Politica Internazionale

Politica Internazionale

Cerca nel blog

giovedì 9 novembre 2023

La scena politica internazionale dopo l'invasione di Gaza e la responsabilità israeliana

 Una delle conseguenze della guerra di Gaza è la sospensione degli accordi di Abramo, tuttavia, l’Arabia Saudita ha solo sospeso l’avvicinamento ad Israele restando in attesa di un momento più propizio. Degli altri stati arabi che hanno già firmato rapporti con Israele, non ve ne è stato alcuno che ha solo minacciato di interrompergli, sono solo arrivate delle critiche a Tel Aviv per la risposta esagerata all’azione di Hamas del sette ottobre scorso, assieme alla richiesta di un cessate il fuoco, soprattutto per ragioni umanitarie. Si tratta di una situazione nettamente favorevole a Tel Aviv, che non può che rilevare il sostanziale silenzio del mondo sunnita. Questo scenario, in verità già in corso da tempo, può essere favorevole ad Israele solo nel corto periodo, ma nel medio e nel lungo favorisce la radicalizzazione dei palestinesi ed il protagonismo degli sciti, con l’Iran come capofila, seguito da Yemen ed Hezbollah. In special modo Teheran assurge, come unico rappresentante dei musulmani, a difensore dei palestinesi. Netanyahu ha di fatto ottenuto quanto voleva: una radicalizzazione, con la marginalizzazione dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina, organizzazione laica e più moderata, dei palestinesi può evitare la discussione sui due stati ed il protagonismo di Teheran obbliga gli statunitensi ad una nuova collaborazione con il governo nazionalista israeliano; infatti il ritiro americano dalla regione medio orientale è stato ripensato obbligando Washington a schierare una grande quantità di mezzi armati, soprattutto in mare, per proteggere l’avanzata dell’esercito israeliano ed anche per proteggere le basi americane del Golfo Persico da possibili attacchi iraniani. L’evidente volontà di dissuasione da parte di potenziali pericoli di Teheran, ma non solo, ha determinato lo schieramento di diversi missili capaci di raggiungere il territorio iraniano; questo implica che nelle trattative con il regime degli Ayatollah non potranno registrarsi progressi, sul tema del nucleare e neppure sull’allentamento delle sanzioni. L’Iran, pur avendo affermato pubblicamente di non avere alcun interesse ad ingaggiare un conflitto con USA ed Israele, non potrà che continuare a percorrere la propria strategia di destabilizzazione dell’area, per affermare i suoi obiettivi di controllo sulla Siria, insieme alla Russia ed a parte del Libano, territori essenziali per continuare a mettere sotto pressione Tel Aviv. Washington dovrà però considerare le responsabilità israeliane per avere dovuto rinunciare ad una progressiva riduzione della sua attività diplomatica nella regione medio orientale a favore di una maggiore concentrazione nella questione ucraina. Occorre specificare che diverse amministrazioni della Casa Bianca sono, per lo meno, in concorso di colpa con Tel Aviv, per non essersi impegnate sulla definizione del progetto dei due stati e non avere combattuto l’azione dei governi della destra nazionalista israeliana, che ha operato nei confronti dei Palestinesi una politica di occupazione e prevaricazione in spregio di ogni diritto civile ed internazionale. Soltanto Washington poteva fare la pressione adeguata su Israele, ma così non è stato e la soluzione dei due stati, che poteva scongiurare la situazione attuale, non è stata realizzata, anche grazie alla falsa disponibilità di Netanyahu e della sua politica spregiudicata. Ma ancora una volta la strategia si è rivelata miope ed a livello internazionale ha provocato una ondata antisionista ed anche antisemita, che ha messo in difficoltà gli ebrei in diversi paesi del mondo. In questo momento la questione dei due stati non appare percorribile per l’ostilità israeliana, eppure sarebbe ancora l’antidoto più valido al costante pericolo la questione israelopalestinese provoca negli equilibri mondiali. Prevedere una possibilità di controllo della striscia di Gaza da parte dell’esercito di Tel Aviv implica sviluppi altamente pericolosi, che, una volta avviati, potrebbero diventare inarrestabili e trascinare il mondo in un conflitto totale. Si è già visto che attori come la Russia stanno approfittando del cambio di rilevanza internazionale per distogliere l’attenzione dalla questione ucraina ed, allo stesso modo, la Cina potrebbe decidere di cambiare atteggiamento con Taiwan e passare all’azione, così come i gruppi terroristi che stanno operando in Africa potrebbero alzare il livello dello scontro. Senza la questione di Gaza questi fenomeni sarebbero maggiormente gestibili e perfino il rapporto con Teheran sarebbe migliore. Ecco perché la necessità di arrivare alla pace nel minor tempo possibile implica una responsabilità che Tel Aviv non può rifiutare, pena un brutto destino, soprattutto nel medio periodo.

The political scene after the invasion of Gaza and Israeli responsibility

 One of the consequences of the Gaza war is the suspension of the Abraham Accords, however, Saudi Arabia has only suspended its approach to Israel, waiting for a more favorable moment. Of the other Arab states that have already signed relations with Israel, there has not been any that has merely threatened to interrupt them, only criticism has arrived in Tel Aviv for the exaggerated response to the Hamas action of last October 7th, together with the request of a ceasefire, especially for humanitarian reasons. This is a situation clearly favorable to Tel Aviv, which cannot but highlight the substantial silence of the Sunni world. This scenario, which has actually been underway for some time, may only be favorable to Israel in the short term, but in the medium and long term it favors the radicalization of the Palestinians and the protagonism of the Shiites, with Iran as the leader, followed by Yemen and Hezbollah . In particular, Tehran becomes the defender of the Palestinians as the sole representative of Muslims. Netanyahu has in fact achieved what he wanted: a radicalisation, with the marginalization of the Palestine Liberation Organisation, a secular and more moderate organisation, of the Palestinians can avoid the discussion on the two states and Tehran's protagonism forces the Americans into a new collaboration with the Israeli nationalist government; in fact, the American withdrawal from the Middle Eastern region has been rethought, forcing Washington to deploy a large quantity of armed vehicles, especially at sea, to protect the advance of the Israeli army and also to protect the American bases in the Persian Gulf from possible Iranian attacks. The evident desire to deter potential dangers from Tehran, but not only, has led to the deployment of several missiles capable of reaching Iranian territory; this implies that no progress will be made in the negotiations with the Ayatollah regime, on the nuclear issue or even on the easing of sanctions. Iran, despite having publicly stated that it has no interest in engaging in a conflict with the USA and Israel, will only be able to continue pursuing its strategy of destabilizing the area, to assert its objectives of control over Syria, together with Russia and part of Lebanon, territories essential to continue to put pressure on Tel Aviv. Washington will, however, have to consider Israel's responsibilities for having had to give up a progressive reduction of its diplomatic activity in the Middle Eastern region in favor of a greater concentration on the Ukrainian question. It should be specified that various administrations of the White House are, at the very least, guilty of complicity with Tel Aviv, for not having committed themselves to the definition of the two-state project and not having fought the action of the governments of the Israeli nationalist right, which operated towards the Palestinians a policy of occupation and abuse in contempt of all civil and international rights. Only Washington could put adequate pressure on Israel, but this was not the case and the two-state solution, which could have avoided the current situation, was not achieved, also thanks to Netanyahu's false availability and his unscrupulous policies. But once again the strategy proved to be short-sighted and at an international level it provoked an anti-Zionist and even anti-Semitic wave, which put Jews in difficulty in various countries around the world. At this moment the question of the two states does not appear viable due to Israeli hostility, yet it would still be the most valid antidote to the constant danger the Israeli-Palestinian issue causes in world balances. Envisioning the possibility of control of the Gaza Strip by the Tel Aviv army implies highly dangerous developments, which, once underway, could become unstoppable and drag the world into total conflict. We have already seen that actors such as Russia are taking advantage of the change in international relevance to divert attention from the Ukrainian issue and, similarly, China could decide to change its attitude with Taiwan and take action, as could terrorist groups who are operating in Africa could raise the level of conflict. Without the Gaza issue these phenomena would be more manageable and even the relationship with Tehran would be better. This is why the need to achieve peace in the shortest possible time implies a responsibility that Tel Aviv cannot refuse, under penalty of a bad fate, especially in the medium term.

El escenario político tras la invasión de Gaza y la responsabilidad israelí

 Una de las consecuencias de la guerra de Gaza es la suspensión de los Acuerdos de Abraham, sin embargo, Arabia Saudita sólo ha suspendido su acercamiento a Israel a la espera de un momento más favorable. Del resto de Estados árabes que ya han firmado relaciones con Israel, no ha habido ninguno que se haya limitado a amenazar con interrumpirlas, sólo han llegado críticas a Tel Aviv por la respuesta exagerada a la acción de Hamás del pasado 7 de octubre, junto con la petición de un alto el fuego, especialmente por razones humanitarias. Se trata de una situación claramente favorable a Tel Aviv, que no puede dejar de poner de relieve el silencio sustancial del mundo sunita. Este escenario, que de hecho ya lleva tiempo en marcha, puede que sólo sea favorable a Israel a corto plazo, pero a medio y largo plazo favorece la radicalización de los palestinos y el protagonismo de los chiítas, con Irán a la cabeza. seguido por Yemen y Hezbolá. En particular, Teherán se convierte en defensor de los palestinos como único representante de los musulmanes. De hecho, Netanyahu ha conseguido lo que quería: una radicalización de los palestinos, con la marginación de la Organización para la Liberación de Palestina, una organización laica y más moderada, puede evitar el debate sobre los dos Estados y el protagonismo de Teherán obliga a los estadounidenses a una nueva colaboración con el gobierno nacionalista israelí; de hecho, se ha replanteado la retirada estadounidense de la región de Oriente Medio, lo que ha obligado a Washington a desplegar una gran cantidad de vehículos armados, especialmente en el mar, para proteger el avance del ejército israelí y también para proteger las bases americanas en el Golfo Pérsico. posibles ataques iraníes. El deseo evidente de disuadir los peligros potenciales procedentes de Teherán, pero no sólo, ha llevado al despliegue de varios misiles capaces de alcanzar territorio iraní; Esto implica que no se lograrán avances en las negociaciones con el régimen de los ayatolás, ni en la cuestión nuclear ni siquiera en la flexibilización de las sanciones. Irán, a pesar de haber declarado públicamente que no tiene ningún interés en entablar un conflicto con Estados Unidos e Israel, sólo podrá continuar con su estrategia de desestabilización de la zona, para hacer valer sus objetivos de control sobre Siria, junto con Rusia y parte del Líbano, territorios imprescindibles para seguir presionando a Tel Aviv. Washington tendrá, sin embargo, que considerar las responsabilidades de Israel por haber tenido que renunciar a una reducción progresiva de su actividad diplomática en la región de Oriente Medio en favor de una mayor concentración en la cuestión ucraniana. Cabe precisar que varias administraciones de la Casa Blanca son, como mínimo, culpables de complicidad con Tel Aviv, por no haberse comprometido con la definición del proyecto de dos Estados y no haber combatido la acción de los gobiernos de los Estados Unidos. La derecha nacionalista israelí, que aplica hacia los palestinos una política de ocupación y abuso en desprecio de todos los derechos civiles e internacionales. Sólo Washington podía ejercer una presión adecuada sobre Israel, pero no fue así y la solución de dos Estados, que podría haber evitado la situación actual, no se logró, también gracias a la falsa disponibilidad de Netanyahu y su política sin escrúpulos. Pero una vez más la estrategia resultó ser miope y a nivel internacional provocó una ola antisionista e incluso antisemita, que puso en dificultades a los judíos en varios países del mundo. En este momento la cuestión de los dos Estados no parece viable debido a la hostilidad israelí, pero seguiría siendo el antídoto más válido contra el peligro constante que la cuestión palestino-israelí provoca en los equilibrios mundiales. Imaginar la posibilidad de que el ejército de Tel Aviv controle la Franja de Gaza implica acontecimientos altamente peligrosos que, una vez en marcha, podrían volverse imparables y arrastrar al mundo a un conflicto total. Ya hemos visto que actores como Rusia están aprovechando el cambio de relevancia internacional para desviar la atención de la cuestión ucraniana y, de la misma manera, China podría decidir cambiar su actitud con Taiwán y tomar medidas, al igual que grupos terroristas que están operando en África podría elevar el nivel del conflicto. Sin la cuestión de Gaza estos fenómenos serían más manejables e incluso la relación con Teherán sería mejor. Por eso la necesidad de alcanzar la paz en el menor tiempo posible implica una responsabilidad que Tel Aviv no puede rechazar, so pena de sufrir una mala suerte, especialmente a medio plazo.

Die politische Szene nach der Invasion in Gaza und die israelische Verantwortung

 Eine der Folgen des Gaza-Krieges ist die Aussetzung des Abraham-Abkommens. Allerdings hat Saudi-Arabien lediglich seine Annäherung an Israel ausgesetzt und auf einen günstigeren Zeitpunkt gewartet. Von den anderen arabischen Staaten, die bereits Beziehungen zu Israel unterzeichnet haben, gab es keinen einzigen, der lediglich damit gedroht hätte, diese zu unterbrechen. In Tel Aviv ist lediglich Kritik wegen der überzogenen Reaktion auf die Hamas-Aktion vom vergangenen 7. Oktober zusammen mit der Anfrage eingetroffen eines Waffenstillstands, insbesondere aus humanitären Gründen. Dies ist eine eindeutig günstige Situation für Tel Aviv, die das weitgehende Schweigen der sunnitischen Welt deutlich macht. Dieses Szenario, das tatsächlich schon seit einiger Zeit im Gange ist, mag zwar kurzfristig nur günstig für Israel sein, doch mittel- und langfristig begünstigt es die Radikalisierung der Palästinenser und den Protagonismus der Schiiten, mit dem Iran als Anführer. gefolgt von Jemen und der Hisbollah. Insbesondere wird Teheran als einziger Vertreter der Muslime zum Verteidiger der Palästinenser. Netanjahu hat tatsächlich erreicht, was er wollte: Eine Radikalisierung der Palästinenser durch die Marginalisierung der Palästinensischen Befreiungsorganisation, einer säkularen und gemäßigteren Organisation, kann die Diskussion um die beiden Staaten verhindern und die Protagonisten Teherans zwingen die Amerikaner zu einer neuen Zusammenarbeit mit ihnen die israelische nationalistische Regierung; Tatsächlich wurde der amerikanische Rückzug aus der Region des Nahen Ostens neu überdacht, was Washington dazu zwingt, eine große Menge bewaffneter Fahrzeuge, insbesondere auf See, einzusetzen, um den Vormarsch der israelischen Armee und auch die amerikanischen Stützpunkte im Persischen Golf davor zu schützen Mögliche iranische Angriffe. Der offensichtliche Wunsch, potenzielle Gefahren von Teheran abzuschrecken, aber nicht nur, hat zur Stationierung mehrerer Raketen geführt, die iranisches Territorium erreichen können; Dies bedeutet, dass es weder bei den Verhandlungen mit dem Ayatollah-Regime noch bei der Atomfrage noch bei der Lockerung der Sanktionen zu Fortschritten kommen wird. Obwohl der Iran öffentlich erklärt hat, dass er kein Interesse an einem Konflikt mit den USA und Israel hat, wird er nur gemeinsam mit Russland und einem Teil davon seine Strategie der Destabilisierung der Region weiter verfolgen und seine Ziele der Kontrolle über Syrien durchsetzen können des Libanon, Gebiete, die unerlässlich sind, um weiterhin Druck auf Tel Aviv auszuüben. Washington muss sich jedoch mit der Verantwortung Israels auseinandersetzen, dass es auf eine schrittweise Reduzierung seiner diplomatischen Aktivitäten im Nahen Osten zugunsten einer stärkeren Konzentration auf die Ukraine-Frage verzichten musste. Es sollte klargestellt werden, dass sich verschiedene Verwaltungen des Weißen Hauses zumindest der Komplizenschaft mit Tel Aviv schuldig gemacht haben, weil sie sich nicht auf die Definition des Zwei-Staaten-Projekts festgelegt und das Vorgehen der Regierungen des Weißen Hauses nicht bekämpft haben Israelische nationalistische Rechte, die gegenüber den Palästinensern eine Besatzungs- und Missbrauchspolitik unter Missachtung aller bürgerlichen und internationalen Rechte betrieb. Nur Washington konnte angemessenen Druck auf Israel ausüben, aber das war nicht der Fall und die Zwei-Staaten-Lösung, die die aktuelle Situation hätte verhindern können, wurde nicht erreicht, auch dank der falschen Verfügbarkeit von Netanyahu und seiner skrupellosen Politik. Doch erneut erwies sich die Strategie als kurzsichtig und löste auf internationaler Ebene eine antizionistische und sogar antisemitische Welle aus, die Juden in verschiedenen Ländern der Welt in Schwierigkeiten brachte. Zum jetzigen Zeitpunkt scheint die Frage der beiden Staaten aufgrund der israelischen Feindseligkeit nicht realisierbar zu sein, dennoch wäre sie immer noch das wirksamste Gegenmittel gegen die ständige Gefahr, die die israelisch-palästinensische Frage für das Weltgleichgewicht mit sich bringt. Die Vorstellung einer möglichen Kontrolle des Gazastreifens durch die Armee von Tel Aviv impliziert äußerst gefährliche Entwicklungen, die, wenn sie erst einmal in Gang gekommen sind, unaufhaltbar werden und die Welt in einen totalen Konflikt stürzen könnten. Wir haben bereits gesehen, dass Akteure wie Russland den Wandel der internationalen Relevanz ausnutzen, um die Aufmerksamkeit von der Ukraine-Frage abzulenken, und in ähnlicher Weise könnte China beschließen, seine Haltung gegenüber Taiwan zu ändern und Maßnahmen zu ergreifen, ebenso wie terroristische Gruppen, die dort operieren Afrika könnte das Konfliktniveau verschärfen. Ohne die Gaza-Frage wären diese Phänomene besser beherrschbar und sogar das Verhältnis zu Teheran wäre besser. Aus diesem Grund bedeutet die Notwendigkeit, in kürzester Zeit Frieden zu erreichen, eine Verantwortung, der sich Tel Aviv unter Androhung eines schlimmen Schicksals, insbesondere mittelfristig, nicht entziehen kann.

La scène politique après l’invasion de Gaza et la responsabilité israélienne

 L'une des conséquences de la guerre à Gaza est la suspension des accords d'Abraham, mais l'Arabie saoudite a seulement suspendu ses relations avec Israël, dans l'attente d'un moment plus favorable. Parmi les autres États arabes qui ont déjà signé des relations avec Israël, aucun n'a simplement menacé de les interrompre, seules les critiques sont arrivées à Tel-Aviv pour la réponse exagérée à l'action du Hamas du 7 octobre dernier, ainsi que pour la demande d'un cessez-le-feu, notamment pour des raisons humanitaires. Une situation clairement favorable à Tel-Aviv, qui ne peut que souligner le silence substantiel du monde sunnite. Ce scénario, qui se déroule effectivement depuis un certain temps, n'est peut-être qu'à court terme favorable à Israël, mais à moyen et long terme il favorise la radicalisation des Palestiniens et le protagonisme des chiites, avec l'Iran en tête, suivi du Yémen et du Hezbollah. Téhéran devient notamment le défenseur des Palestiniens en tant que seul représentant des musulmans. Netanyahu a en effet obtenu ce qu'il souhaitait : une radicalisation, avec la marginalisation de l'OLP, une organisation laïque et plus modérée, des Palestiniens peut éviter le débat sur les deux États et le rôle proéminent de Téhéran force les Américains à une nouvelle collaboration avec le gouvernement nationaliste israélien ; en effet, le retrait américain de la région du Moyen-Orient a été repensé, obligeant Washington à déployer une grande quantité de véhicules armés, notamment en mer, pour protéger l'avancée de l'armée israélienne et aussi pour protéger les bases américaines dans le golfe Persique des d'éventuelles attaques iraniennes. La volonté évidente de dissuader les dangers potentiels venant de Téhéran, mais pas seulement, a conduit au déploiement de plusieurs missiles capables d'atteindre le territoire iranien ; cela implique qu'aucun progrès ne sera réalisé dans les négociations avec le régime des Ayatollahs, sur la question nucléaire ou encore sur l'assouplissement des sanctions. L'Iran, bien qu'ayant déclaré publiquement qu'il n'avait aucun intérêt à s'engager dans un conflit avec les États-Unis et Israël, ne pourra que poursuivre sa stratégie de déstabilisation de la région, affirmer ses objectifs de contrôle de la Syrie, aux côtés de la Russie et d'une partie de la région. du Liban, territoires essentiels pour continuer à faire pression sur Tel-Aviv. Washington devra cependant considérer les responsabilités d'Israël pour avoir dû renoncer à une réduction progressive de son activité diplomatique dans la région du Moyen-Orient au profit d'une plus grande concentration sur la question ukrainienne. Il convient de préciser que diverses administrations de la Maison Blanche sont, à tout le moins, coupables de complicité avec Tel-Aviv, pour ne pas s'être engagées dans la définition du projet à deux États et pour ne pas avoir combattu l'action des gouvernements des États-Unis. Droite nationaliste israélienne, qui a mené à l'égard des Palestiniens une politique d'occupation et d'abus au mépris de tous les droits civils et internationaux. Seul Washington pouvait exercer une pression adéquate sur Israël, mais cela n’a pas été le cas et la solution à deux États, qui aurait pu éviter la situation actuelle, n’a pas été réalisée, notamment grâce à la fausse disponibilité de Netanyahu et à sa politique sans scrupules. Mais une fois de plus, la stratégie s’est révélée à courte vue et a provoqué au niveau international une vague antisioniste, voire antisémite, qui a mis les Juifs en difficulté dans divers pays du monde. À l’heure actuelle, la question des deux États ne semble pas viable en raison de l’hostilité israélienne, mais elle resterait l’antidote le plus valable au danger constant que la question israélo-palestinienne fait peser sur les équilibres mondiaux. Envisager la possibilité d’un contrôle de la bande de Gaza par l’armée de Tel Aviv implique des développements extrêmement dangereux qui, une fois en cours, pourraient devenir imparables et entraîner le monde dans un conflit total. Nous avons déjà vu que des acteurs comme la Russie profitent du changement d'importance internationale pour détourner l'attention de la question ukrainienne et, de la même manière, la Chine pourrait décider de changer d'attitude envers Taiwan et d'agir, tout comme les groupes terroristes qui opèrent à Taiwan. L’Afrique pourrait élever le niveau du conflit. Sans la question de Gaza, ces phénomènes seraient plus faciles à gérer et même les relations avec Téhéran seraient meilleures. C’est pourquoi la nécessité de parvenir à la paix dans les plus brefs délais implique une responsabilité que Tel-Aviv ne peut refuser, sous peine d’un mauvais sort, surtout à moyen terme.

O cenário político após a invasão de Gaza e a responsabilidade israelense

 Uma das consequências da guerra de Gaza é a suspensão dos Acordos de Abraham, no entanto, a Arábia Saudita apenas suspendeu a sua abordagem a Israel, à espera de um momento mais favorável. Dos outros estados árabes que já assinaram relações com Israel, nenhum se limitou a ameaçar interrompê-las, apenas chegaram críticas a Tel Aviv pela resposta exagerada à acção do Hamas no passado dia 7 de Outubro, juntamente com o pedido de um cessar-fogo, especialmente por razões humanitárias. Esta é uma situação claramente favorável a Tel Aviv, que não pode deixar de sublinhar o silêncio substancial do mundo sunita. Este cenário, que já está em curso há algum tempo, pode apenas ser favorável a Israel no curto prazo, mas no médio e longo prazo favorece a radicalização dos palestinos e o protagonismo dos xiitas, com o Irão como líder, seguido pelo Iêmen e pelo Hezbollah. Em particular, Teerão torna-se o defensor dos palestinos como único representante dos muçulmanos. Netanyahu conseguiu de facto o que pretendia: uma radicalização, com a marginalização da Organização para a Libertação da Palestina, uma organização secular e mais moderada, dos palestinianos pode evitar a discussão sobre os dois estados e o protagonismo de Teerão obriga os americanos a uma nova colaboração com o governo nacionalista israelense; na verdade, a retirada americana da região do Médio Oriente foi repensada, obrigando Washington a mobilizar uma grande quantidade de veículos armados, especialmente no mar, para proteger o avanço do exército israelita e também para proteger as bases americanas no Golfo Pérsico de possíveis ataques iranianos. O desejo evidente de dissuadir potenciais perigos de Teerão, mas não só, levou à implantação de vários mísseis capazes de atingir o território iraniano; isto implica que não serão feitos quaisquer progressos nas negociações com o regime do Aiatolá, sobre a questão nuclear ou mesmo sobre a flexibilização das sanções. O Irão, apesar de ter declarado publicamente que não tem interesse em entrar num conflito com os EUA e Israel, só poderá continuar a prosseguir a sua estratégia de desestabilização da região, de afirmar os seus objectivos de controlo sobre a Síria, juntamente com a Rússia e parte do Líbano, territórios essenciais para continuar a pressionar Tel Aviv. Washington terá, no entanto, de considerar as responsabilidades de Israel por ter tido que abdicar de uma redução progressiva da sua actividade diplomática na região do Médio Oriente em favor de uma maior concentração na questão ucraniana. Deve ser especificado que várias administrações da Casa Branca são, no mínimo, culpadas de cumplicidade com Tel Aviv, por não se terem comprometido com a definição do projecto de dois Estados e por não terem combatido a acção dos governos do Direita nacionalista israelita, que operou em relação aos palestinianos uma política de ocupação e abuso em desprezo por todos os direitos civis e internacionais. Só Washington poderia exercer pressão adequada sobre Israel, mas não foi esse o caso e a solução de dois Estados, que poderia ter evitado a situação actual, não foi alcançada, também graças à falsa disponibilidade de Netanyahu e à sua política inescrupulosa. Mas mais uma vez a estratégia revelou-se míope e a nível internacional provocou uma onda anti-sionista e até anti-semita, que colocou os judeus em dificuldades em vários países do mundo. Neste momento a questão dos dois Estados não parece viável devido à hostilidade israelita, mas ainda assim seria o antídoto mais válido para o perigo constante que a questão israelo-palestiniana causa nos equilíbrios mundiais. Prever a possibilidade de controlo da Faixa de Gaza pelo exército de Tel Aviv implica desenvolvimentos altamente perigosos, que, uma vez em curso, poderão tornar-se imparáveis ​​e arrastar o mundo para um conflito total. Já vimos que actores como a Rússia estão a aproveitar a mudança na relevância internacional para desviar a atenção da questão ucraniana e, da mesma forma, a China poderia decidir mudar a sua atitude em relação a Taiwan e tomar medidas, tal como poderiam grupos terroristas que operam em Taiwan. África poderia aumentar o nível do conflito. Sem a questão de Gaza estes fenómenos seriam mais administráveis ​​e até a relação com Teerão seria melhor. É por isso que a necessidade de alcançar a paz no mais curto espaço de tempo possível implica uma responsabilidade que Tel Aviv não pode recusar, sob pena de um mau destino, especialmente a médio prazo.

Политическая сцена после вторжения в Газу и ответственность Израиля

 Одним из последствий войны в Газе является приостановка действия Авраамовских соглашений, однако Саудовская Аравия лишь приостановила свое сближение с Израилем, выжидая более благоприятного момента. Из других арабских государств, которые уже подписали отношения с Израилем, не было ни одного, которое просто угрожало бы их прервать, в Тель-Авив поступила только критика за преувеличенную реакцию на акцию Хамаса 7 октября прошлого года вместе с просьбой прекращения огня, особенно по гуманитарным причинам. Эта ситуация явно выгодна Тель-Авиву, что не может не подчеркнуть существенное молчание суннитского мира. Этот сценарий, который фактически реализуется уже некоторое время, может быть выгоден Израилю только в краткосрочной перспективе, но в среднесрочной и долгосрочной перспективе он благоприятствует радикализации палестинцев и протагонизму шиитов с Ираном в качестве лидера. за ним следуют Йемен и Хезболла. В частности, Тегеран становится защитником палестинцев как единственный представитель мусульман. Нетаньяху фактически добился того, чего хотел: радикализация с маргинализацией Организации освобождения Палестины, светской и более умеренной организации, палестинцев может избежать дискуссии по поводу двух государств, а протагонизм Тегерана вынуждает американцев вступить в новое сотрудничество с израильское националистическое правительство; Фактически, вывод американских войск из ближневосточного региона был переосмыслен, что вынудило Вашингтон развернуть большое количество вооруженной техники, особенно на море, для защиты продвижения израильской армии, а также для защиты американских баз в Персидском заливе от возможные атаки Ирана. Очевидное желание сдержать потенциальную опасность со стороны Тегерана, но не только, привело к размещению нескольких ракет, способных достичь иранской территории; это означает, что никакого прогресса не будет достигнуто в переговорах с режимом аятоллы по ядерной проблеме или даже по смягчению санкций. Иран, несмотря на публичное заявление о том, что он не заинтересован в конфликте с США и Израилем, сможет лишь продолжать реализацию своей стратегии дестабилизации региона, отстаивать свои цели по контролю над Сирией совместно с Россией и частично Ливана, территории, необходимые для продолжения давления на Тель-Авив. Вашингтону, однако, придется задуматься об ответственности Израиля за то, что ему пришлось отказаться от постепенного сокращения своей дипломатической активности в ближневосточном регионе в пользу большей концентрации на украинском вопросе. Следует уточнить, что различные администрации Белого дома виновны, как минимум, в пособничестве Тель-Авиву, в том, что они не взяли на себя обязательства по определению проекта двух государств и не боролись с действиями правительств Тель-Авива. Израильские националистические правые, которые проводили по отношению к палестинцам политику оккупации и злоупотреблений, игнорируя все гражданские и международные права. Только Вашингтон мог оказать адекватное давление на Израиль, но это было не так, и решение о двух государствах, которое могло бы избежать нынешней ситуации, не было достигнуто, в том числе из-за ложной доступности Нетаньяху и его недобросовестной политики. Но в очередной раз эта стратегия оказалась недальновидной и на международном уровне спровоцировала антисионистскую и даже антисемитскую волну, которая поставила евреев в затруднительное положение в различных странах мира. В настоящий момент вопрос о двух государствах не кажется жизнеспособным из-за враждебности Израиля, однако он по-прежнему будет самым действенным противоядием от постоянной опасности, которую израильско-палестинский вопрос создает в мировом балансе. Предвидение возможности контроля над сектором Газа армией Тель-Авива предполагает крайне опасное развитие событий, которое, если оно начнется, может стать неудержимым и втянуть мир в тотальный конфликт. Мы уже видели, что такие игроки, как Россия, пользуются изменением международной значимости, чтобы отвлечь внимание от украинского вопроса, и, аналогичным образом, Китай может решить изменить свое отношение к Тайваню и принять меры, как могли бы террористические группы, действующие в Африка может повысить уровень конфликта. Без проблемы Газы эти явления были бы более управляемыми, и даже отношения с Тегераном были бы лучше. Именно поэтому необходимость достижения мира в кратчайшие сроки предполагает ответственность, от которой Тель-Авив не может отказаться под страхом плохой судьбы, особенно в среднесрочной перспективе.