Intorno agli sviluppi della Siria ruota il futuro di Iran, Israele ed anche di parte della "nazione" curda. Henry Kissinger sosteneva che senza pace in Siria, non vi è pace nel medio oriente. La posizione della Siria, sia fisica, che all'interno dello scacchiere regionale, costituisce una posizione chiave negli equilibri della regione. Per Teheran il legame con la Siria costituisce un passaporto per la politica nel medio oriente, che permette di influenzare, Libano e territori Palestinesi, nell'ambito della sua attività anti israeliana. All'inizio delle rivolte arabe l'Iran aveva salutato favorevolmente il movimento di protesta, interpretando, in chiave di possibile proprio favore, la destabilizzazione dei regimi oggetto delle manifestazioni. Per la Siria è stato diverso: Teheran ha da subito sposato la teoria di Assad, che vede dietro alle proteste siriane una cospirazione. Tra l'altro uno dei cori urlati nelle manifestazioni di piazza siriane era: "No Iran, no Hezbollah", che permette di rilevare l'orientamento della popolazione verso l'estremismo iraniano. Dal punto di vista israeliano, invece, pur essendoci delle profonde divergenze con Damasco, derivanti fin dal 1967, con la guerra del Golan e per l'asse creato con Teheran, la frontiera con la Siria è stata la più sicura per Tel Aviv, tanto da non suscitare preoccupazioni e permettendo allo stato della stella di David di concentrare in altri punti, più caldi, le proprie attenzioni. Un cambiamento di direzione, o di regime, nel vicino siriano può determinare un cambio di direzione che difficilmente potrà essere favorevole ad Israele; non che ci sia la possibilità di creare grossi problemi militari all'esercito di Tel Aviv, l'esercito siriano è manifestamente più debole, tuttavia, venendo a mancare la stabilità lungo la frontiera, ciò richiederebbe maggiori attenzioni, creando, di fatto, un nuovo fronte su cui concentrare maggiori attenzioni.
Intanto sale alla ribalta la Turchia di Erdogan, che vuole assumere nella regione un ruolo sempre più da protagonista; dopo avere stretto accordi commerciali con tutti i vicini ed avendo ottenuto un exploit economico rilevante, Istanbul è alla ricerca di un ruolo di primo piano politico. Circa la Siria, la Turchia ha offerto tutta la propria collaborazione a Damasco in caso di aiuto per il processo di democratizzazione del paese. L'aiuto non è solo per il prestigio internazionale: un progetto comune che favorisca la stabilità del paese siriano può permettere di mantenere l'equilibrio anche riguardo al problema curdo, che preoccupa da sempre Istanbul. I 15 milioni di curdi presenti in Turchia, potrebbero creare problemi se la piccola parte siriana, 1,4 milioni, della "nazione curda" creasse un qualche tipo di problema. La situazione si sta evolvendo, una democratizzazione del paese non può che essere accolta in maniera positiva.
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