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lunedì 27 febbraio 2012

Cosa c'è dietro alla vicenda dei Corano bruciati

L'alto livello di tensione per il personale della NATO, sia civile che militare, attualmente presente in Afghanistan, che sarebbe stato provocato dall'incendio di numerosi libri Corano da parte di militari americani merita un approfondimento per le conseguenze che stanno maturando, sia a Kabul, che a Washington. L'uccisione di due consiglieri NATO distaccati al Ministero dell'Interno afghano è soltanto il tragico culmine di una situazione già lungamente logorata tra la società afghana ed il sistema di occupazione in appoggio a Karzai. Malgrado il cambiamento di rotta imposto da Obama, che al fianco dell'azione militare poneva anche una attiva partecipazione alla ricostruzione del paese, mediante la costruzione di scuole, ospedali ed infrastrutture e l'affiancamento di esperti americani alla dirigenza del paese, non si è riuscito a sviluppare un coinvolgimento maggiore nell'indirizzo posto dalla NATO, verso il quale doveva dirigersi il paese asiatico. Non sono bastati i robusti finanziamenti per innalzare la reciproca fiducia e la diffidenza, anche delle parti sociali contrarie ai movimenti estremisti, non è mai stata superata del tutto. Probabilmente una gran parte di questo aggravamento è dipesa dalla notizia del ritiro del grosso delle truppe, a favore di un impiego maggiormente razionalizzato del personale NATO, con una maggiore presenza di specialisti nella lotta al terrorismo, dislocati nelle zone strategiche, specialmente in quelle localizzate al confine con il Pakistan. Con questa mossa Obama cercava di raggiungere due obiettivi in un colpo solo: sul fronte interno, condizionato dalle imminenti elezioni presidenziali USA, ciò permette di presentare una riduzione della presenza delle truppe USA in Afghanistan con il duplice beneficio del ritorno a casa dei soldati americani e di un notevole risparmio economico, mentre sul fronte internazionale, permette di alleggerire la presenza, molte volte percepita come di occupazione, del paese afghano. Le argomentazioni sarebbero valide, ma soltanto la prima ha effettivamente ricadute positive, mentre la seconda non ha tenuto chiaramente conto, se non in minima parte, delle richieste pervenute dal governo e dalla società afghana, almeno di quella parte desiderosa di una stabilità ancora lontana da raggiungere. Non deve essere stato difficile, sia per gli oppositori di Karzai, che per gli estremisti, manovrare questo scontento, facile da congiungere anche alle diffidenze generali di larghi strati sociali. L'avventatezza dei soldati americani che hanno dato alle fiamme i Corani è stata il detonatore di una situazione già di per se stessa non facile. Sempre che di incidente si sia trattato. Alcuni analisti hanno ipotizzato un incidente causato ad arte per mettere in difficoltà Obama sul piano interno, in un momento in cui il Partito Repubblicano è in palese difficoltà con l'avversario proprio sulla politica estera, da sempre punto forte della politica conservatrice. Obama sta arrivando alla competizione elettorale come forse mai un candidato democratico è giunto alla vigilia del voto, molto forte proprio sulla politica estera: l'uccisione di Bin Laden, il ridimensionamento notevole di Al Qaeda, la gestione della questione iraniana ed il ruolo, seppure mantenuto in secondo piano nelle rivoluzioni nord africane e nella guerra libica, ha riportato gli USA ad un ruolo di protagonista sul teatro internazionale. Con queste premesse il problema afghano sembra arrivare al momento giusto per incrinare proprio quell'elemento di forza che si stava delineando per la campagna elettorale imminente. Questo perchè la situazione del paese asiatico potrebbe degenerare a tal punto da rivedere i piani del ritiro delle truppe e ciò non sarebbe proprio una vittoria per il Presidente uscente.

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