La Svizzera va alle elezioni con la paura dell'immigrazione. Nonostante la crisi che colpisce il mondo intero un altro paese europeo si rinserra al suo interno alimentando il fuoco di xenofobia che attraversa il continente. La tragedia norvegese provocata da Breivik rimane un monito inascoltato, le formazioni di estrema destra si fanno forza sulla paura del diverso e sulla conseguente possibilità che vada ad intaccare il proprio patrimonio. La visione è miope e talmente limitata, che il razzismo elvetico del partito dato per favorito, il Centro democratico dell'Unione, raggiunge vette molto elevate, tanto da temere l'immigrazione dalla UE e in special modo dai lavoratori provenienti dalla Germania. Non che vi siano gradi e livelli di razzismo in base alla nazione di provenienza dell'immigrato, ma la chiusura di un paese che si trova all'interno del continente e che è esso stesso una aggregazione di etnie, provoca ancora più sconcerto in una qualsiasi analisi del fenomeno. E' troppo facile affermare che su i capitali che la Confederazione accoglie, spesso in maniera poco chiara, non viene fatta alcuna analisi di provenienza, che al contrario sarebbe opportuna, tuttavia, pur nel rispetto della volontà dei cittadini elvetici, un organismo come la UE, colpita direttamente dalla propaganda elettorale del partito di maggioranza, dovrebbe trovare forme sia di pressione che di ritorsione contro un governo formato da esponenti di una formazione che ne fa oggetto di pura xenofobia. Inoltre l'Unione Democratica di Centro afferma di avere già raccolto più di 100.000 firme per un referendum che possa revocare gli accordi di libera circolazione con la UE.
La tendenza all'isolazionismo svizzero pare così accentuarsi e forse sarebbe il caso che Bruxelles accontentasse gli elvetici con una revisione degli accordi in essere con la UE.
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