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mercoledì 16 novembre 2011
Euro ed Unione Europea non sono separabili
La vita della moneta europea è ad un bivio. Nata come collante preventivo all'unificazione politica del vecchio continente, è stata lasciata a se stessa, senza un governo effettivo che ne regolasse la vita e le funzioni, forse anche in maniera deliberata dietro a cui nascondere speculazioni e malfunzionamenti delle economie dei singoli stati. Tuttavia, pur con tutti i limiti imposti da una cattiva gestione, l'Euro ha fornito, fin dove ha potuto e comunque più delle singole monete statali, una protezione efficace contro gli effetti delle svalutazioni selvagge ed ha saputo contenere i valori a due cifre caratteristici dell'inflazione degli anni precedenti alla sua adozione. Certo non è una valuta ben vista da speculatori e finanzieri d'assalto, a cui si aggiungono in un'alleanza inedita, ma non troppo, i leader ed i seguaci dei partiti nazionalistici e localistici, che hanno riscosso tanto successo in Europa. Le ragioni, è logico sono differenti ma non dissimili, per i primi l'euro ha costituito un ostacolo alle manovre speculative generando un argine che purtroppo si sta sgretolando, per i secondi l'impossibilità di agire sulla leva della svalutazione ha impedito pericolose oscillazioni del valore e la conseguente instabilità monetaria. Non è quindi peregrina l'idea che dietro ai demolitori della moneta unica vi siano, oltre che gruppi tesi al mero guadagno, anche soggetti con obiettivi più politici riguardo al ritorno delle monete nei singoli stati. Ciò collima con chi è contrario all'Europa unita, delegittimare e quindi ridurre l'euro all'impotenza, significa stroncare anche l'unione politica fin qui tanto faticosamente costruita. E' una visione che pareva sopita ma rinasce grazie alle disgrazie della moneta unica, forse alimentate anche da chi non vuole l'unificazione europea. La scelta che si impone è un chiaro cambio di passo nella questione dell'importanza delle strutture governative sovranazionali, senza un potere accresciuto di Bruxelles nei confronti delle sovranità statali, la UE resta una mezza figura, facile preda di veti incrociati e senza alcuno sbocco definitivo. La crisi dell'euro, tra i tanti svantaggi, ha anche il pregio di potere mettere fretta a chi crede nell'unione politica, ma finora è rimasto in mezzo al guado, dato che per uscire dalla attuale difficile situazione occorre accelerare sulla preminenza degli strumenti comuni proprio riguardo alla gestione della moneta unica. Si è più volte sottolineato che il punto debole dell'euro è la mancanza di uniformità delle economie aderenti, soltanto quindi regole comuni dell'economia e della finanza possono portare aggiustamenti tali da correggere queste differenze. Ma queste decisioni che vanno ad impattare sull'insieme dei paesi aderenti alla zona euro sono prima di tutto decisioni politiche ed andrebbero quindi a costituire il nucleo fondante di provvedimenti comuni più ampi, tali da gestire una più efficace gestione sovranazionale, capace di integrare in tutte le sue forme l'Europa, come deve essere una federazione compiuta di stati. Però questo impone, finalmente scelte nette e definitive, da dentro o fuori, per tutti. Non dovrà esserci più posto per chi galleggia a metà ed usa l'Europa solo per allargare i propri mercati o intascare i sostanziosi contributi europei. Neppure dovrà esserci posto per chi non aderisce in toto alle istituzioni ma non alla moneta unica, i due aspetti sono inscindibili e non negoziabili, perchè una loro separazione significa mancanza di piena convinzione europeista. E' questa la sfida che devono portare a compimento gli europeisti cominciando l'opera di convincimento a livello locale, dove in definitiva si annidano i principali ostacoli.
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