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sabato 19 febbraio 2011
Gli USA vicino ad Israele
Segnale forte dell'amministrazione Obama in favore di Israle: bocciata all'ONU una risoluzione, promossa da ANP che doveva condannare Tel Aviv per le costruzioni sui territori in territori palestinesi. Nell'attuale momento di incertezza con le rivolte in corso nei paesi vicini allo stato ebraico, dove tanto stanno contando i movimenti islamici e con due navi militari iraniane in attesa di solcare il canale di Suez, vietare la condanna di Israele assume un fatto che va aldilà delle stanze del palazzo di vetro e delle fredde norme burocratiche proprie delle risoluzioni ONU. Per Israele significa incassare la vicinanza dello stato statunitense su una questione che l'amministrazione Obama non ha mai dimostrato di condividere molto. Sicuramente in futuro ci sarà tempo per ridiscutere la questione ma ora l'importante è dire ad Israele, per primo, ed a tutto il mondo, specialmente quelo arabo, per secondo, che l'alleanza con il paese della stella di David è centrale nei pensieri del governo di Washington. Obama è cosciente che un pronunciamento del genere rischia di fomentare l'antiamericanismo del popolo arabo, specie quella parte che considera Israele neppure come stato, ma solo come identità sionista, tuttavia il pronunciamento costituisce proprio un monito verso gli integralisti, che sperano di approffittare della situazione di generale caos per colpire Israele. Quello che dispiace, probabilmente anche allo stesso Obama, è che a rimetterci siano ancora una volta i Palestinesi, specialmente nel momento in cui i negoziati devono spiccare il volo verso l'inizio, il respingimento della risoluzione potrebbe bloccare ancora una volta le trattative, schiacciate esigenze uguali e contrarie; del resto Obama si trova nella situazione di chi è tra l'incudine ed il martello, non gradendo certamente di fare tale regalo a Netanyahu, inviso al capo di stato americano per il suo radicalismo. Siamo nel bel mezzo di un difficile esercizio di equilibrismo politico pr superare il quale Obama deve fare ricorso a tutte le capacità della diplomazia americana.
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