati agli sciiti ed ai cristiani, come obiettivi da combattere. Se lo Stato islamico dovesse continuare in questa strategia e riscuotre qualche successo, il pericolo di una destabilizzazione progressiva potrebbe farsi molto concreto; in questo quadro la dichiarazione di guerra ad Hamas contiene importanti risvolti che non devono essere assolutamente sottovalutati. Innazitutto lo Stato islamico sta cercando di insediarsi nel territorio della penisola del Sinai: si tratta di una zona strategica per attaccare Hamas, l’Egitto ed anche lo stesso Israele, che costituisce il bersaglio mediatico più rilevante. Non è da trascurare neppure la volontà di cercare di entrare in Egitto per fare proselitismo, in un paese che si avvia alle elezioni e dove il malcontento dei Fratelli musulmani potrebbe offrire una occasione per essere incanalato verso il terrorismo. Riguardo ad Hamas le critiche dello Stato islamico vertono anche con l’alleanza che l’organizzazione palestinese ha in corso con l’Iran ed Hezbollah, entrambi di matrice sciita. L’avvicinamento di Hamas, i cui componenti sono sunniti, agli sciiti è stata una mossa obbligata in quanto tutti e tre i soggetti hanno come nemico principale lo stato israeliano. Una delle conseguenze ed anche delle responsabilità di Tel Aviv e di Washington è stata proprio quella di spingere Hamas verso l’Iran, a causa della dissennata politica di espansione nei territori palestinesi, delle discriminazioni della popolazione della striscia di Gaza e, da ultimo, il riconoscimento  unilaterale di Gerusalemme come capitale dello stato ebraico ad opera degli Stati Uniti. Ciò ha contribuito al successo, anche se per ora limitato, dello Stato islamico tra i palestinesi, che vedono nel califfato una sorta di ultima occasione per combattere Israele in maniera efficace. Per ora a Tel Aviv non sembrano essere preoccupati dalla presenza dello Stato islamico a pochi chilometri dal territorio israeliano, infatti i timori maggiori riguardano sempre la presenza minacciosa di Hamas; questo particolare potrebbe vedere con favore, da parte israeliana, un aumento del confronto tra Stato islamico ed Hamas in ottica di ridimensionamento dell’organizzazione palestinese. Questo eventuale atteggiamento, sommato ad una sottovalutazione della presenza dello Stato islamico nel Sinai potrebbe rivelarsi molto pericoloso per gli equilibri regionali e la stessa sicurezza di Israele. Sulle altre possibili ragioni del confronto con Hamas, da parte del califfato, occorre ricordare che nella fase iniziale lo Stato islamico ha probabilmente ricevuto finanziamenti da diversi stati sunniti, che avevano come obiettivo quello di fare cadere il regime di Assad e destabilizzare la parte sunnita irakena, per la presenza a Bagadad di un governo espressione degli sciiti. Il pericolo che questa parte della storia si ripeta, anche visto il diverso atteggiamento della Casa Bianca, in funzione anti Iran e quindi contro gli alleati di Teheran è una possibilità da non scartare, dato che gli equilibri della regione non si sono affatto assestati nonostante la fine, o presunta tale, del conflitto siriano. Manovrare un gruppo come lo Stato islamico, formato da fanatici spesso votati al martirio, non sembra troppo difficile, più complicato sarebbe rimediare agli eventuali disastri provocati da un eventuale sostegno  al califfato.

The new strategy of the Islamic State

The global strategy of the Islamic State to compensate for the loss of sovereignty over Syrian and Iraqi territories is based on confrontation within Islamic radicalism, to assume a position of pre-eminence within groups rooted in national realities. If the aim in Afghanistan is the Taliban, in Palestine it is the Hamas organization, this because the Islamic State intends to carry on a battle outside the nationalities to follow the affirmation of a transnational Islamism, where the local claims are seen as an obstacle to the spread of the holy war. The fact that both the Taliban and Hamas are among the Sunnis (even if the Taliban of a different current) does not take them away from an open hostility of the caliphate forces, which tries to make the comparison more extreme, also with a view to spreading the their ideals through the weakening of those organizations that can potentially steal recruits and investments. It becomes singular that both the Taliban and Hamas, are united to the Shiites and Christians, as objectives to be fought. If the Islamic State were to continue in this strategy and win some success, the danger of progressive destabilization could be very concrete; in this context the declaration of war on Hamas contains important implications that must not be underestimated. First of all, the Islamic State is trying to settle in the territory of the Sinai Peninsula: it is a strategic area to attack Hamas, Egypt and even Israel itself, which is the most important media target. Nor is the will to try to enter Egypt to proselytize, in a country that is going to the elections and where the discontent of the Muslim Brotherhood could offer an opportunity to be channeled towards terrorism. Concerning Hamas, the criticism of the Islamic State also relates to the alliance that the Palestinian organization has underway with Iran and Hezbollah, both of them Shiite. The approach of Hamas, whose members are Sunni, to the Shiites has been a forced move since all three subjects have as main enemy the Israeli state. One of the consequences and also of the responsibilities of Tel Aviv and Washington was precisely to push Hamas to Iran, due to the senseless policy of expansion in the Palestinian territories, the discrimination of the population of the Gaza Strip and, lastly, the unilateral recognition of Jerusalem as the capital of the Jewish state by the United States. This contributed to the success, albeit limited for now, of the Islamic State among the Palestinians, who see in the caliphate a sort of last chance to fight Israel effectively. For now in Tel Aviv they do not seem to be worried by the presence of the Islamic State a few kilometers from the Israeli territory, in fact the greatest fears always concern the threatening presence of Hamas; this detail could see favorably, on the Israeli side, an increase in the confrontation between the Islamic State and Hamas with a view to downsizing the Palestinian organization. This eventual attitude, added to an underestimation of the presence of the Islamic State in Sinai could prove to be very dangerous for the regional balances and the security of Israel. On the other possible reasons of the confrontation with Hamas, by the caliphate, it should be remembered that in the initial phase the Islamic State has probably received funding from several Sunni states, which aimed to bring down the Assad regime and destabilize the Sunni part of Iraq , for the presence in Bagadad of a government expressing the Shiites. The danger that this part of history will repeat itself, even given the different attitude of the White House, in function against Iran and therefore against Teheran's allies is a possibility not to be discarded, given that the balance of the region has not settled at all despite the end, or presumed, of the Syrian conflict. Maneuvering a group like the Islamic State, made up of fanatics often devoted to martyrdom, does not seem too difficult, more complicated would be to remedy the possible disasters caused by a possible support to the caliphate.

La nueva estrategia del Estado Islámico

La estrategia general del Estado Islámico para compensar la pérdida de soberanía de los territorios iraquíes y sirios se basa en la comparación dentro del radicalismo islámico, para tomar una posición de liderazgo dentro de los grupos enraizados en la realidad nacional. Si el objetivo en Afganistán son los talibanes, en Palestina es la organización Hamas, porque lo que el estado islámico tiene la intención de continuar una batalla en el exterior de las nacionalidades a tomar la afirmación de un islamismo transnacional, cuando los créditos locales son vistos como un obstáculo para la propagación de la guerra santa. El hecho de que tanto los talibanes que Hamas se sitúan entre los sunitas (aunque los talibanes de una corriente diferente) no les resta a una abierta hostilidad de las fuerzas califato, que busca exagerar la comparación, también con vistas a una mayor difusión de las sus ideales a través del debilitamiento de aquellas organizaciones que potencialmente pueden robar reclutas e inversiones. Resulta singular que tanto los talibanes como Hamas estén unidos a los chiíes y a los cristianos como objetivos para luchar. Si el Estado Islámico continuara en esta estrategia y ganara algún éxito, el peligro de una desestabilización progresiva podría ser muy concreto; en este contexto, la declaración de guerra contra Hamas contiene implicaciones importantes que no deben subestimarse. En primer lugar, el Estado Islámico está tratando de establecerse en el territorio de la península del Sinaí: es un área estratégica para atacar a Hamas, Egipto e incluso al propio Israel, que es el objetivo mediático más importante. Tampoco es la voluntad de tratar de entrar en Egipto para hacer proselitismo, en un país que va a las elecciones y donde el descontento de la Hermandad Musulmana podría ofrecer una oportunidad para canalizarse hacia el terrorismo. Con respecto a Hamas, la crítica del Estado Islámico también se relaciona con la alianza que la organización palestina tiene en marcha con Irán y Hezbolá, ambos chiítas. El acercamiento de Hamas, cuyos miembros son suníes, a los chiítas ha sido un movimiento forzado ya que los tres sujetos tienen como principal enemigo al estado israelí. Una de las consecuencias y también de las responsabilidades de Tel Aviv y Washington fue precisamente empujar a Hamas hacia Irán, debido a la insensata política de expansión en los territorios palestinos, la discriminación de la población de la Franja de Gaza y, por último, la reconocimiento unilateral de Jerusalén como la capital del estado judío por los Estados Unidos. Esto ha contribuido al éxito, aunque limitado por ahora, del Estado Islámico entre los palestinos, que ven en el califato una especie de última oportunidad para luchar eficazmente contra Israel. Por ahora, en Tel Aviv no parecen estar preocupados por la presencia del Estado Islámico a pocos kilómetros del territorio israelí, de hecho, los mayores temores siempre se refieren a la presencia amenazante de Hamas; Este detalle podría ver favorablemente, en el lado israelí, un aumento en el enfrentamiento entre el Estado Islámico y Hamas con miras a reducir la organización palestina. Esta actitud eventual, sumada a una subestimación de la presencia del Estado Islámico en el Sinaí podría ser muy peligrosa para los equilibrios regionales y la seguridad de Israel. En las otras posibles razones para la confrontación con Hamas por el califato, cabe señalar que desde el principio el estado islámico ha recibido probablemente la financiación de varios estados suníes, que pretende reducir el régimen de Assad y desestabilizar la parte sunita de Irak , por la presencia en Bagadad de un gobierno que exprese a los chiítas. El peligro de que esta parte de la historia se repetirá, dada la diferente actitud de la Casa Blanca, un anti Irán y luego contra los aliados de Teherán es una oportunidad que no debe descartarse, ya que el saldo de la región no han sentado a pesar final, o presumiblemente, del conflicto sirio. Maniobrar a un grupo como el Estado Islámico, compuesto por fanáticos a menudo dedicados al martirio, no parece demasiado difícil, más complicado sería remediar los posibles desastres causados ​​por un posible apoyo al califato.

Die neue Strategie des Islamischen Staates

Die globale Strategie des Islamischen Staates, den Verlust der Souveränität über die syrischen und irakischen Territorien auszugleichen, basiert auf der Konfrontation innerhalb des islamischen Radikalismus, um eine Vorrangstellung innerhalb der in den nationalen Realitäten verankerten Gruppen einzunehmen. Wenn das Ziel in Afghanistan die Taliban sind, ist es in Palästina die Hamas-Organisation, weil der Islamische Staat einen Kampf außerhalb der Nationalitäten führen will, um der Bestätigung eines transnationalen Islamismus zu folgen, in dem die lokalen Ansprüche gesehen werden ein Hindernis für die Ausbreitung des Heiligen Krieges. Die Tatsache, dass sowohl die Taliban, dass die Hamas zwischen den Sunniten fallen (obwohl die Taliban von einem anderen Strom) nicht, sie in eine offene Feindschaft der Kalifat Kräfte abzuziehen, die den Vergleich zu übertreiben sucht, auch im Hinblick auf eine größere Verbreitung von ihre Ideale durch die Schwächung jener Organisationen, die Rekruten und Investitionen stehlen können. Es wird einzigartig, dass sowohl die Taliban als auch die Hamas mit den Schiiten und Christen als Ziele, die es zu bekämpfen gilt, vereint sind. Wenn der Islamische Staat diese Strategie fortsetzen und einige Erfolge erzielen würde, könnte die Gefahr einer fortschreitenden Destabilisierung sehr konkret sein; In diesem Zusammenhang enthält die Kriegserklärung an die Hamas wichtige nicht zu unterschätzende Auswirkungen. Zunächst versucht der Islamische Staat, sich auf dem Gebiet der Sinai-Halbinsel anzusiedeln: Es ist ein strategisches Gebiet, um die Hamas, Ägypten und sogar Israel selbst anzugreifen, welches das wichtigste Medienziel ist. Es ist auch nicht der Wille, in einem Land, das zu den Wahlen geht und in dem die Unzufriedenheit der Muslimbruderschaft eine Gelegenheit bieten könnte, sich dem Terrorismus zu bedienen, nach Ägypten zu missionieren. In Bezug auf die Hamas bezieht sich die Kritik am Islamischen Staat auch auf das Bündnis, das die palästinensische Organisation mit dem Iran und der Hisbollah, beide schiitisch, durchführt. Die Annäherung der Hamas, deren Mitglieder sunnitisch sind, an die Schiiten ist eine erzwungene Bewegung, da alle drei Untertanen den israelischen Staat als Hauptfeind haben. Eine der Konsequenzen und auch die Verantwortung von Tel Aviv und Washington war gerade, die Hamas in Richtung Iran zu drängen, aufgrund der sinnlosen Expansionspolitik in den palästinensischen Gebieten, der Diskriminierung der Bevölkerung des Gazastreifens und schließlich der einseitige Anerkennung Jerusalems als Hauptstadt des jüdischen Staates durch die Vereinigten Staaten. Dies trug zum - wenn auch begrenzten - Erfolg des islamischen Staates bei den Palästinensern bei, die im Kalifat eine Art letzte Chance sehen, Israel effektiv zu bekämpfen. Vorerst in Tel Aviv scheinen sie nicht beunruhigt zu sein von der Anwesenheit des Islamischen Staates ein paar Kilometer vom israelischen Territorium entfernt, in der Tat betreffen die größten Ängste immer die bedrohliche Präsenz der Hamas; Dieses Detail könnte auf israelischer Seite eine Zunahme der Konfrontation zwischen dem Islamischen Staat und der Hamas im Hinblick auf eine Verkleinerung der palästinensischen Organisation sehen. Diese letztendliche Haltung, die zu einer Unterschätzung der Präsenz des Islamischen Staates auf dem Sinai beigetragen hat, könnte sich als sehr gefährlich für das regionale Gleichgewicht und die Sicherheit Israels erweisen. Auf den anderen möglichen Gründen für die Konfrontation mit der Hamas vom Kalifat, sollte es, dass am frühen islamischen Staat zu beachten, wahrscheinlich Finanzierung von mehreren sunnitischen Staaten erhalten hat, der das Assad-Regime will zu Fall bringen und den sunnitischen Teil des Iraks destabilisieren für die Anwesenheit einer Regierung, die die Schiiten ausdrückt, in Bagadad. Die Gefahr, dass dieser Teil der Geschichte sich wiederholen wird, angesichts der unterschiedlichen Haltung des Weißen Hauses, einem Anti Iran und dann gegen Teherans Verbündeten ist eine Chance, nicht verworfen werden, da das Gleichgewicht der Region trotz gesetzt haben Ende oder vermutet, des syrischen Konflikts. Das Manövrieren einer Gruppe wie des Islamischen Staates, die sich aus Fanatikern zusammensetzt, die oft dem Martyrium gewidmet sind, erscheint nicht allzu schwierig, komplizierter wäre es, die möglichen Katastrophen zu beheben, die durch eine mögliche Unterstützung des Kalifats verursacht werden.

La nouvelle stratégie de l'État islamique

La stratégie globale de l'État islamique pour compenser la perte de la souveraineté des territoires irakiens et syriens est basé sur la comparaison dans le radicalisme islamique, de prendre une position de leader au sein des groupes ancrés dans la réalité nationale. Si l'objectif en Afghanistan sont les talibans, en Palestine est l'organisation du Hamas, parce que ce que l'Etat islamique a l'intention de poursuivre une bataille en dehors des nationalités de prendre l'affirmation d'une transnationale Islamisme, où les revendications locales sont considérées comme un obstacle à la propagation de la guerre sainte. Le fait que les talibans qui tombent Hamas entre les sunnites (bien que les talibans d'un autre courant) ne les soustrait pas à une hostilité ouverte des forces de califat, qui cherche à exagérer la comparaison, aussi en vue d'une plus grande diffusion de leurs idéaux à travers l'affaiblissement des organisations qui peuvent potentiellement voler des recrues et des investissements. Il devient singulier que les talibans et le Hamas soient unis aux chiites et aux chrétiens, en tant qu'objectifs à combattre. Si l'État islamique devait poursuivre cette stratégie et remporter un certain succès, le danger d'une déstabilisation progressive pourrait être très concret; Dans ce contexte, la déclaration de guerre au Hamas contient des implications importantes qui ne doivent pas être sous-estimées. Tout d'abord, l'Etat islamique tente de régler sur le territoire de la péninsule du Sinaï: il est une zone stratégique pour attaquer le Hamas, l'Egypte et même Israël lui-même, ce qui est le plus important cible des médias. Il est même pas négliger la volonté d'essayer d'entrer en Egypte pour faire du prosélytisme, dans un pays qui commence dans les élections et où les griefs des Frères musulmans pourraient offrir une chance d'être canalisée dans le terrorisme. Concernant le Hamas, la critique de l'Etat islamique concerne également l'alliance que l'organisation palestinienne a en cours avec l'Iran et le Hezbollah, tous deux chiites. L'approche du Hamas, dont les membres sont sunnites, vis-à-vis des chiites a été un mouvement forcé puisque les trois sujets ont comme ennemi principal l'Etat israélien. L'une des conséquences et aussi les responsabilités de Tel-Aviv et Washington a eu raison de pousser le Hamas vers l'Iran, en raison de la folle politique d'expansion dans les territoires palestiniens, la discrimination de la population de la bande de Gaza et, plus récemment, la reconnaissance unilatérale de Jérusalem comme capitale de l'État juif par les États-Unis. Cela a contribué au succès, bien que limité pour l'instant, de l'État islamique parmi les Palestiniens, qui voient dans le califat une sorte de dernière chance de combattre efficacement Israël. Pour l'instant à Tel-Aviv, ils ne semblent pas s'inquiéter de la présence de l'Etat islamique à quelques kilomètres du territoire israélien, en fait les plus grandes peurs concernent toujours la présence menaçante du Hamas; ce détail pourrait voir, du côté israélien, une augmentation de la confrontation entre l'État islamique et le Hamas en vue de réduire l'organisation palestinienne. Cette attitude éventuelle, ajoutée à une sous-estimation de la présence de l'État islamique au Sinaï, pourrait s'avérer très dangereuse pour les équilibres régionaux et la sécurité d'Israël. Sur les autres raisons possibles de la confrontation avec le Hamas par le califat, il convient de noter qu'au début de l'état islamique a probablement reçu un financement de plusieurs Etats sunnites, qui vise à faire tomber le régime Assad et déstabiliser la partie sunnite de l'Irak , pour la présence à Bagadad d'un gouvernement exprimant les chiites. Le danger que cette partie de l'histoire se répète, étant donné l'attitude différente de la Maison Blanche, un anti Iran et contre les alliés de Téhéran est une chance de ne pas être mis au rebut, car le reste de la région n'a pas assis malgré fin, ou présumé, du conflit syrien. Manoeuvrant un groupe comme l'état islamique, composé de fanatiques souvent voués au martyre, il ne serait pas l'air trop difficile, plus compliquée remédier aux éventuelles catastrophes causées par le soutien possible au califat.

A nova estratégia do Estado islâmico

A estratégia global do Estado islâmico para compensar a perda de soberania sobre territórios sírios e iraquianos baseia-se no confronto no radicalismo islâmico, para assumir uma posição de preeminência dentro de grupos enraizados nas realidades nacionais. Se o objetivo no Afeganistão é o Talibã, na Palestina é a organização do Hamas, porque o Estado islâmico pretende continuar uma batalha fora das nacionalidades para seguir a afirmação de um islamismo transnacional, onde as reivindicações locais são vistas como um obstáculo à propagação da guerra santa. O fato de que tanto o Talibã quanto o Hamas estão entre os sunitas (mesmo que os talibãs de uma corrente diferente) não os retirem de uma hostilidade aberta das forças do califado, o que tenta tornar a comparação mais extrema, também com vista a espalhar o seus ideais através do enfraquecimento das organizações que potencialmente podem roubar recrutas e investimentos. Torna-se singular que tanto o Talibã quanto o Hamas estão unidos aos xiitas e aos cristãos, como objetivos para lutar. Se o Estado islâmico continuasse nessa estratégia e ganhasse algum sucesso, o perigo de desestabilização progressiva poderia ser muito concreto; neste contexto, a declaração de guerra no Hamas contém importantes implicações que não devem ser subestimadas. Em primeiro lugar, o Estado islâmico está tentando se instalar no território da península do Sinai: é uma área estratégica para atacar o Hamas, o Egito e mesmo o próprio Israel, que é o alvo de mídia mais importante. Nem a vontade de tentar entrar no Egito para proselitismo, em um país que está indo às eleições e onde o descontentamento da Irmandade Muçulmana poderia oferecer uma oportunidade para ser canalizado para o terrorismo. Quanto ao Hamas, as críticas ao Estado islâmico também se relacionam com a aliança que a organização palestina iniciou com o Irã e o Hezbollah, ambos Shiite. A abordagem do Hamas, cujos membros são sunitas, para os xiitas tem sido um movimento forçado, uma vez que os três assuntos têm como principal inimigo o Estado israelense. Uma das conseqüências e também das responsabilidades de Tel Aviv e Washington foi precisamente empurrar o Hamas para o Irã, devido à política sem sentido de expansão nos territórios palestinos, à discriminação da população da Faixa de Gaza e, finalmente, à reconhecimento unilateral de Jerusalém como a capital do Estado judeu pelos Estados Unidos. Isso contribuiu para o sucesso, embora limitado por enquanto, do Estado islâmico entre os palestinos, que vêem no califado uma espécie de última chance de lutar contra Israel efetivamente. Por enquanto, em Tel Aviv, eles não parecem estar preocupados com a presença do Estado islâmico a poucos quilômetros do território israelense, de fato, os maiores temores sempre dizem respeito à presença ameaçadora do Hamas; Este detalhe poderia ver favoravelmente, do lado israelense, um aumento no confronto entre o Estado islâmico e o Hamas com o objetivo de reduzir o tamanho da organização palestina. Esta eventual atitude, somada a uma subestimação da presença do Estado islâmico no Sinai, pode revelar-se muito perigosa para os saldos regionais e para a segurança de Israel. Por outras razões possíveis do confronto com o Hamas, pelo califado, deve-se lembrar que, na fase inicial, o Estado islâmico provavelmente recebeu financiamento de vários estados sunitas, que visava derrubar o regime de Assad e desestabilizar a parte sunita do Iraque , pela presença em Bagadad de um governo que expressa os xiitas. O perigo de que essa parte da história se repita, mesmo dada a diferente atitude da Casa Branca, em função do Irã e, portanto, contra os aliados de Teerã é uma possibilidade de não ser descartada, dado que o equilíbrio da região não se instalou apesar da fim ou presumido do conflito sírio. Manobra um grupo como o Estado islâmico, formado por fanáticos, muitas vezes dedicados ao martírio, não parece muito difícil, mais complicado seria remediar os possíveis desastres causados ​​por um possível apoio ao califado.