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martedì 28 febbraio 2012

L'affermazione dei partiti islamici nella sponda sud del Mediterraneo

Viste dal mondo occidentale le rivoluzioni nord africane, che hanno sbaragliato dittature da lungo al potere, non potevano che riscuotere la simpatia di gran parte della società. Soltanto poche voci erano fuori dal coro, da un lato chi temeva contraccolpi pericolosi, proprio per il mondo occidentale conseguenti alla caduta di regimi che facevano comodo sia al mondo economico che alla stabilità geopolitica, dall'altro chi prefigurava la possibile salita al potere di tutto un movimento, peraltro variegato, che fosse rispondente agli ideali musulmani nella sponda meridionale del Mediterraneo. Pur con queste riserve l'opinione pubblica e sopratutto i governi occidentali hanno finito per sostenere in un modo o nell'altro questi moti che sembravano partiti dalla popolazione, in modo spontaneo e diretto. Quello che tranquillizzava gli occidentali era che i movimenti islamici, sopratutto quelli più radicali, parevano essere, nella maggiore delle ipotesi dei comprimari al pari di formazioni che parevano ricalcare l'assetto delle formazioni politiche dell'occidente. Movimenti non confessionali che rivendicavano diritti civili di democrazia e di pari opportunità: cioè la versione araba di quegli embrioni che avevano poi dato vita ai partiti e su cui si basa tuttora la costruzione delle democrazie occidentali. In definitiva quello che si attendeva era una copia dei nostri sistemi politici trasferita pari pari su paesi di diversa cultura e di diversa storia. Il primo errore è stato quello di sostituire la tecnologia con lo scorrere del tempo, molti hanno infatti pensato che la velocità della trasmissione delle idee potesse surrogare la grande quantità di tempo necessaria a costruire le democrazie occidentali, peraltro tuttora imperfette, che si sono evolute nel tempo anche grazie a enormi sterzate politiche ed idee sedimentate nel tempo nella mente e nel cuore delle persone. I manifestanti però costituivano soltanto un'avanguardia di società arretrate, che hanno visto l'evolversi della situazione da lontano, legati ai loro standard culturali, dove spesso la religione costituiva e costituisce un rifugio sicuro. Questa spaccatura sociale ha determinato fondamentalmente il successo delle formazioni islamiche avvenuto, è bene sottolinearlo, in elezioni totalmente democratiche. La sorpresa in occidente per l'affermazione di questi partiti anche in quei paesi arabi tradizionalmente tolleranti, come la Tunisia, rivela una miopia dell'analisi occidentale che ha determinato una previsione fallace. Quello che non è stato considerato a dovere è stata l'azione capillare dei movimenti religiosi che costituivano l'unica alternativa al potere dominante all'interno di società spesso chiuse in se stesse. Di fronte a questa struttura sociale, i giovani che usavano facebook e twitter, magari anche occidentalizzati per esperienze migratorie, non erano che la minoranza. Ora il rischio concreto per queste avanguardie, che hanno lottato credendo di portare i propri paesi verso un'affermazione delle democrazie come quelle dell'Ovest, è di vedersi governati dalla Sharia e questo rischio vale anche per i paesi della sponda opposta del Mediterraneo: trovarsi sulla porta di casa nazioni vicine governate da sistemi teocratici, fatto che non può essere giudicato positivo nell'ambito dello sviluppo delle relazioni tra gli stati. Inoltre vi è un'implicazione di natura geopolitica da non trascurare: l'affermazione di partiti così simili in tutta la fascia nord africana, perchè anche in Libia, se riuscirà a superare i conflitti tribali interni, sarà così, rischia di innescare un fenomeno di panarabismo che pareva sopito dal potere esercitato dalla dittature. Per l'Europa potrebbe avvenire il fatto di avere di fronte, sia in senso figurato che materiale, un soggetto particolarmente coeso, capace di essere un alternativa nel Mediterraneo e non più un possibile alleato. Non era questo che gli stati, anche impegnati in prima persona come nel caso libico, si aspettavano. Questo perchè si parte dal presupposto che situazioni simili siano più facili da gestire; ma è stato appunto questo l'errore di valutazione delle nazioni occidentali, non tenere conto di situazione differenti che, inevitabilmente si sarebbero presentate come alternative a quelle garantite dalle dittature, perchè imposte da regimi dispotici, che fungevano da cuscinetto tra le esigenze occidentali e le tendenze dei popoli. La reazione delle popolazioni finalmente affrancate dai dispotismi è stata di andare verso l'unica istituzione che è sempre rimasta presente a fare da riparo ai modi di governo: la religione. Non era poi difficile da predire, con tali basi di partenza, ma il ruolo delle tecnologie, che c'è stato, ed stato molto rilevante, ci ha reso ciechi sulle implicazioni future, del momento cioè, nel quale tutto il corpo sociale è stato chiamato ad esprimersi con le normali regole della democrazia. La speranza ora è che si affermi un modello tipo quello turco, dove un il partito al potere, pur essendo confessionale, è di matrice moderata, ma la Turchia ha altre basi sociali sia di istruzione che di sviluppo, e rispetto ai paesi della fascia del Mediterraneo del sud, può rappresentare un punto di arrivo ma, per ora non di partenza. Con questa situazione è bene che le istituzioni occidentali, che si occupano di politica internazionale, sviluppino un modo nuovo di rapportarsi con questi nuovi governi teso al rispetto ed alla comprensione comune, cercando nuovi terreni di dialogo, che possano permettere forme, non solo di convivenza, ma di sviluppo conveniente ad entrambe le parti.

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