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mercoledì 31 agosto 2011

La politica deve riprendere il controllo sull'economia e la finanza

Il problema finanziario che sta angustiando gli stati occidentali è una chiara distorsione che affligge il sistema di governo della democrazia. L'allentamento dei controlli legali, in favore di una supposta libera applicazione del libero mercato ha generato dei guasti ai sistemi economici democratici, da cui si potrà uscire solo con fatica. L'affermazione del convincimento dell'abolizione, pressochè totale, dei cosidetti lacci e lacciuoli imposti dai governi, anzichè favorire la diffusione del benessere, ha accresciuto i costi sociali caricandoli sulle fasce meno ricche della popolazione. Il credo liberista è stato scavalcato alla sua destra dalla speculazione estrema, che si è avvalsa e di congiunture politico economiche, in sintesi la globalizzazione con tutti gli annessi e connessi, e dello sviluppo di strumenti che hanno permesso il costante controllo dei dati con spesa irrisoria, la rete. Di fronte a questi sviluppi il tempo di reazione degli organismi politici è stato sempre almeno un passo indietro alla situazione del momento; ciò non ha mai permesso una adeguata risposta per tamponare i fenomeni di crisi. SIamo cioè davanti ad istituzioni pensate e costruite quando la globalizzazione ed internet non erano nemmeno immaginabili, la finanza, pur con tutti i difetti e le violazioni alle leggi, era irregimentata entro binari sicuri, che non permettevano disastri come quelli odierni. Quello a cui si assiste è, inconfutabilmente, la sconfitta dell'impalcatura democratica di fronte ad una legge del mercato fortemente distorta. Non che non ci siano state le avvisaglie che potevano mettere un qualche freno allo sviluppo di questa economia esclusivamente di tipo finanziario, ma le scelte dei governi hanno privilegiato queste pratiche perchè all'inizio andavano a coprire anche le loro falle. ll forte indebitamento degli stati scelto come pratica economica, giunto alla forte speculazione finanziaria, hanno creato il dissesto che attanaglia il mondo in questi giorni. Da qui la necessità di creare strumenti, anche sovranazionali, che mettano la politica davanti alla finanza e sappiano dare la giusta importanza all'economia reale, mettendo dei blocchi, non solo legali, ma di natura fiscale in grado di scoraggiare l'uso della finanza per riconvertire i beni disponibili verso l'economia produttiva e tangibile. Anni di cultura improntata al facile guadagno hanno contribuito a sviluppare evidenti falle nei sistemi politici, che hanno favorito, non controllandola, la pratica finaziaria speculativa come massimo valore del neoliberismo senza freni e controlli. Ora questo tempo è finito per la mancanza di liquidità, ma nonostante il fallimento sia chiaro e davanti a tutti, gli stati stentano a darsi una riorganizzazione che metta il futuro al riparo. Occorre vincolare i dati di bilancio non solo degli stati, ma anche delle società e sopratutto degli istituti di credito, che tanto danno hanno arrecato al sistema. Ma ciò non deve avvenire per autoregolamentazione del mercato, come asseriscono ancora i liberisti, ma per interventi massicci di regolazione da parte degli stati e delle istituzioni sovrastatali, che sovraintendono la regolazione del sistema finaziario. Quella che si deve sviluppare è una cooperazione intensa anche tra gli stati per frenare il fenomeno speculativo, mettendo fuori dal consesso internazionale che non aderisce, solo così si eviteranno migrazioni di capitali verso paesi con legislazioni meno rigide. Ancora una volta la soluzione passa per un governo di collaborazione che oltrepassi le frontiere fisiche degli stati.

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