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giovedì 9 febbraio 2012

Il Pachistan vuole assumere un nuovo ruolo nel processo di pace afghano

L'evoluzione della situazione diplomatica tra Afghanistan, Pakistan ed USA, segna una importante novità. Islamabad infatti cerca di assumere un ruolo di mediatore tra le forze dei talebani e Kabul. Dietro a questa mossa vi è l'esigenza di uscire dal tunnel dei sospetti di connivenza del paese pachistano con le forze che lottano contro la NATO, più volte sollevati dall'amministrazione Obama, ma non solo. Islamabad ha infatti l'esigenza di alleggerire la situazione militare che si trova al confine con l'Afghanistan, zona dove trovano rifugio per le incursioni nel territorio di Kabul, le milizie dei talebani e connessa a questa problematica, riguadagnare la sovranità su queste ampie porzioni dello stato, che di fatto sfuggono all'amministrazione piena della capitale. Si è generato quindi un mix di esigenze sia di carattere interno, che esterno, che ha costretto il governo pachistano ad optare per una via totalmente nuova, che punta a superare le notevoli diffidenze presenti sul piano diplomatico, sia con il vicino afghano che con gli USA. Nell'operazione ha un ruolo centrale il Qatar, dove a Doha, la capitale, si da per imminente l'apertura di una rappresentanza dei Talebani e da dove potrebbe partire proprio la missione, relativa al caso in questione, del Primo Ministro pachistano Gilani. Gli Stati Uniti hanno da tempo individuato come funzionale alla loro strategia di uscita dal conflitto, lo sviluppo dei contatti, già avviati in forma non ufficiale, con la parte Talebana, ritenuta imprescindibile nel processo di pacificazione dell'Afghanistan. Implicitamente questa è una ammissione della incapacità della forza statunitense di piegare gli avversari più coriacei dello stato guidato da Karzai e come la storia ha insegnato più volte l'impossibilità di non includerli formalmente nella società afghana. Il reale problema è, semmai, riuscire ad inserirli nel nuovo stato in maniera da consentirgli la loro visione, ma nel contempo convincerli ad accettare la pluralità di ottiche differenti per arrivare ad un livello di democrazia accettabile. L'ostacolo maggiore a questa soluzione è però rappresentato da Karzai ed in misura minore, dallo stesso governo pachistano, che vedono come un segnale di debolezza la concessione ai talebani di sedersi ufficialmente ad un tavolo delle trattative. In realtà su questo fronte ci sarebbero dei cedimenti da parte dello stesso presidente afghano, che pare si sia detto disposto ad un incontro con la parte avversa, presumibilmente in Arabia Saudita. Per il Pachistan il discorso è diverso, la cautela con cui si muove deriva dal timore di prestare il fianco ad ulteriori critiche provenienti da parte del panorama internazionale, che hanno più volte rinfacciato al governo di Islamabad di non avere un atteggiamento troppo convinto nella lotta al terrorismo. Si sarebbe venuta così a creare una inedita alleanza, sul piano esclusivo della convenienza, tra USA e Talebani, entrambi convinti della necessità del processo di inclusione nelle trattative delle milizie islamiche, contro Afghanistan e Pachistan, che temono che lo sviluppo che può prendere l'intesa di cui sopra, determini un isolamento dal processo di pace di Kabul ed Islamabad, non più principali protagonisti delle trattative ma ridotte al ruolo di comprimari. D'altro canto le perplessità dei due governi asiatici sono giustificate dalle continue violenze operate dalle milizie talebane, la cui intensità avrebbe provocato un aggiustamento nei piani americani circa il ritiro delle proprie truppe. Confermato il ritiro anticipato del 2013 del grosso delle forze armate, il Pentagono starebbe elaborando una strategia di presidio mediante la presenza esclusiva di forze speciali e l'incremento dell'uso della guerra elettronica, sopratutto attraverso un impiego sempre più massiccio della forza aerea attraverso l'utilizzo di droni, anche perchè, su questo versante, si sono ottenuti buoni risultati, che hanno fatto registrare l'abbandono in gran numero di jihadisti stranieri, cioè provenienti dal medio oriente ed anche dall'Europa, sebbene siano stati rimpiazzati da combattenti di provenienza pachistana. Lo scenario, insomma, è ancora lontano dal trovare una definizione stabile e si presenta molto fluido, con, tuttavia, concrete prospettive, seppure nel lungo periodo, di trovare uno sbocco positivo. In quest'ottica il nuovo atteggiamento pachistano rappresenta una occasione da cogliere e da non lasciarsi sfuggire: la situazione del paese non consente ancora lo stato di guerra ai suoi confini e ciò deve essere il punto di partenza per rilanciare le trattative tra tutte le forze in campo.

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