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lunedì 10 ottobre 2011
Per l'Egitto il problema dell'intolleranza religiosa
La primavera egiziana rischia di frantumarsi sugli scogli dell'intolleranza religiosa. I gravi incidenti de Il Cairo riflettono una situazione sempre sull'orlo della crisi ed a rischio di potenziali incendi. Il movimento di liberazione contro la dittatura di Mubarak è stato essenzialmente privo di connotazione religiosa, anche se la preparazione tattico logistica dei Fratelli musulmani ha agevolato e di molto la ribellione di piazza. Tuttavia il movimento islamico ha mantenuto un basso profilo, accodandosi insieme agli altri partiti e movimenti per le istanze di libertà per l'Egitto. Le reazioni dei copti sono state invece piuttosto fredde alla rimozione di Mubarak. In effetti la minoranza cristiana sotto il regime caduto, godeva di una maggiore protezione, che non nella fase attuale di transizione, dove l'esercito, di fatto al potere, non riesce o non vuole garantire una adeguata salvaguardia alle persone ed alle cose copte. La scintilla degli ultimi sanguinosi incidenti è stata proprio uno sfregio ad una chiesa copta, che è stata incendiata da estremisti islamici. Il vuoto di potere che si è venuto a creare dalla caduta di Mubarak, facilita i movimenti dei gruppi più estremi sia da parte islamica che cristiana. Il futuro dell'Egitto rischia di avvitarsi sul tema della libertà religiosa, pur essendo un paese a maggioranza islamica, risulta impossibile non tenere conto del 10% di popolazione copta; il dubbio è questo: è matura la nazione per esercitare una democrazia ed un autogoverno che non si fossilizzi sulla questione religiosa? Se questa maturità manca, per l'Egitto rischia di aprirsi una contesa che può diventare molto pericolosa, fino a sfociare in una autentica guerra civile; inoltre già molti copti hanno o stanno per lasciare il paese, indebolendo quella peculiare funzione di diversità che può essere, invece un elemento di stabilità per il nuovo governo. Senza una pacificazione nazionale, uno degli scenari più probabili che si apre è il governo "sine die" delle forze armate, che possono utilizzare il pretesto come normalizzazione del paese nella direzione che più conviene alle alte gerarchie con le stellette, con la conseguente soppressione delle garanzie fondamentali per quanto riguarda i tanto ricercati diritti civili. Se così sarà il fallimento della primavera egiziana sarà completo.
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