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domenica 3 luglio 2011

La Grecia blocca la flottiglia ed Israele resta preda dei propri steccati

La decisione delle autorita' greche di bloccare le unita' navali destinate a cercare di forzare il blocco navale delle autorita' israeliane alla striscia di Gaza, va inquadrata nella politica estera di Atene, ora alleata con Tel Aviv, contro la Turchia. Dopo gli ultimi incidenti occorsi alla nave turca, che cercava di forzare il blocco davanti a Gaza, per portare aiuti umanitari nella striscia, i rapporti tra Israele e Turchia si sono deteriorati, malgrado fino a quel punto fossero stati buoni. Nell'incidente diplomatico seguito alla vicenda si inseri' la Grecia, storica avversaria della Turchia nell'area, sostituendo Ankara nella strategia politica regionale di Israele. La Grecia con quella decisione mise a dura prova gli ottimi rapporti che aveva con gli stati arabi, ma divento' un alleato di primo piano diTel Aviv, che si impegno' ad investire nel paese ellenico, con finanziamenti e scambi militari. Ora l'alleanza non pare subire scossoni ed Israele riscuote in moneta politica i suoi crediti. La flotta di aiuti umanitari conta dodici imbarcazioni con tremila tonnellate di carico destinate alla striscia, la partenza prevista era tra il 30 giugno ed il primo luglio, ma una serie di impedimenti burocratici e di perquisizioni da parte della polizia greca, ne ha impedito l'inizio della traversata. Soltanto due navi sarebbero riuscite a salpare, ma l'impatto con la marina israeliana sarebbe molto difficoltoso senza l'intero effettivo della flotta. Appare chiaro che Israele cerchi di giocare d'anticipo, non potendo permettersi, in questo momento, il fuoco di fila mediatico, che la ripetizione degli incidenti avvenuti con la nave turca, la sottoporrebbe. L'appuntamento di Settembre all'ONU si avvicina sempre di piu' ed i tentativi del governo israeliano per, se non evitarlo, almeno rimandarlo peccano sempre piu' di mancanza di fantasia e di appigli. Dall'altro lato, proprio per la rigida politica fin qui attuata, non vogliono cedere al blocco della striscia nemmeno per fare passare aiuti umanitari, non capendo che il gesto avrebbe un valore enorme sul piano internazionale e potrebbe fare guadagnare simpatie alla causa israeliana. Ma temono fortemente le simpatie che un atto di forza militare, contro attivisti pacifici, si riverserebbero sulla causa palestinese. Il risultato e' un cul de sac politico, un cane che si morde la coda, che denuncia l'inadeguatezza e l'incapacita' del governo israeliano in carica, di sapere gestire la situazione, non essendo capace di uscire da quelli steccati da esso stesso creati.

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