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Politica Internazionale
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lunedì 3 ottobre 2011
La bomba cinese
La bomba economica più pericolosa per il mondo intero è innescata e se dovesse esplodere le conseguenze sono difficilmente immaginabili. Se si paragona, infatti la situazione cinese a quella greca, si capisce che quest'ultima, pur essendo grave ed avendo provocato parecchi problemi al mondo economico finanziario, è niente di fronte alla potenziale crisi del dragone. Primo aspetto: l'elevato indebitamento delle amministrazioni locali cinesi ha raggiunto il 27% del totale dell'economia e sopratutto l'80% di questi debiti sono ritenuti dagli analisti economici inesigibili. Sarebbe il default per molte amministrazioni locali, ripianabile soltanto con un corposo intervento centrale mediante una massiccia immissione di liquidità. Ciò sarebbe già difficile con condizioni ottimali dei valori fondamentali ma la situazione attuale di Pechino, malgrado i tanti tentativi del governo per mascherare la reale condizione del paese, non è tale da consentire una cura del genere senza ripercussioni. Secondo aspetto: anche in Cina si ritiene che stia per scoppiare a bolla speculativa immobiliare sia per ragioni finanziarie che per ragioni sociali, tanto che gli esperti del settore ritengono il mercato immobiliare cinese non più attraente per gli investitori, da cui ne sta già derivando un mancato afflusso di capitali da immettere sul mercato cinese degli investimenti. Terzo aspetto: l'alta inflazione cinese sta già determinando un rallentamento della produzione, che rappresenta soltanto un primo effetto del fenomeno inflattivo, che è andato a pesare in maniera maggiore sui generi alimentari, alimentando il già presente ed elevato scontento della popolazione. Quarto aspetto: pur essendo una dittatura, che basa la propria stabilità su di un controllo ferreo, il che non dispiace al mondo della finanza, le mutate condizioni sociali del paese hanno fatto emergere un malcontento di fondo, che viene contenuto a stento dall'amministrazione statale. Le smaccate diseguaglianze economiche, l'alto grado di corruzione giunti ai problemi ambientali, peggiorati dalla massiccia industrializzazione ed alla esigenza sempre più pressante di allargamento dei diritti civili e politici, fondamentali per partecipare al processo decisionale del paese, creano una situazione che mette potenzialmente a rischio, il pur radicato sistema politico cinese. Per l'economia basta anche il solo sentore di una possibile instabilità per abbassare il rating; d'altra parte non è possibile credere ad un perdurare di tale stato di cose ragionando sul lungo periodo, ma è la potenzialità che può spaventare le borse. Questi aspetti di problematica sociale potrebbero acuirsi velocemente se si dovesse verificare un calo considerevole dell'occupazione, che andasse a colpire il grosso della forza lavoro. L'aumento esponenziale del malcontento, mitigato dal salario, potrebbe esplodere anche in maniera violenta qualora venissero a mancare i requisiti occupazionali, che in questi anni, hanno anche svolto da ammortizzatore politico. Come si vede i presupposti per una crisi cinese ci sono tutti e non è necessario che si verifichino tutti, è sufficiente che anche uno solo di questi aspetti problematici si verifichi per avere riflessi negativi importanti sul sistema economico mondiale. In più la Cina non è all'interno di alcuna organizzazione come la Grecia, che può intervenire in aiuto, anche perchè il colosso cinese non è inquadrabile in una organizzazioni in termini paritari; la Cina ha una grandezza sproporzionata, elemento che si può trasformare, in caso di crisi, da vantaggio a svantaggio enorme, perchè il fattore moltiplicativo dell'elemento negativo può consentire un effetto a catena travolgente. Sarebbe opportuno che la finanza e l'economia occidentali si preparassero all'evenienza di una crisi cinese, ed anche dal lato politico non è da sottovalutare il possibile movimento di masse in fuga dal dragone cinese.
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