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giovedì 23 febbraio 2012

Il ruolo del Kenya nella Somalia

L'esercito keniano sta avanzando in Somalia ed avrebbe liberato circa il 95% del territorio controllato dal movimento estremista islamico Al- Shabab, che ha a lungo condizionato la vita del paese, secondo le fonti ufficiali dell'esercito. Le forze armate di Nairobi sono presenti sul territorio somalo fin dal 14 ottobre, per quella che doveva essere una sorta di guerra lampo, con il duplice scopo di scongiurare il pericolo che il contagio dell'estremismo islamico si allargasse nel paese keniota e porre fine agli ostacoli frapposti dagli integralisti agli aiuti umanitari, che dovevano risollevare le popolazioni colpite dalla carestia, costrette in gran numero a fuggire nel paese confinante. Una sorta di guerra preventiva per preservare quindi i confini del paese e creare i presupposti per favorire la stabilità nel paese vicino. Ma nonostante i programmi dei militari keniani, l'avanzata delle truppe non è andata così spedita come atteso e Kisimayo, città portuale principale obiettivo della campagna militare in Somalia, resta ancora in mano degli integralisti. Si tratta di un obiettivo strategico perchè costituisce la principale fonte di reddito che mantiene in vita Al Shabab. Non solo, neppure la città di Afmadow, che si trova a metà strada tra il confine tra Kenya e Somalia e la stessa Kisimayo sarebbe ancora in mano alle milizie islamiche. Una situazione che smorza le dichiarazioni trionfalistiche dei militari del Kenya e che rivela una concreta difficoltà nel portare avanti un'avanzata che si sta rivelando sempre più problematica. Anche sulle aree che vengono date già liberate con certezza, il controllo non risulterebbe affatto completo a causa delle tattiche di guerriglia poste in essere da Al Shabab, capaci di tenere in costante allarme i militari di Nairobi. Vengono infatti segnalate a ripetizione azioni di guerriglia contro le forze armate del Kenya attraverso l'impiego di imboscate sia con armi leggere, che con mortai e granate, capaci di portare scompiglio nella forza di occupazione. La situazione non ha portato miglioramenti per la popolazione già stremata dalla carestia e dalla cronica mancanza di medicinali. Nel complesso la situazione della Somalia è ancora più difficile, infatti oltre all'esercito del Kenya attestato nella parte sud-ovest del paese, vi sono anche presenti sul suolo somalo anche l'esercito etiopico e le truppe inviate dall'Unione Africana, composte da militari di Burundi, Gibuti ed Uganda, a cui si affiancano le truppe del governo somalo, più altre milizie minori sempre a fianco del governo della Somalia. Questo dispiegamento di forze ha come nemico i combattenti di Al Shabab, che sembra ormai fiaccato dalla guerra che gli viene mossa contro. Anche il fatto del tentativo di alleanza con Al Qaeda e la disperata ricerca di nuovi combattenti, anche stranieri, rivela lo stato di difficoltà del movimento radicale. Ma la caduta di Al Shabab potrebbe non bastare per pacificare il paese, frammentato dalla presenza di una serie di clan con interessi contrapposti e dotati ognuno di una propria milizia, che senza più l'obiettivo comune contro cui combattere punterebbero le armi gli uni contro gli altri, riportando il paese nel caos più totale. In quest'ottica la sopravvivenza di Al Shabab, almeno per il momento, risulta essere funzionale all'elaborazione di un progetto, che per ora manca, capace di aggregare i diversi soggetti della società somala, i clan per l'appunto, ha trovare un comune terreno di intesa sul quale lavorare per favorire lo sviluppo del paese attraverso le proprie ricchezze e gli aiuti internazionali. Sembra proprio questo il compito che il Kenya potrebbe assumersi, coordinare le varie forze presenti nel paese con lo scopo di avere alle sue frontiere un soggetto nazionale stabile, costruito su base federale per rispondere alle istanze ed esigenze diverse della composizione sociale del paese somalo.

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