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venerdì 19 agosto 2011
Attentati ad Israele e riconoscimento della Palestina
Mentre si avvicina l'appuntamento di Settembre, dove all'assemblea dell'ONU verrà discussa la richiesta per il riconoscimento della Palestina, Israele è tormantato da una nuova serie di attentati. Le modalità di esecuzione degli atti terroristici, rivendicati da una nuova sigla, fanno pensare ad estremisti sfuggiti al controllo di Hamas. La tensione era già salita nei giorni precedenti con un razzo partito dalla striscia, che non aveva causato alcun danno, e la conseguente risposta israeliana con incursioni aeree su Gaza, che, invece, avevano provocato diversi morti. La salita della temperatura, in prossimità di Settembre, era facilmente prevedibile, ci sono troppi avversari, da entrambi i fronti al riconoscimento palestinese. Se per la politica dell'attuale premier israeliano è facile comprenderne le ragioni, che fortunatamente non valgono per tutto il popolo che ha per bandiera la stella di David, per la parte araba è più complicato capire chi osteggia la nascita dello stato palestinese in coabitazione con Israele. Occorre dire che se si arrivasse a questa definizione, peraltro tutt'altro che scontata e comunque ancora lontana, verrebbe a mancare per le parti più estreme dell'antisionismo e dell'integralismo islamico, uno dei motivi della loro stessa esistenza. Non è un caso che gli ultimi attentati contro gli autobus ed i soldati israeliani siano arrivati con la frontiera tra Gaza ed Egitto aperta. Materialmente è consentito il passaggio di persone con pochi o nulli controlli. Non è difficile per un terrorista inviato, supponiamo da Al Qaeda, entrare nella striscia e di li in Israele ed organizzare un attentato che alteri la già difficile situazione. L'alleanza politica tra Hamas, Al Fatah ed OLP può riuscire a controllare, anche con fatica, le teste più calde già conosciute, non i nuovi venuti. Al Qaeda e l'Iran non possono rinuciare al pretesto della cancellazione dell'entità sionista attorno al quale gira molta politica estera di Teheran. Il problema è che Israele, con questo governo, è facilmente provocabile ed è tutt'altro che in grado di mantenere i nervi saldi. La situazione, quindi è potenzialmente ancora più esplosiva del solito; inoltre si deve aggiungere il preoccupante silenzio degli USA, che in aperto contrasto con il governo di Tel Aviv, stanno tenendo un atteggiamento apparentemente distaccato. Difficile fare ulteriori previsioni sugli sviluppi futuri della questione, se non ribadire la facile predizione, purtroppo, di un inquietante incremento della violenza.
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