Avvicinandosi la fatidica data di settembre, Israele prova in tutti i modi a dissuadere i palestinesi a richiedere l'adesione all'ONU. L'ultima soluzione proposta è la negoziazione sulla base della situazione del1967. L'offerta pare un estremo tentativo per evitare una capitolazione diplomatica israeliana di fronte al mondo. Anche se appare difficile un riconoscimento, per l'opposizione USA, il solo fatto di potere presentare la domanda ed eventualmente essere ammesso come osservatore, darebbe al nascente stato di Palestina una dignità molto più importante dell'attuale. La nuova dimensione infastidisce Israele, che sopratutto, potrebbe vedrebbe sanzionati gli atti violenti perpetrati ai danni dei palestinesi. Ma la proposta non pare sincera e sembra a tutti gli effetti un tentativo per guadagnare tempo in modo da bloccare il processo di riconoscimento dell'ONU. Infatti i palestinesi hanno più volte richiesto proprio, come base di partenza i confini del 1967, compresa la parte est di Gerusalemme. Questa condizione è stata più volte rigettata da Tel Aviv e la politica degli insediamenti fino ad ora praticata risulta essere coerente con la condotta del governo israeliano. Non pare sufficiente la promessa di Netanyahu senza una messa in pratica degli smantellamenti degli insediamenti nelle zone contese.
In effetti i fondamenti della volontà di procedere con nuovi negoziati di pace, da parte israeliana sono sempre stati subordinati ad una nuova discussione delle frontiere, sulla base delle mutate esigenze demografiche del paese della stella di David. Tutti questi indizi concorrono a sospettare della proposta del premier israeliano, ed interpretarla come mero tentativo di allontanare la discussione delle Nazioni Unite.
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